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venerdì 27 marzo 2015

OLI 423: REGIONE - Carbone che viene, carbone che va

“ Ma tu con chi stai?” è il quesito principale che imperversa sui media liguri, da destra e da sinistra tutti sgomitano, ma dai politici nemmeno un pio di come sta la nostra Liguria. Pare si stia sfasciando il Salone Nautico, che non interessa soltanto Genova, eppure il capo di Fiera, Sara Armella, è occupata a fare le primarie Pd, mentre il presidente in scadenza dell’Autorità Portuale Merlo, consorte della candidata presidente regionale, presenta un Piano regolatore Portuale "da sssogno", direbbe Crozza-Briatore: stupendo il blueprint di Renzo Piano, speriamo che lo facciamo.
Si prevedono però due nuove dighe, gulp, quando neppure si è deciso se e quando fare la torre piloti, forse l’unica certezza è l’abbattimento dell’ex palazzo Nira, che magari basterebbe bonificare per recuperare...
Il porto di La Spezia compra gru giganti dalla Cina, una volta le costruiva Ansaldo Industria, come se quel gioiello di golfo fosse adatto per intensificare il megatraffico container, a Imperia crisi nera, è lontano il ricordo dei mulini sbuffanti della pasta Agnesi e dei treni carichi di grano, ora ristorantini, vecchi yacht e sulle banchine rubate al mare svettano gli scheletri degli edifici del superporticciolo incompiuto.
A Savona è stata chiusa la centrale termoelettrica di Tirreno Power, non più a norma, restano duecentomila tonnellate di carbone inutilizzate e a rischio inquinamento. Finalmente si è deciso per lo sgombero: il 15 per cento andrà alla centrale di Monfalcone. E il resto? Ci vorranno quaranta camion al giorno per completare lo smaltimento delle prime trentamila tonnellate, che viaggeranno fino al Terminal Rinfuse di Genova, essendo stato chiuso da tre mesi quello di Savona-Vado, proprio per la cessazione dell’attività della centrale. La movimentazione del carbone potrebbe avere effetti sull’ambiente, intanto è certo che dovranno essere compiuti millecinquecento viaggi per l'imbarco sino a Genova.
Complimenti per la gestione alla Regione, al Ministero, a tutte le Autorità Portuali, che puntano i piedi per non essere accorpate, quasi ogni porto fosse una repubblica marinara e il coordinamento in questo caso è brillato: la Befana è lontana, ma molto di quel carbone dovrebbe essere scaricato a casa di tutti quei soggetti di cui sopra.
(Bianca Vergati - immagine di Guido Rosato)

giovedì 16 ottobre 2014

OLI 415: POLITICA - Alluvione a Genova, eppure c’è chi ci guadagna

Sospironi di sollievo, paccate sulle spalle, sorrisetti a fior di labbra, un dileguarsi rapido in sala rossa al primo Consiglio comunale dopo l’alluvione: era magari passato il flash Ansa che Grillo era stato contestato proprio in città dai volontari del fango. Quasi una vittoria elettorale, rabbrividendo al ricordo della superiorità relativa dei 5stelle nelle ultime politiche in Liguria, mica ci si fida del 40 per cento del Pd alle europee.
All’una e mezzo il portone di palazzo Tursi è semichiuso, dentro un nugolo di agenti della polizia municipale spiegano cortesi che “il pass si può già ritirare, ma il consiglio è rinviato di un’ora”, siamo ormai al numero trenta e meno di cento sono i posti a sedere. Intorno capannelli di persone, intravedi visi noti, in primis esponenti di Municipi non coinvolti dai tragici eventi, che solerti!
Si aprono le porte del loggione della sala rossa, il pubblico si distribuisce; da sinistra partono urla, fischi: sono i contestatori che rumoreggiano, alzano un cartello trafugato con il tacito consenso della bionda vigilessa. Inizia il consiglio, qualche graffio, in verità un susseguirsi di carezze contropelo, le persone si guardano interdette, qualcuno cerca d’interrompere ma è subito zittito fragorosamente. Appare chiaro, anzi chiarissimo che la destra del loggione è presidiata dalla “gente Pd”, che si è mescolata anche tra i “facinorosi” e tra gli ignari. Si svela la strategia: occupare più posti a sedere per non far partecipare grillini, leghisti, chissà quali persone qualsiasi venute a protestare o più semplicemente ad assistere al Consiglio comunale. Che prosegue tranquillo, soltanto una voce  fuori dal coro, un solo consigliere 5stelle, che chiede le dimissioni del primo cittadino, mentre i suoi colleghi, pur intervenendo con critiche durissime non fanno altrettanto.
Il resto è tutto uno stringersi stretti al sindaco Doria per “solidarietà a chi fa lo stesso mestiere”, come sottolinea il capogruppo nell’unico intervento a firma Pd in un Consiglio che poteva buttar male, preoccupato il Pd non tanto di far fare brutta figura al sindaco, ma delle sue possibili dimissioni, che manderebbero tutti a casa, in primis questo Pd. Una stretta mortifera.
Non si  chiede però che cosa si farà per la sicurezza dei genovesi da qui alla fine delle grandi opere, ancorché necessarie, non si chiede conto dell'operato dei dirigenti comunali, brillanti assenti.
L’attacco invece è a testa bassa, furente contro la Regione, con cui non c’è più sintonia, si enuncia senza troppo rammarico.Vengono in mente le stringenti prescrizioni regionali fatte al Puc, che esortavano, fra l’altro, ad una maggiore puntualità delle norme riguardo al dissesto idrogeologico: osservazioni impositive così fastidiose per il Pd. Tragica nemesi l’allerta mancata, le inefficienze dell'ente, probabilmente si attacca la Regione per l’incombente candidatura della Paita di La Spezia, per fortuna del Pd assessore con delega anche alla protezione civile.
Quanti piccioni con una fava, si potrebbe cinicamente dire in questi giorni. In un sol colpo forse il Pd genovese si libera del governatore in scadenza, degli spezzini, compreso il giovane ministro della giustizia e potrà così sciogliere la riserva sulla candidatura alle elezioni regionali dell’attuale segretario Lunardon, comparso in consiglio comunale anche lui nel pubblico della sala rossa insieme allo staff: tutti adesso hanno il cappello renziano, ma i soliti noti sono sempre lì nel rispetto della continuità e non faranno per ora, bontà loro, cadere questa giunta, di cui detengono la maggioranza e, in ostaggio, Marco Doria, il sindaco espiatorio come l'ha definito il Manifesto, con i suoi limiti.
Mentre in Liguria, a Genova, forse non vedremo più sulla cresta dell'onda le incredibili coppie a sinistra, Raffaella Paita, assessore regionale, e consorte Luigi Merlo, presidente Autorità Portuale, più Sara Armella, presidente Fiera, e consorte Giovanni Lunardon, segretario regionale Pd.
(Bianca Vergati - foto Giovanna Profumo)

