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sabato 11 giugno 2016

OLI 429: COMUNE - Il “Fortino Tursi” si protegge con gli offendicula

Da diversi anni si riscontra un crescente malcontento dei cittadini verso la politica che dovrebbe governarli, al punto che la presenza di manifestazioni in via Garibaldi di fronte a Palazzo Tursi si sono fatte via via più frequenti e numerose. Nelle ultime, insieme alla coscienza dello scemare dell’ascolto da parte delle Istituzioni di fronte all’ingigantirsi dei problemi, si è aggiunta per conseguenza anche una maggiore determinazione dei manifestanti, al punto che spesso viene sbarratol’ingresso al “palazzo” chiudendo il portone della sede del Comune. Che diventa il “Fortino Tursi”.
Il portone di Tursi risale al secolo scorso, forse qualche anno prima del 1900, e fu costruito secondo i metodi in uso nel tempo di costruzione del palazzo, richiamando l’idea del distacco tra signorotti e cittadini, considerati “al di fuori”, “estranei”, mentre i giochi della politica venivano svolti all’interno delle grandi corporazioni d’interesse e della nobiltà. Questo distacco trova la sua rappresentazione pratica nell’esistenza degli offendicula, ossia dei sistemi di offesa presenti sulle recinzioni (punte metalliche, cocci di vetro) e nei portoni (punte a cono orizzontali), a difesa della proprietà privata. Non fa eccezione il nostro caro portone a Tursi.
La giurisprudenza moderna ha normato con precisione gli offendicula, consentendone il posizionamento solo in posizioni difficilmente raggiungibili e con opportune segnalazioni, e la giurisprudenza è ormai unanime nel considerarli illegittimi nei casi nei quali il danno cagionabile non sia proporzionale alla necessità di difendere una proprietà, che tra l'altro nel caso di Tursi è pubblica. Anche l’esplicita volontà personale di superare una delimitazione fa parte del processo valutativo sulla loro tollerabilità.
Applicando questo concetto di proporzionalità e di volontà a Palazzo Tursi, appare evidente che l’esistenza di un portone senza punte sporgenti sarebbe già ampiamente sufficiente a difenderne l’inaccessibilità, per cui l’atteggiamento dell’amministrazione che richiede la chiusura del portone nonostante la presenza degli offendicula citati potrebbe costituire uno di quei casi di sproporzionalità tra offesa e difesa.
Aggiungiamo a questo altri due ragionamenti: il primo riguarda gli agenti di polizia municipale, che appaiono sprovvisti di protezioni individuali specifiche nel momento nel quale stazionando di fronte al portone si espongono alla possibilità di essere spinti con la schiena contro le punte, fatto tra l’altro già avvenuto ripetutamente, motivo per il quale il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del Comune ha messo in mora l’amministrazione su tale rischio, dichiarando tra l’altro, si legge nella nota inviata, “… che un eventuale ulteriore infortunio non potrà essere ritenuto accidentale in quanto tale rischio è, da questo momento, messo a conoscenza del Datore di Lavoro”. La presenza delle punte complica anche il lavoro degli agenti, che oltre a contenere i manifestanti devono, nello stesso momento, fare attenzione a non ferirsi.
Il secondo riguarda invece i manifestanti, per i quali la presenza delle punte sporgenti sul portone rappresenta un evidente pericolo di ferimento sproporzionato rispetto alla necessità di contenere la protesta al di fuori del palazzo, anche perché l’azione di avvicinamento al portone potrebbe essere determinata da cause diverse dalla volontà personale, potendo una persona essere anche spintonata da dietro, per cui la presenza degli offendicula in questi casi risulta essere visibilmente contraria al codice.
Pare che l’unica soluzione per il Sindaco sia quella di organizzare in modo differente la difesa del fortino, lasciando aperto il portone e utilizzando le transenne, oppure di dotare il portone di un vetro temperato che protegga dalle punte, ammodernando quindi la funzione di un palazzo amministrativo moderno, il che parrebbe sicuramente incomprensibile per un signorotto medioevale certamente pronto a gettare anche olio bollente sui manifestanti affamati, ma è perfettamente in linea non solo con il codice moderno ma anche con la logica ed il rispetto della incolumità pubblica.
Una cosa è certa: chi avesse la responsabilità del prossimo contuso, non potrà difendersi affermando di non conoscere il problema. (Stefano De Pietro)

venerdì 3 luglio 2015

OLI 427: COMUNE - Un bilancio partecipato?

Sarà che probabilmente nelle linee programmatiche della giunta Doria non si trova nulla di specifico nella parte relativa alle finanze, ma le promesse della campagna del 2012 di aprire il comune alla partecipazione oggi si risolve, addirittura, in una specie di marcia forzata di soli 15 giorni per la votazione del bilancio 2015. E il percorso non riguarda solamente i documenti programmatici di bilancio, ma anche una serie di regolamenti e di delibere che interessano il Piano triennale dei lavori pubblici (224 milioni di euro in tre anni), il regolamento e i coefficienti IMU e TASI, il piano finanziario di Amiu e relativo regolamento e tariffe TARI (226 milioni di euro per il 2014),
Tutto questo ha girato per pochi giorni anche nei Municipi, che si sono lamentati del poco tempo a disposizione per lo studio e la votazione del parere (comunque favorevole di tutti).
Anche il percorso istituzionale in Comune ha segnalato dei cambiamenti che ripercorrono le fiducie proposte da Renzi in Parlamento: quest'anno nessuna commissione con le associazioni e i comitati cittadini per i lavori pubblici, una commissione "farsa" di poche ore per ascoltare tutti quelli che hanno risposto alla chiamata di lunedi mattina (Ascom e qualche altra associazione) su IMU, TASI, TARI, seduta tra l'altro sollecitata battendo i pugni dalla opposizione. Così come un'ultima commissione sul bilancio vero e proprio è stata nuovamente richiesta dall'opposizione un torrido giovedi pomeriggio, prima della chiamata in aula della delibera.
Con questo nuovo metodo, inaugurato dopo la delibera della Gronda (con la quale Doria ha di fatto consegnato l'inutile opera autostradale alla conferenza dei servizi, ossia all'organo che ne delibererà la costruzione) e proseguito con la recente delibera sul trasferimento del personale tra partecipate (che ha richiesto ben tre consigli per essere votata per mancanza del numero legale), Doria ha consegnato la sua amministrazione in mano ai poteri forti della regione e ha escluso qualsiasi forma di partecipazione ed opposizione dalla sua amministrazione.
Mentre a Parma il Consiglio dei 500 messo sù da Pizzarotti si prepara al percorso partecipativo che si pronuncerà sull'ingrandimento dell'inceneritore richiesto da Iren per bruciare, tra l'altro, i rifiuti liguri provenienti anche da quella Genova che per anni si è addormentata sulla propria discarica, subendone adesso le temibili conseguenze economiche e soprattutto ambientali.
(Stefano De Pietro)



giovedì 28 maggio 2015

OLI 426: COMUNE - I "cartelli di cantiere", questi sconosciuti.

