mercoledì 24 aprile 2013

OLI 374: SOMMARIO

OLI 374: PAROLE DEGLI OCCHI - 25 aprile 2013, Porrajmos

(Foto di Giovanna Profumo)

Giardini Tiergarten - Berlino: Dettaglio del monumento in ricordo dei cinquecentomila Rom e Sinti uccisi dal nazismo in quello che è definito porrajmos, l'olocausto del popolo gitano.

OLI 374: AMBIENTE - Da Gerbonte al Monte Gottero, i boschi demaniali ai privati contro il degrado

Dal Censimento generale dell'agricoltura 2011
La Regione Liguria avrà pronto, entro luglio, un bando per affidare la gestione dei boschi demaniali ad aziende agricole o cooperative. La superficie regionale coperta da boschi è di circa 375mila ettari, e quasi 7mila sono demaniali: si tratta delle foreste di Testa d’Alpe, Gerbonte e Monte Ceppo nella provincia di Imperia, Barbotina, Cadibona e Deiva in provincia di Savona, Tiglieto, Lerone, La Fame, Monte Penna, Monte Zatta, Le Lame in provincia di Genova, Monte Gottero in provincia di La Spezia. Le aziende private potranno quindi entrare nella gestione di queste aree, sfruttare il bosco ed il sottobosco, facendosi carico della manutenzione delle aree lasciate al degrado.
Le zone boschive liguri soffrono ormai i danni dell’abbandono, che ha interessato precocemente la regione, a partire da prima della seconda guerra mondiale. Gli effetti concreti sono il dissesto idrogeologico, gli incendi boschivi, lo sfaldamento del sistema dei versanti, attuato in passato attraverso i terrazzamenti e una gestione consapevole dei bacini idrografici.
Il Wwf ha reagito dichiarando inconciliabile ed anticostituzionale l’affidamento a privati di un territorio forestale di cui è necessario garantire “biodiversità, protezione dei beni naturali, difesa del suolo, fruizione controllata da parte della collettività” (Il Secolo XIX, 2/4/2013).
D’altra parte, l’assessore regionale all’agricoltura Barbagallo ha motivato la decisione affermando che “Il bosco il Liguria negli ultimi 100 anni è cresciuto del 60 per cento: non servono ulteriori foreste abbandonate, semmai bisogna riportare l’agricoltura nella nostra regione perché un terreno coltivato è un terreno preservato” (Il Secolo XIX, 21/3/2013).
Che il bosco in Italia sia in continua espansione (un bosco povero e degradato, frutto dell’abbandono) è cosa risaputa (vedi anche OLI 262 ). Il censimento generale dell'agricoltura 2011, che ha preso in esame i dati del decenni 2000 – 2010, evidenzia che il settore agrosilvopastorale in Liguria non se la passa affatto bene: è evidente (vedi immagine) come il numero di aziende del settore sia fortemente diminuito - e più che in altre regioni - nell’arco di tempo in esame, così come l’indice Sat (superficie aziendale totale, che comprende campi, boschi canali ecc…), che segna una diminuzione del 39,9 per cento: la più rilevante d’Italia.
Sono legittimi i timori del Wwf sugli abusi che potrebbero verificarsi con la gestione privata, tuttavia l’incuria e l’abbandono attuali non sono le premesse per un idilliaco ritorno alla “Natura” ma le cause del degrado ambientale e della perdita di biodiversità che affliggono la regione: la protezione dell'ambiente non può prescindere dalla conoscenza della sua storia.
(Eleana Marullo)