venerdì 10 ottobre 2014

OLI 414: FIERA - Un affresco scelto dai cittadini, la vera partecipazione

Ancora non si sono spenti i riflettori della stampa sull'affare Fiera così come impostato dal vice sindaco Stefano Bernini e dalla delibera di luglio 2014, che già sono apparsi due nuovi progetti, uno con la semplice intenzione dell'Autorità portuale di acquisto delle aree (a proposito, sono state cedute a Spim a meno di 300 euro al metro quadrato, ovvio che il presidente Merlo si sia fatto avanti), adesso l'ultimo con l'apparizione del solito archistar genovese, Renzo Piano, senatore a vita e risorsa delle giunte genovesi quando sono a corto di idee.
Piano schizza (ma lui s'arrabbia, è un blue print) una fiera riscavata che diventa un grande ormeggio. Credevo impossibile che si potesse pensare di muovere terra da quelle parti, dopo che il mare è stato sacrificato per la creazione di quell'area. Se davvero dovesse accadere, mi piacerebbe avere anche una previsione da Nostradamus su quando le aree riportate al mare saranno nuovamente interrare nel futuro: 20 anni, 50 anni?
Possibile che a Genova si riesca a parlare solo di scavi? Movimento terra, Terzo valico, Gronda, miniscolmatore, centri commerciali, nuove case: di manutenzione del territorio zero, nisba, nada. 
Quale dovrebbe essere una soluzione che espunga dal percorso i soliti attori consunti?
Cosa potrebbe restare per cambiare davvero registro?
Facile, un semplice referendum per votare, da cittadini, idee distillate da un concorso europeo dove, uscendo anche dall'area genovese, qualcuno faccia dei progetti di utilità sociale e con lo scopo di creare micro lavoro.
Direzione, quella della partecipazione dei cittadini, che Doria aveva fatto credere di voler utilizzare per far uscire Genova dall'immobilità nella quale ci troviamo. Inutile dire che erano le solite proposte elettorali, subito smentite, appena eletto, con le delibere sul salvataggio di Amt a luglio 2012, e poi nel 2013 con i piani (per ora sospesi) di privatizzazione. Ma arriveremo anche lì, credeteci.
Ritornando alla Fiera, l'idea di un quartiere navale, per piccolo diporto è ovvia, non serviva certo scavare per tirarla fuori, ma come per il padiglione Jean Nouvel (la soluzione peggiore e più costosa, dicevano gli studi tecnici), l'idea di scavare, scavare e scavare per infilare acqua salmastra in canali maleodoranti spaventa, proprio perché è una soluzione "peggiore" e "costosa". 
Per questo, se per caso nelle strade di Genova vedessi passare qualcuno con un foglio di raccolta firme per un referendum sulla fiera, non esiterei a firmarlo. Pensateci, genovesi.
(Stefano De Pietro)