La definizione di "regolamento" dal sito etimo.it
A cosa servono i regolamenti? Per la definizione etimologica, una serie di prescrizioni per dare corso ad una legge. In questo caso si tratta del Regolamento edilizio del Comune di Genova che ottempera alla art. 2 della legge regionale 06.06.2008 n. 16, modificata l'ultima volta nel 2015. Tanto per cominciare, è inutile dire che il regolamento del Comune non è stato più aggiornato dal 2010, e che quindi alcuni riferimenti alla legge regionale, anche importanti, sono superati.
Nel regolamento edilizio, all'articolo 31, comma 12, si dispone che "Dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all’Albo pretorio con la specificazione delle opere da eseguire, del titolare e della località interessata. Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite nel regolamento edilizio". Si noti che l'esposizione nell'albo pretorio è limitata a 30 giorni, dopodiché è necessario conoscerne l'esistenza per poterne prendere visione presso gli uffici comunali.
Un cartello di cantiere di un'opera pubblica.
Foto dell'autore 
La legge, per mettere il cittadino in grado di avere sufficienti informazioni per far valere eventualmente dei diritti (ma anche solo per il principio di trasparenza) obbliga all'esposizione di un cartello di cantiere dove sono indicati i dati salienti del permesso quali la ditta esecutrice, il nome del direttore dei lavori, la descrizione dell'opera e, in casi specifici, una grafica che riporti il risultato finale dei lavori. Nel caso di opere pubbliche, il nome del RUP, il Responsabile Unico di Procedimento, ossia la persona che ha l'incarico di gestire e vigilare su tutto lo svolgimento dei lavori, dalla emissione del permesso fino alla chiusura del cantiere.
Come molti di voi avranno avuto modo di notare, magari alzando le spalle ormai abituati a vedere la violazione delle regole, in alcuni cantieri genovesi il cartello di cantiere non viene esposto. Si tratta di un comportamento lesivo del diritto della cittadinanza di sapere, ma di fatto l'amministrazione langue e non opera alcun tipo di controllo e tantomeno di sanzione in merito, come previsto dal regolamento edilizio. Che dire? Apriamo gli occhi, ed oltre a fermarci a guardare qualche volta quel cantiere accanto a casa nostra, dove si stanno scavando nuovi box o elevando nuovi volumi abitabili, cerchiamo il cartello di cantiere e, non trovandolo, segnaliamo la cosa alla Polizia Municipale e a qualche consigliere comunale di riferimento.
Chissà che spingendo, anche in questo caso, qualcosa non possa ritornare sui binari corretti.
(Stefano De Pietro)

venerdì 8 maggio 2015

OLI 425: STATO - l'Agenzia dei pasticci

Il widget relativo all'elenco sparito dal sito della Agenzia delle Entrare
fonte: www.dirpubblica.it
Avete una cartella esattoriale scomoda? Volete farla annullare? La soluzione ce la dà la Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittime le nomine di un gran numero di dirigenti della Agenzia delle entrate che non sono stati selezionati con un concorso pubblico. Di conseguenza tutte le pratiche che siano state firmate da questi dirigenti o dai loro delegati sono da ritenersi nulle.
Il sito ADUSBEF pubblica un invito a fare, come al solito, un ricorso per ottenere l’annullamento.
Ancora più interessante il sito di Dirpubblica, la federazione del pubblico impiego, che aveva intentato l’azione legale contro il ministero, vincendola. In un articolo si fa riferimento ad un’azione di oscuramento di dati dell’Agenzia delle entrate, che avrebbe eliminato dal proprio sito la lista dei dirigenti: “Al fine di ripristinare la trasparenza cui è tenuta l’Agenzia delle Entrate, pubblichiamo l’elenco completo dei dirigenti e degli incaricati di funzioni dirigenziali (erroneamente indicati come reggenti), eliminato dal sito http://www.agenziaentrate.gov.it/ all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 17/03/2015”.
La cosa davvero divertente è che il controllore, quando controllato a sua volta, crolla sotto il peso dell'incompetenza e della scarsa trasparenza. Lo sanno anche i sassi, ormai, che "levare qualcosa da in giro" per farlo sparire non funziona più, con l'avvento di internet e della globalizzazione. Santa pazienza: quando impareranno?  A voi, adesso, verificare se ci sono spazi per il vostro ricorso.
(Stefano De Pietro)