OLI 374: CITTA' - Boccadasse, l’ultima spiaggia

È un luogo incantato... Con la persona amata è poetico. Consiglio a tutti di farci un salto al tramonto..” Così l’ultimo Tripadvisor  (17 aprile), postato su Boccadasse, dove i genovesi portano gli amici, che arrivano da fuori per godere la vista inaspettata di uno dei più  affascinanti borghi marinari d’Italia, dove lo scrittore Camilleri fa abitare la fidanzata del famoso commissario Montalbano.
Tanti luoghi patrimoni dell’Unesco non reggono il confronto. Ci si va per guardare il mare con le case colorate dei paesini  di Liguria, a pochi passi dalla spiaggia i bambini a tirar pietre nell’acqua sotto gli occhi di nonni o di mamme. Basta il sole e mangi il gelato anche se fa freddo, è un via vai di grandi e di piccoli, che passano il tempo a fare i salti dal muretto per atterrare sul morbido della coltre di pietrine.
“Una  miniportofino nel cuore della city”, lo descrive un altro post e gli Uffici del Commercio hanno pensato bene di concedere ad un ristorante di collocare i suoi tavolini in uno spazio  tale, che gli accessi alla spiaggia e alla piazzetta si sono ridotti della metà.
Dalla Costa Azzurra a Cadaques, nessuno ti impedisce di arrivare al mare: baretti, ristoranti, pub, tutti hanno uno spazio ben definito, mentre  a Genova, nell’unico incantevole luogo che c’è in città, una corolla di tavolini circonda l’arco della spiaggia ed ha ristretto il passaggio a chi scende la mattonata. Proseguendo, dopo i tavolini di quasi un metro di lato con poltroncine da regista, sono posizionati un contenitore dei rifiuti,  legittimamente due cassoni di pescatori, alcune barche ( ma soltanto due hanno il permesso) e quindi per arrivare in spiaggia un varco di tre metri e basta. Una nonna ha protestato, scrivendo al Comune.
Ben vengano attività che animano i luoghi d’attrazione per il turismo. Fanno allegria i tavolini in blu, sono accoglienti, ma s’impedisce di arrivare al mare, è rimasta da un lato soltanto una piccola scala, ora non ci si può più sedere sul muretto le gambe ciondoloni: si è risposto, scherzando ma non troppo, che quelli che arrivano non hanno più l’età per saltare.
Due maestre volenterose hanno portato ieri i loro alunni a Boccadasse, era uno sgusciare impervio, stretti fra zainetti e gambe di tavolini a un palmo di naso e la spiaggia sottostante.
Questa la cronaca del 23 aprile e chi scrive fa un giretto a Boccadasse, interpella un vigile che passava di lì, fa notare la situazione al ristoratore, che asserisce essere tutto regolare, ha già ricevuto un sopralluogo.
Oggi 24 aprile, magia però,  i tavolini sono stati assiepati, allontanati di un metro dal bordo del muretto e dalla scaletta: evviva, è stato lasciato più spazio per potersi sedere di nuovo a ciondoloni!
A pensare male... Non è proprio tutta colpa degli uffici, che comunque pare concedano ad occhi chiusi suolo pubblico, come se un marciapiede o il posto più bello che Genova ha, fossero la stessa cosa, con tutto il rispetto per chi lavora.
Chi abita lì da generazioni assicura che i boccadesini sono sollevati quando c’è lo “sciocu”, il vento di scirocco, così non viene nessuno - peccato! è così bella - e tutti i cittadini ne dovrebbero poter godere.
Dispetto ed indignazione ha sollevato il respingimento da parte della Regione circa la richiesta di mettere una pedana sulla spiaggia per piazzarci tavolini (Decr. R. n.3 del 7/1/2013), mentre altri ambirebbero ad una bella squadra di lettini: in fondo occupano lo spazio di un asciugamano. Ma non tutti hanno i soldi per il lettino e tanti fanno le vacanze in città. E Boccadasse ha un vincolo di paesaggio, è spiaggia libera, è spazio di tutti, è un bene da preservare, forse c'è in giro uno strano concetto di bene comune.
(Bianca Vergati - foto dell'autrice)