venerdì 17 aprile 2015

OLI 424: COMUNE - Genova cancella il diurno

Foto da internet
Ci sono molti divieti strani dovuti ad ordinanze sindacali o dirigenziali che in questi anni hanno popolato le pagine dei giornali nazionali (e anche internazionali): dal divieto di passeggiare con il cane al guinzaglio, fino a quello di circolare in bikini per il lungomare, tranne i casi giudicati possibili dal vigile urbano di passaggio.
Ma a Genova abbiamo inventato il divieto di lavarsi, o meglio l'impossibilità di farlo come effetto collaterale di un sistema disorganizzato all'inverosimile: la chiusura del Diurno di De Ferrari per motivi di sicurezza.
Il Diurno, gestito un tempo da undici dipendenti del Comune che nel tempo di sono ridotti fino a quattro, è stato recentemente oggetto di cronaca per un'indagine proprio sull'abitudine di timbrarsi il cartellino vicendevolmente. Però due mesi prima proprio una lettera degli stessi dipendenti aveva denunciato uno stato di grave disagio sulla manutenzione dei locali perdurante da anni: un'uscita di sicurezza impedita nel suo uso regolare da una palizzata in legno esterna alla struttura, una botola posta sul passaggio delle persone, proprio alla base della scala di accesso, la cui copertura rischiava di cedere, per cui fu ricoperta in qualche modo con una tavola di legno, il sistema di aerazione sulla cui efficienza gravano dubbi.
La nostra storia inizia due mesi fa, quando per effetto di un controllo scaturito proprio dalla segnalazione dei dipendenti, il dirigente decide di chiudere temporaneamente la struttura per motivi di sicurezza. Come spesso accade in Comune, si innesca un processo di verifica di competenze, arrivano i lavori pubblici a verificare che il diurno necessiterebbe di circa 150 mila euro di lavori, anche se in realtà poi per gli interventi di minima messa in sicurezza un preventivo successivo parla di circa 15 mila. Nel frattempo che il tempo passa, le centinaia di persone che settimanalmente si recavano al diurno per lavarsi, scaldarsi un po' in inverno, restano fuori. Alcuni si recano a Tursi per avere informazioni, l'assessore competente li riceve in giardino, in mezzo al consiglio comunale, e gli prospetta che in una decina di giorni il problema sarebbe stato risolto: ecco, in questo i nostri "immigrati" (si tratta soprattutto di persone straniere) si saranno sentiti molto integrati nel sistema burocratico italiano.
Alcuni consiglieri comunali si muovono nel frattempo, viene effettuato un sopralluogo, una commissione consiliare, telefonate al dirigente: ci si aspetta che la giunta "faccia qualcosa". Invece, tutta l'attenzione degli uffici si concentra solo sulle responsabilità e il diurno resta chiuso. Che queste persone almeno sappiano dove andare altrove non viene tenuto in alcuna considerazione, figuriamoci lavorare per trovare una soluzione di accordo con altre strutture. Solo dopo un intervento in Consiglio comunale, dove viene proposto di mandarli ai Bagni San Nazaro in Corso Italia per il tempo necessario alle riparazioni nel diurno, qualcosa pare cominciare a muoversi, con un tentativo di far intervenire le associazioni aderenti al patto di sussidiarietà sociale. Ma per ora, nulla.
Durante la commissione, l'assessore Fracassi spiega che il diurno di De Ferrari non è considerata una struttura adatta, che si progetta di realizzarlo altrove, con un doppio accesso separato per turisti da una parte e povera gente dall'altra, con centro servizi e un deposito bagagli. A parte l'ingresso separato che lascia perplessi molti consiglieri, una bella idea, c'è l'ex diurno abbandonato nel metro di De Ferrari che sarebbe perfetto, ci sarebbe stato quello di Piazza Acquaverde proprio di fronte alla stazione Principe se non fosse stato ceduto in una permuta immobiliare pochi mesi fa. Ma, intanto, mentre la fantasia galoppa, Genova è una città con una giunta di centrosinistra senza servizi igienici per i poveri. L'estate si avvicina, il caldo pure, se prendendo un autobus qualcuno si trovasse accanto un passeggero molto puzzolente, sappia che potrebbe essere una persona che non vorrebbe esserlo, come ognuno di noi.
(Stefano De Pietro) 


venerdì 27 marzo 2015

OLI 423: COMUNE - Una modifica allo Statuto per salvare la partecipazione

Il Permesso a costruire è un atto autorizzativo che viene emesso dagli uffici comunali a seguito di un lungo percorso burocratico al termine del quale viene approvato un progetto edilizio. Sono soggetti al permesso a costruire tutte quelle opere quali posteggi interrati, edifici civili e industriali che in questi anni hanno cambiato l'aspetto di Genova.
Spesso, il percorso burocratico edilizio avviene, nel pieno rispetto della legge, all'interno degli uffici stessi, e i cittadini vengono al corrente di queste opere solo a cose ormai fatte, quando il ritiro di un permesso potrebbe essere solo effettuato mediante un ricorso al TAR o per effetto di una delibera di Consiglio comunale, con danni nei confronti del richiedente il permesso e quindi con una probabile richiesta risarcitoria anche onerosa per il Comune.
Un esempio di macchina burocratica in questo senso è il parcheggio di Piazza Solari, intercettato dai cittadini a poche ore dal rilascio del permesso (o meglio dalla consegna materiale di un permesso già firmato). Ancora oggi la situazione di quel posteggio è in forse, in quanto il titolo sarebbe valido se fossero consegnate le fidejussioni richieste, unico motivo al momento per il quale il bosco è ancora lì. Un altro caso, meno fortunato, è il parcheggio di via Cadighiara, dove è stato dichiarato l'inizio del cantiere.
Per ovviare a questo problema, sfruttando un percorso di revisione dello statuto del Comune, il Movimento 5 Stelle ha prodotto un emendamento per introdurre un margine di sicurezza temporale che consenta ai cittadini la visione dei permessi a costruire attraverso il sito web del Comune, prima che questi siano firmati dai dirigenti, in modo da evitare le richieste di danni in caso di opposizione da parte di qualcuno. E' stato proposto un termine di trenta giorni, trascorsi i quali senza inconvenienti il dirigente potrà firmare il permesso certo che il percorso di informazione sia effettivo, oppure valutare insieme all'assessorato eventuali opposizioni e richieste derivanti da un percorso "cieco" della pratica.
Si tratta di una proposta semplice, che andrà adesso vagliata insieme al Segretario generale per il parere di legittimità e poi accolta (o meno) a livello politico dal Consiglio comunale.
Certo è che il Movimento intende mettere i gruppi consiliari di fronte alla responsabilità di un eventuale "no" nei riguardi della cittadinanza genovese che chiede trasparenza e maggiore voce in capitolo sull'andamento dell'edilizia nella propria città.
(Stefano De Pietro)


giovedì 19 febbraio 2015

OLI 421: AMBIENTE - Il Marsano tra tradizione centenaria e PUC prossimo venturo

L'Istituto Agrario Marsano di Sant'Ilario a Genova è un'eccellenza nel panorama della conservazione della tradizione ligure. Fin dai tempi della sua costituzione Bernardo Marsano pensò a qualcosa che servisse alla creazione di posti di lavoro per i giovani attraverso la trasmissione di tradizioni agrarie arricchite dalle "nuove tecnologie". Oggi, una nuova tecnologia potrebbe essere considerata una delle attività più antiche al mondo che si è persa: saper costruire a mani quasi nude un muretto a secco, uno di quei tanti che caratterizzano il paesaggio ligure e che hanno contribuito alla sua trasformazione nel rispetto delle proprietà di drenaggio dell'acqua.
La gara dei muretti a secco che si è svolta giovedì 12 febbraio 2015 tra le classi delle varie succursali della scuola sparse per il territorio della provincia genovese ha trovato una giornata primaverile a mezzo febbraio. Bene per tutti: per i ragazzi che amano, a quell'età, muovere le mani più che piegare la testa sui libri, bene per i professori che hanno modo di conoscerli anche al di fuori dei banchi in un contesto pratico, per gli invitati esperti di muretti a secco ben felici di trasmettere le proprie conoscenze, e per gli ospiti con la fortuna di ammirare il paesaggio mozzafiato che si gode da quel posto selezionato. La professoressa Angela Comenale ci spiega nel video come mai sia così importante non perdere questa tradizione, fatta di saperi locali, lontani, e di natura che si incastra tra le pietre accatastate.
Eppure, in mezzo a questo paradiso, incombe ancora una voce strana del Piano urbanistico comunale che presto passerà in Consiglio a Genova: una strada prevista in zona ma stranamente non disegnata, per scelta, per non segnare graficamente la pretesa assurda di attraversare il Marsano con una viabilità verso il nulla dei terreni a levante, pronti per una possibile speculazione, una cosa che nessuno vorrebbe votare ma che qualcuno pretende con forza ed insistenza.
Una situazione più volte segnalata dalle associazioni ambientaliste, da alcuni gruppi politici, dal Marsano stesso che attende da anni un riconoscimento ministeriale di area protetta che non arriva, senza comprenderne la ragione.
(Stefano De Pietro)

giovedì 5 febbraio 2015

OLI 420: POLITICA - Il Movimento 5 Stelle alle regionali 2015

(Paolo Putti e Beppe Grillo il 15 aprile 2012 )
L'organizzazione della squadra per la competizione elettorale per le prossime regionali in Liguria, nel Movimento 5 Stelle, è stata legata ad un piccolo post-scriptum di un post sul sito beppegrillo.it: "Paolo Putti non è il referente dello staff di Beppe Grillo per le elezioni regionali in Liguria". Per comprendere cosa sia accaduto, occorre fare un passo indietro, a novembre 2014, quando Putti era stato indicato da Casaleggio e Grillo come il referente per le elezioni regionali per la parte di organizzazione delle "regionalie" (le primarie del M5S), svolte come al solito online e aperte a chiunque fosse registrato sul sito del Movimento 5 Stelle.
Lo scopo di questo affidamento, differente da quello delle elezioni nazionali (affidate al gruppo consiliare savonese del M5S) e poi di quelle europee (sempre affidate a Savona ma questa volta ai loro parlamentari) era un messaggio molto forte di Grillo alla presenza di situazioni di litigio permanente tra vari gruppi territoriali, come accade in Liguria da sempre. Putti, evidentemente, era stato considerato in grado di dirimere tali conflittualità, ed in effetti, a differenza del 2010 quando il Movimento non si era agglomerato, questa volta il M5S si presenterà con una lista ben nutrita di 24 candidati consiglieri.
Graticole, incontri, banchetti, presenza sui territori, tutte le regole classiche del M5S, poi apparentemente in modo inatteso nasce una proposta diversa per la scelta del candidato presidente, che era invece indicata nelle indicazioni dello "staff" milanese da effettuarsi tra i 24 candidati con un'elezione online, La "proposta Putti" viene esplicitata in un articolo pubblicato il 12 gennaio 2015 sul sito genova5stelle.it e sostenuta da molti consiglieri e attivisti liguri. La proposta era quella di aprire alla possibilità di scegliere un candidato esterno al Movimento, consentendo a chiunque di indicare un nome sia tra i candidati già precedentemente scelti che nella "società civile", come già fatto per le quirinarie nel 2013. Poi, una elezione online tra gli iscritti cinquestelle avrebbe consentito di votare, consentendo quindi di allargare la possibilità di vittoria alle regionali 2015.
Ma il risultato è stato un no secco di Grillo, e a distanza di pochi giorni da questo, è uscito il post scriptum citato in apertura.
Non si intende entrare nel merito delle scelte del capo politico del Movimento, ognuno è libero di indicare delle strade politiche che ritiene migliori e se ne assume, come sempre, gli onori e gli oneri di fronte agli elettori; certamente il metodo di comunicazione scelto lascia con l'amaro in bocca chi ha visto e vissuto da vicino l'impegno dimostrato da Paolo Putti per traghettare il Movimento verso le regionali 2015 in Liguria.
(Stefano De Pietro - foto di Giovanna Profumo)

mercoledì 12 novembre 2014

OLI 417: COMUNE - Somme urgenze

Le “somme urgenze” sono un pezzo del codice degli appalti che i governi che si susseguono tentano di tenere a freno con ogni mezzo, rappresentando un terreno fertile per assegnazioni dirette di lavori di valore anche notevole. Durante l’ultima alluvione il Comune di Genova ha aperto 49 somme urgenze, per un totale di circa 24 milioni di euro, che sono destinate ad aumentare man mano che si rilevano nuove situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica e per i beni di interesse culturale.
All’attivazione della somma urgenza da parte di un funzionario del Comune, la giunta prepara una delibera di variazione di bilancio che prima del governo Monti era di competenza della Giunta stessa. Monti introdusse un passaggio in Consiglio comunale, spalmando la responsabilità anche al Consiglio, per cercare di rimuovere fenomeni di eccesso nell'apertura di questo tipo di attività. Tentativo andato a buon fine per quello che riguarda la procedura ma non il risultato: le somme urgenze sono rimaste sempre le stesse, forse perché lo stato del territorio è quello che è, e una soluzione “da bancario” non ha certo permesso di evitare il crollo di muri e le alluvioni.
Solitamente le somme urgenze sono poche unità all’anno, per cui la Giunta propone delibere al Consiglio relative ad ogni singola pratica. Nel caso dell’alluvione , la delibera proposta comprendeva ben 49 attività. Questo, se da una parte può essere considerato logico da chi ritenga il voto “evidente” (la maggioranza, che sempre supporta la sua giunta), risulta fastidioso per la minoranza, che vorrebbe invece poterle votare separatamente, avendo più interesse ad un controllo puntuale su ogni lavoro. Agire con emendamenti in un caso come questo può risultare complesso.
Così, la richiesta di presentare tante delibere, una per ogni somma urgenza, fa quasi sorridere l’assessore, che scherza sul fatto che sarebbero necessarie 49 commissioni (le delibere passano prima in commissione e poi in consiglio), mentre gli si fa notare che quello che fa meno ridere è la commissione di una singola ora che è stata concessa per l’esame di questa pratica da 23 milioni di euro, e che la battuta delle 49 commissioni è solo tale, in quanto possono essere benissimo discusse in una singola commissione più pratiche.
Insomma, il cammino per la trasparenza continua. Al momento, comunque, la Giunta è stata impegnata dal Consiglio, mesi fa, a fornire i dati delle somme urgenze, tra cui i computi metrici, fotografie e dettagli ulteriori, che i citttadini, visto il proficuo effetto domino della pubblicazione dei documenti del Consiglio nel sito web del Comune, possono trovare.
Quindi, cittadini: avanti, leggete!
(Stefano De Pietro)

OLI 417: INFORMAZIONE - La forza dei titoli

Un titolo di giornale ha la forza di cambiare l'interpretazione di una notizia, poi riportata correttamente in fondo all'articolo, che però pochi leggono fino alla fine. E' il caso dell'articolo "Bonus bebè, “no agli immigrati”. Blitz Lega, M5S d’accordo. Il testo non passa" pubblicato su Il Fatto Quotidiano online del 30 ottobre 2014. Una strategia tecnica da aula parlamentare viene stravolta al punto di far capire esattamente il contrario della realtà.
Il caso: il Movimento 5 Stelle in Senato coglie l'occasione per votare una proposta della Lega Nord, che vorrebbe aumentare la durata degli aiuti fino al 2017 per il "bonus bebè", a scapito però della sua applicazione alle persone con nazionalità diversa da quella italiana.
I senatori pentastellati hanno votato a favore della proposta leghista, ma ben consci che sarebbe poi sopravvissuta soltanto la proroga, con la decadenza del restringimento di applicazione ai soli italiani per la sua inammissibilità costituzionale. Il titolo corretto avrebbe quindi dovuto essere: "Bonus bebè. Proroga al 2017 bocciata dai partiti della maggioranza".
(Stefano De Pietro - illustrazione di Guido Rosato)

giovedì 16 ottobre 2014

OLI 415: ALLUVIONE - Facite ammùnia

Il Colonnello Bernacca, durante una delle sue famose previsioni in Tv.
(foto da internet)
L'alluvione del 2014 sarà ricordata come quella della perfetta organizzazione dell'assenza. Si comincia in giornata con la completa assenza di allerta, nemmeno un livello 1. La protezione civile ligure si difende dietro ai modelli, che non avrebbero fornito alcuna indicazione in merito, fatto indiscutibile quanto indicativo di un concetto di sicurezza cattedratico, affidato non più ai sensi o ai saperi locali, ma ad una formula matematica che pretende di averli intrappolati in un sistema di calcolo automatico. Come non ricordare l'effetto butterfly, il Caos tanto studiato negli anni 60 e 70, il battito di ali in Cina che cambia il tempo in America, ma ancora di più il buon Colonnello Bernacca, che ci insegnava ad aprire la finestra di mattina per capire se pioverà. Certo, la situazione meteorologica attuale è più di tipo tropicale, più difficilmente prevedibile in termini di quantità di precipitazione, che diventa anche concentrata. In questo la disposizione a valli del territorio genovese non aiuta, anzi, peggiora la situazione, concentrando l'acqua in molti rii che poi convergono, alla fine, in pochi torrenti impetuosi.
La successiva assenza è quella della protezione civile del Comune, organizzata per muoversi a seguito di uno stato di allerta che appunto è mancato. Poco conta che la redazione di Primocanale fosse al suo posto in studio ed in giro per la città, avendo fiutato l'evento. Poco importa che piovesse da ore. Poco importa se Francesca Baraghini con la sua troupe si fosse presentata poco prima di mezzanotte al Matitone per avere almeno qualche notizia dalla Giunta e l'avessero fermata ai cancelli, in mancanza "di un appuntamento", da un custode che la stessa Baraghini afferma non sapere nulla dell'alluvione in corso, mentre ai piani alti si riuniva il Centro operativo comunale per iniziare a parlare di emergenze.
Un'altra assenza, quella del coordinamento nelle operazioni di ripristino delle zone alluvionate e tra le parti in causa. Alcuni semplicissimi esempi: in piazzale Kennedy la Polizia municipale lunedi pomeriggio ancora non disponeva di un computer per velocizzare le operazioni di registrazione delle auto alluvionate portate lì, costringendoli ad un doppio lavoro; in sede, non si riusciva a parlare con chi avrebbe potuto forse mandarne uno, magari uno dei palmari recentemente comprati e che pare non siano poi così utili all'uso quotidiano.
Ancora, le aree blu, dichiarate gratuite nel piano di emergenza dal venerdi successivo, sono segnalate come tali solo il sabato in un corposo comunicato stampa insieme a mille altre notizie, e poi di nuovo il lunedi mattina con un comunicato ad hoc, non avendo avuto efficacia il precedente nemmeno nei cartelli luminosi del Comune stesso, lasciando quindi i parchimetri funzionanti e nessun avviso su di essi da parte di Genova parcheggi, che dichiara di non essere in grado di disattivarli in poche ore. Con il risultato che molti genovesi hanno pagato il posteggio. Sono particolari in sequenza, che però dipingono la realtà di un piano di emergenza costruito solo sulla carta, mai provato, che perde di vista gli obiettivi e quindi non ne sa verificare il raggiungimento. Ma pagato a colpi di premi ai dirigenti.
E questa, per concludere, è l'ultima assenza, la maggiore, quella maiuscola: l'assenza di serietà. D'altronde è una caratteristica del nostro paese ben conosciuta all'estero, da noi la situazione può diventare grave, gravissima, ma mai seria, l'importante è far vedere che si è fatto qualcosa. Facite ammùnia!,
(Stefano De Pietro)

venerdì 10 ottobre 2014

OLI 414: FIERA - Un affresco scelto dai cittadini, la vera partecipazione

Ancora non si sono spenti i riflettori della stampa sull'affare Fiera così come impostato dal vice sindaco Stefano Bernini e dalla delibera di luglio 2014, che già sono apparsi due nuovi progetti, uno con la semplice intenzione dell'Autorità portuale di acquisto delle aree (a proposito, sono state cedute a Spim a meno di 300 euro al metro quadrato, ovvio che il presidente Merlo si sia fatto avanti), adesso l'ultimo con l'apparizione del solito archistar genovese, Renzo Piano, senatore a vita e risorsa delle giunte genovesi quando sono a corto di idee.
Piano schizza (ma lui s'arrabbia, è un blue print) una fiera riscavata che diventa un grande ormeggio. Credevo impossibile che si potesse pensare di muovere terra da quelle parti, dopo che il mare è stato sacrificato per la creazione di quell'area. Se davvero dovesse accadere, mi piacerebbe avere anche una previsione da Nostradamus su quando le aree riportate al mare saranno nuovamente interrare nel futuro: 20 anni, 50 anni?
Possibile che a Genova si riesca a parlare solo di scavi? Movimento terra, Terzo valico, Gronda, miniscolmatore, centri commerciali, nuove case: di manutenzione del territorio zero, nisba, nada. 
Quale dovrebbe essere una soluzione che espunga dal percorso i soliti attori consunti?
Cosa potrebbe restare per cambiare davvero registro?
Facile, un semplice referendum per votare, da cittadini, idee distillate da un concorso europeo dove, uscendo anche dall'area genovese, qualcuno faccia dei progetti di utilità sociale e con lo scopo di creare micro lavoro.
Direzione, quella della partecipazione dei cittadini, che Doria aveva fatto credere di voler utilizzare per far uscire Genova dall'immobilità nella quale ci troviamo. Inutile dire che erano le solite proposte elettorali, subito smentite, appena eletto, con le delibere sul salvataggio di Amt a luglio 2012, e poi nel 2013 con i piani (per ora sospesi) di privatizzazione. Ma arriveremo anche lì, credeteci.
Ritornando alla Fiera, l'idea di un quartiere navale, per piccolo diporto è ovvia, non serviva certo scavare per tirarla fuori, ma come per il padiglione Jean Nouvel (la soluzione peggiore e più costosa, dicevano gli studi tecnici), l'idea di scavare, scavare e scavare per infilare acqua salmastra in canali maleodoranti spaventa, proprio perché è una soluzione "peggiore" e "costosa". 
Per questo, se per caso nelle strade di Genova vedessi passare qualcuno con un foglio di raccolta firme per un referendum sulla fiera, non esiterei a firmarlo. Pensateci, genovesi.
(Stefano De Pietro)

lunedì 29 settembre 2014

OLI 413: WEB - To link or not to link



Voilà, per una volta che ci si fida, ecco la fregatura. Un problema davvero poco sentito in ambito italiano (ma non solo) è quello della stabilità dei link, mentre da parte degli esperti si cerca di rimediare attraverso dei sistemi (i blog) che forniscano i cosiddetti "permalink", un nome composto da "permanent" e "link": link stabile. per sempre.
Nonostante il problema sia quindi noto e affrontato, non c'è verso di far capire a tanti webmaster che il mantenimento di un link è fondamentale in quanto la struttura del Web ha senso solo garantendone la stabilità nel tempo. Altrimenti salta la logica "hypertext" del sistema e si torna alla vecchia soluzione di copiare le informazioni localmente, con dispendio di spazio di archiviazione.
Quando passammo da olinews.it a olinews.info, mantenemmo ben stabile la raggiungibilità dei vecchi articoli, proprio per garantire una fruibilità temporale del lavoro di tanti collaboratori di redazione.
Un esempio invece del contrario lo si trova nel nostro articolo "Haiti – Crociere e terremoti", del gennaio 2010. Dopo solo 4 anni dei tre link citati in calce solo uno continua a funzionare (quello su Facebook), mentre gli altri due sono "rotti".
Poi ci si stupisce che qualcuno vince le guerre economiche e va sulla luna, mentre altri restano a guardarsi la punta delle scarpe.
(Stefano De Pietro)

venerdì 11 luglio 2014

OLI 410: RIFIUTI - La biotruffa anche per Genova

A me gli occhi! Amiu riesce ancora una volta a ipnotizzare con le sue promesse ma non ad uscire dalla logica ormai superata del “ciclo integrato dei rifiuti”, che ha tra le sue caratteristiche quella di considerarli come una fonte di energia termica (quindi eventualmente elettrica). Questo non consentirà mai di raggiungere gli obiettivi di salvaguardia della materia, dalla plastica al metallo, alla terra contenuta nei rifiuti sotto forma del suo precursore: la frazione umida.
Il processo naturale per il quale esiste la terra nelle sue zone selvagge è la trasformazione dei corpi morti, compresi i vegetali, attraverso il lento lavoro di alcuni batteri aerobici, che vivono in presenza di ossigeno. Questi batteri si nutrono delle sostanze contenute nella materia organica e generano quell’odore che tanto infastidisce, producendo come scarto la parte fertile della terra, tanto gradita alle piante. Questo semplice processo - che necessita solo di una buona materia prima d’ingresso come gli scarti di cucina e il verde derivante dalla manutenzione di parchi e boschi - pare non piacere alla direzione di Amiu, e prima ancora ai tecnici della Regione Liguria, che invece hanno disegnato per Genova un piano con biodigestori anaerobici: grossi serbatoi stagni, all’interno dei quali l’umido viene digerito da batteri anaerobici, che producono il cosiddetto biogas, contenente una percentuale variabile tra il 50% e il 90% di metano. Mentre nella digestione aerobica (detta compostaggio) la riduzione della massa messa in lavorazione si limita ad un 25% (comprendente evaporazione acquea e gas), in quella anaerobica la perdita in uscita sfiora anche del 75%. Come si sposa questo con le direttive europee? Per non parlare dei problemi di tossicità dei fanghi derivanti dal processo come segnalato da un parlamentare europeo.
E’ vero che le stesse direttive parlano di recupero energetico, ma solo dal residuo di una raccolta differenziata spinta, quindi una frazione minimale. Ma nel caso di Amiu, il rischio è che non avvenga, avendo progettato di destinare al biogas, la frazione umida della raccolta differenziata, la migliore, che a programma dovrebbe diventare preponderante.  Invece di favorire un naturale compostaggio, si opta per il metodo industriale con impianti molto più costosi.
Anche per le quote di differenziata, come già in passato, il piano si affida al raggiungimento delle quote minime di legge, senza superarle, e nei tempi massimi di legge (2020), invece che mostrare ai genovesi una reale intenzione di risolvere il problema.
Anche il sistema di prossimità a cassonetti non sortirà alcun effetto, come non lo ha sortito in questi anni. A prova di questo, si intendono acquistare due separatori secco/umido, che avranno alla fine solo lo scopo di avere secco da mandare all’incenerimento attraverso un qualche canale, apparentemente più o meno virtuoso, come i consorzi statali, e umido da usare nel biodigestore e i cui fanghi di risulta, debitamente essiccati con uso di energia termica, saranno a loro volta instradati agli inceneritori.
Non ci sarebbe da stupirsi se poi, legati da un piano industriale che senza i contributi statali per la produzione di energia elettrica dal biogas non starebbe in piedi, si infilino dentro anche “mucche vive” pur di mantenere in funzione il sistema. E con il fantasma del CSS (combustibile solido secondario, ovvero un miscelone di plastica e metalli) che elevato da “rifiuto” a “prodotto”, grazie ad una norma scellerata e alla solita truffa semantica, possa finire bruciato in forni di cementifici e centrali termoelettriche a carbone. Tutto fa presagire mala tempora per i genovesi. Il peggio è sempre possibile.
(Stefano De Pietro - immagine da internet)

giovedì 12 giugno 2014

OLI 408: AMIU - Problemi e soluzioni

La battaglia politica e tecnica sui rifiuti che i giornali caratterizzano all'interno di Amiu e del Comune, si gioca in realtà nei piani dell'amministrazione regionale. La nuova legge regionale sui rifiuti definisce una dimensione regionalizzata nella gestione delle discariche, della "chiusura del cliclo" e in tutto ciò che determina l'uso dei rifiuti una volta raccolti dai comuni.
Amiu ha infatti presentato delle "linee guida per il piano industriale" dove si fa esplicito riferimento al piano regionale con la produzione di CSS e di energia elettrica da biogas ottenuto con la biodigestione anaerobica. Una richiesta del governatore Burlando in sede di conferenza stato-regioni ha spostato al 2016 il termine per il raggiungimento del 65% di raccolta differenziata: una beffa se si pensa che il Comune di Recco oggi ha dovuto organizzarsi molto rapidamente dopo il caso della Corte dei Conti che lo ha condannato a rifondere il danno erariale derivato dal mancato raggiungimento dei livelli minimi di differenziata. Senza il provvedimento voluto da Burlando, oggi si avrebbe a disposizione una leva legale molto forte per costringere i comuni ligure a diventare virtuosi.
Invece si assiste ad una piroetta funambolica, che è riuscita a trasformare la necessità di cambiare sistema in qualcosa che alimenterà cementifici e centrali elettriche con il CSS e mini centrali a biogas sotto il megawatt. Lo scopo è di non superare il 60% effettivo di differenziata per avere 'roba' da bruciare, esattamente come è stato fatto fino ad oggi per alimentare invece Scarpino. Unica differenza, volendo bruciare, necessita separare l'umido, da qui la necessità di fare il biogas con i biodigestori, per aggiudicarsi così anche i certificati verdi nella produzione di energia elettrica, ed avendo altro secco da bruciare alla fine del ciclo: la tempesta perfetta.
Quali soluzioni avrebbe avuto invece a disposizione la giunta regionale? Ad esempio, quella di finanziare grandi impianti regionali di compostaggio, di spingere quello domestico, di copiare il lavoro fatto a meno di duecento chilometri di distanza a Capannori (oltre il 90% di raccolta differenziata), o a Parma, dove la giunta ha organizzato un vero piano Marshall per impedire l'uso dell'inceneritore con i rifiuti cittadini.
Intanto, mentre il cittadino aspetta, la grande discarica si riempie, il percolato scende a valle, l'aria si appesta di biogas e di CSS. Gli unici ad uscirne in piedi sono le amministrazioni e i dirigenti di Amiu, sempre al loro posto da decenni.
(Stefano De Pietro)

giovedì 29 maggio 2014

OLI 407: LAVORO - Il collocamento non basta più

La perdita di fiducia dei giovani nei confronti dei sistemi di ricerca di lavoro tradizionali è un'evidenza. Sempre più persone non si rivolgono più all'ufficio di collocamento provinciale, ma si affidano alla ricerca online via semplici annunci e utilizzando agenzie interinali, con il conseguente crollo dei diritti e delle certezze d'impiego. In Piazza de Ferrari, Andrea e Valentina inaugurano la ricerca di lavoro "sandwich", con un cartello appeso al collo e la voglia di manifestare il proprio disappunto per una società che non è più in grado di dare futuro alle giovani coppie.

(di Stefano De Pietro)

venerdì 16 maggio 2014

OLI 406: COMUNE - Distrazioni, leggerezze, fretta: i pilastri della P.A.

La Giunta comunale in Consiglio a Genova
Capita di leggere notizie sugli errori degli uffici dell'amministrazione pubblica, di contratti imprecisi che danno origine a danni vinti da chi, di quelle imprecisioni, fa motivo di ricorso in tribunale. Così troviamo, in giro per l'Italia, cantieri edili che operano senza permessi, e tanto più grandi sono le opere, tanto più spesso questo caso pare verificarsi.
Anche a Genova abbiamo ottimi esempi, come permessi a costruire distrattamente "venduti" per buoni prima della necessaria preventiva delibera di consiglio comunale, poi non approvata e quindi, zac!, arriva la causa e la necessaria delibera, ad approvazione obbligatoria, di riconoscimento del debito fuori bilancio per sanare una causa persa. Ma sempre senza un responsabile che rifonda i cittadini.
Poi c'è la fretta. La fretta pare essere la benzina degli uffici comunali. Non esiste una sola convocazione del consiglio comunale che non sia fatta, da tempo immemorabile, con la "procedura d'urgenza", anche quando di urgente non pare esserci proprio nulla. L'urgenza è la prassi, serve a coprire la strategia della disinformazione, per la quale spessissimo le delibere di giunta sono transitate dal consiglio e dalle commissioni come il fulmine a mezzanotte. Si sa che in Italia quando c'è un problema si fa prima una legge e dopo nulla: infatti il consiglio comunale ha preso provvedimenti proprio per evitare questa fretta, ed ora nel suo regolamento le delibere iscritte al consiglio devono transitare almeno 15 giorni prima nei gruppi consiliari, per consentirne lo studio. Fatte salve, manco a dirlo, le urgenze. Chissà che presto non troveremo anche la procedura di emergenza, dove la funzione dei consiglieri sia una semplice ratifica obbligatoria di quanto già deciso e messo in atto dalla giunta (in effetti già oggi esiste la "somma urgenza", per i lavori edili che abbiano a che fare con l'incolumità pubblica, e che meriterebbe una chiacchierata a parte per le stranezze che genera nella gestione dei soldi pubblici).
E poi c'è la leggerezza. La leggerezza fa un po' parte del modo di essere dell'italiano. "Si, va beh, poi vediamo, altrimenti non si va avanti, ma si dai, è ovvio". E' ovvio e normale, ad esempio, che in una delibera che parla di una cessione del diritto di superficie di un terreno comunale a dei privati, si citi un contratto che, a sua volta, ha un allegato grafico non fornito nella documentazione, ma vah, proprio il disegno dell'area ceduta. Ma si, dai, è ovvio che la cartina che manca è quella di un'altra delibera di due anni fa. E' tutto ovvio, quando il risultato deve essere scontato. Si tratta di un problema di "copia incolla", parola che evoca il modo di lavorare moderno, che tenta di assemblare pagine spesso vuote di significati tanto per dare uno spessore ad un testo: peccato che lo spessore sia solo materiale, di un tomo magari pieno di errori e di imprecisioni.
Così, martedi scorso, in consiglio, si decide di elevare una eccezione per non far passare tanto liscia l'ennesima imprecisione della giunta, suggellata dalla segreteria generale con uno splendido "parere tecnico favorevole" su un documento che presenta così tante imprecisioni che quelle da copia incolla impallidiscono. Errori già segnalati in commissione, per i quali non era stato preso alcun provvedimento prima di giungere in consiglio comunale.
Alla fine, dopo mezz'ora di tentativi sugli specchi dei proponenti per cercare di far passare comunque il documento così com'era, ma senza riuscire a spuntarla, si trova la soluzione, semplice, troppo semplice per riuscire ad uscire dagli uffici stessi come una proposta, infatti arriva dallo stesso consigliere che aveva bloccato la pratica per incompletezza documentale: fare un emendamento per correggere l'errore.
Davvero, non ci aveva pensato nessuno.
Stay tuned!
(Stefano De Pietro - foto da internet)

venerdì 18 aprile 2014

OLI 404: COMUNE - Non si fa una frittata senza rompere qualche uovo di Pasqua

(Palazzo Tursi - sede del Comune di Genova)
Di solito in Consiglio comunale non mancano le occasioni, per la minoranza, di sfruttare qualche intoppo burocratico o politico per finire sui giornali con proteste e prese di posizione.
Ma che sia addirittura la stessa maggioranza, anzi il partito di maggior presenza come il Pd, a bloccare una delibera proposta tra l'altro proprio da due loro consiglieri, fa parte della commedia all'italiana più che della politica amministrativa di un paese.
I fatti: arriva in commissione una proposta di delibera, da qualcuno definita "elettorale" per il contenuto un po' populista visto il momento economico drammatico, che riguarda i mercati in struttura, per i quali una esistente delibera della giunta Vincenzi prevede un impegno fino al 20% dei proventi dei canoni di affitto dei banchi in opere di manutenzione.
I soggetti interessati sono gli stessi commercianti, che si vedranno riconoscere uno sconto in ragione di opere finanziate direttamente da loro, e riconosciute dal Comune: finalmente qualcosa di funzionale, che fino ad oggi ha dato qualche risultato in sole quattro strutture: siste infatti l'obbligo di costituire un consorzio, obbligando i "mercanti genovesi" a superare la tradizionale avversione ad andare d'accordo, e non è facile.
La nuova delibera proposta ieri (14 aprile 2014, nda) in consiglio, riguarda l'auspicato aumento al 50% di tale limite, una cifra notevole se si pensa che per il solo mercato orientale si potrebbe parlare di più di centomila euro, e che vuole impegnare la giunta in modo importante sul problema delle strutture mercatali cittadine. Fin qui, tutto condivisibile.
Il documento deve però avere avuto un iter fantasioso, perché viene presentato ai consiglieri secondo la normale procedura informatica solo il giorno prima della commissione, ma le date del file riportano tempi precedenti, come se si fosse voluto in qualche modo ritardarne la pubblicazione. Politica o casino, difficile dirlo. Comunque, alle 16 del pomeriggio precedente la discussione in aula, finalmente la delibera "appare", ma non ha la caratteristica della santità che ci si aspettava.
O meglio, che sia un documento del diavolo lo apprendiamo solo il giorno dopo, quando l'assessore Miceli legge delle proposte di modifica al documento, però stranamente già inserite nella delibera consegnata ai consiglieri, con un atto di forza forse non voluto, ma di fatto intrapreso dalla giunta, e peggio avvallato dal Segretario generale, che firma il parere di legittimità. Che invece legittimo non è, in quanto i due consiglieri cadono dal pero, trovando la loro proposta emendata in origine. E si arrabbiano parecchio.
La commissione s'interrompe, volano le parole grosse come "falso in atto d'ufficio nei confronti di ignoti", scoppia la bagarre in maggioranza e nella giunta (ma io, ma tu, ma lei, ma lo sapevi ma te lo avevo detto ...) e l'orologio marca il tempo che passa in modo improduttivo: due ore.
Alla fine il Segretario, dopo una arrampicata sugli specchi degna di Felix, ammette un errore, Miceli, però, inaspettatamente, insiste che va bene così (praticamente fischiato dall'aula); i consiglieri proponenti chiedono allora una nuova commissione, proposta votata da tutti tranne che da Lista Doria e M5S, favorevoli invece a risolvere in giornata la cosa per evitare maggiori spese. Alla fine si fisserà una nuova data e, naturalmente, la cittadinanza pagherà il gettone doppio per una cosa singola.
Buona Pasqua!
(Stefano De Pietro)

domenica 23 febbraio 2014

OLI 400: COMUNE - Un 54 che da i numeri!

Il cartello delle "Profonde sintonie" tra Pd e Pdl distribuito
dal M5S in Consiglio comunale a Genova.
L'articolo 54 del regolamento del Consiglio comunale di Genova determina le modalità con le quali possono essere presentate interrogazioni a risposta immediata alla Giunta, con passaggio nella prima ora che precede la seduta del Consiglio, ogni martedi pomeriggio.
Si tratta di un momento importante per molti gruppi, soprattutto per quelli che cercano la visibilità sui giornali, in quanto di solito le domande riguardano il territorio, dove i politici si coltivano la base di consenso per essere eventualmente rieletti la volta successiva. Qualche consigliere ne fa un uso fin troppo copioso, presentandone anche più di cento per ogni seduta. Dei quali forse ne sarà scelto uno, dal Presidente, che in questo contesto fa un po' da "chef aprés dieu", avendo il diritto di estrazione a propria indiscussa preferenza. Cercando, si dice, di mediare in modo che ogni gruppo possa trovare il suo momento di gloria in Consiglio; si dice, "più o meno suppergiù" (cit. Vasco Rossi).
Durante il lungo percorso di revisione del regolamento, durato un anno e mezzo, il "54" ha trovato un humus di discussione molto fecondo, e ne sono stati proposti diversi anche molto differenti. Alla fine si era optato, a maggioranza, per un sistema che levasse al Presidente la scelta, creando una lista di arrivo che avrebbe dato la sequenza di presentazione in Consiglio. In pratica, ci si sarebbe auto limitati ad un solo 54 per consigliere per settimana, e l'ordine di arrivo avrebbe determinato l'ordine di discussione di tutti quelli presentati, con eventuale rimando alla volta successiva nel caso l'ora prima del Consiglio non fosse stata sufficiente ad esaurirli.
Sulla proposta scelta in commissione, in Consiglio, il terzo di fila sul regolamento, cade però la scure del Pd, nella persona del capogruppo Farello, in un qualche modo d'accordo con il Pdl, quasi a suggello delle profonde sintonie romane. Farello in verità in un anno e mezzo si era fatto vedere poco in commissione, anche se ovviamente dal punto di vista regolamentare nulla si può obiettare sulla scelta di rimettere tutto in gioco. Questo scatena anche un po' di proteste della minoranza, Pdl escluso come detto.
Così in Consiglio comunale arrivano altre proposte, come quella di far di nuovo scegliere tutto al Presidente, limitando prima ad una sola presentazione di 54 per consigliere, poi cambiando per metterlo a un numero per consigliere che corrisponde al numero dei consiglieri in aula (40) ma con una scelta di massimo 40 domande, poi cambiando ancora ripescando un'idea cinquestelle di un 54 anche a risposta scritta. Insomma, un pastrocchio ridicolo che blocca per la terza volta il Consiglio comunale, al punto che alcuni consiglieri cominciano ad innervosirsi per lo spettacolo indecoroso che viene mostrato ai cittadini. Settanta mila euro di commissioni in un anno e mezzo di lavoro per arrivare ad una cosa condivisa che in consiglio viene smontata dal Pd e dal Pdl.
Alla fine, per terminarla lì, si decide in conferenza capigruppo che si faranno degli incontri tra i gruppi prima del prossimo consiglio in modo da arrivare con una soluzione nuovamente condivisa, terminare le votazioni e cominciare a litigare sulle cose più urgenti: ad esempio il nuovo Puc.
(Stefano De Pietro)