OLI 374: ECUADOR - El Presidente in Italia

La bandiera dell'Ecuador accompagna il viaggio ad Assago.
Giovedi 18 aprile 2013 è stata una data importante per la comunità ecuadoriana italiana: il presidente Rafael Correa ha approfittato di un viaggio diplomatico in Germania per "allungare" fino a Milano (ma anche in altre capitali europee) per ringraziare i compatrioti per la percentuale di consenso "de verdad impresionante" che ha caratterizzato l'ultima consultazione elettorale ecuadoriana in Italia.
Solo un italiano al seguito dei due pullman di ecuadoriani "genovesi" che si sono ritrovati alle 14.00 nel punto di ritrovo a Sampierdarena, una nota stonata visto che probabilmente l'invito è arrivato a diversi componenti della politica genovese. Anche ad Assago, comune limitrofo a quello di Milano dove si svolge l'incontro, nel palasport più grande della cintura milanese, è presente solo il sindaco, che all'inizio della manifestazione consegna le chiavi e la cittadinanza onoraria al presidente.
Correa arriva, dopo un po' di attesa costruita in modo teatrale, in mezzo alla gente, scortato da alcuni funzionari della sicurezza, viene letteralmente sommerso di applausi, di strette di mano, di baci e di parole di supporto. Un presidente molto amato, che ha fatto molto per i cittadini che risiedono all'estero, una grande fetta del suo elettorato. Spuntano le magliette del Senami (http://www.migrante.gob.ec/), il servizio governativo di appoggio ai migranti, che offre sostegno alle persone in diverse città in giro per il mondo. In Italia, la comunità ecuadoriana è molto numerosa, una delle maggiori e a Genova in particolare, si contano circa 17mila persone, impegnate nei lavori classici ma che cominciano ad emergere in nuove posizioni attraverso il commercio e la frequenza di corsi di specializzazione.
Correa parla per circa un'ora, parte da lontano, dal paese allo sfascio, con una percentuale di migrazione altissima, che ha deflorato l'economia locale già sinistrata da un debito pubblico contratto durante la dittatura (si veda http://youtu.be/ItvBLtGRPMs). Nel corso del tempo, dice il presidente, le azioni del suo governo hanno permesso di risollevare l'economia, di trasformare lo stato in qualcosa al servizio delle persone, al punto che oggi Ecuador è il terzo paese al mondo per crescita sociale. E a differenza di quanto accade qui, la crescita sociale è l'inizio della ripresa economica. Salute e formazione sono stati i primi due punti presi in considerazione. Oggi, possiamo dirlo, per lo meno sul senso dello stato visto come comunità di persone e non come istituzione aliena al popolo, l'Ecuador può insegnare a molti paesi. Italia compresa.
Per ascoltare l'intero intervento di Correa, si può passare un'oretta di spagnolo ben comprensibile a questo link youtube: http://www.youtube.com/watch?v=PiG-DwPeqjw
Una certezza dopo il ritorno a Genova: Rafael Correa sarà un nome che la storia non dimenticherà tanto facilmente.
(Stefano De Pietro)

OLI 374: POLITICA - Tra imbecilli e mascalzoni

“Se c’è qualcuno che non ho insultato, chiedo scusa!!”. L’urlo di Lucy, che sta girando in questi giorni in rete, ben esprime la frustrazione di molti italiani dinanzi allo spettacolo di impotenza che stanno esprimendo PD e M5S dopo le recenti elezioni: impotenza eclatante quella del Partito Democratico, diviso nelle sue diverse (troppe) anime, ondivago tra la ricerca di una collaborazione di qualche natura con M5S e la conseguente inevitabilità di un abbraccio mortale con il PdL, che si risolva in un governissimo, governo di scopo, o inciucio che lo si voglia chiamare.
Dall’altro lato l’immobilismo de facto di M5S, anch’esso diviso fra chi chiedeva un’apertura di credito al PD (forse minoranza, ma chi lo sa?), ed i duri e puri, chiusi a qualunque ipotesi che non sia un governo a cinque stelle: divisi tra meetup, massima espressione di democrazia (sembrerebbe), diktat del duo Grillo-Casaleggio, e streaming ad intermittenza.
In mezzo noi, io come moltissimi altri, che ci chiediamo prima stupiti, poi imbufaliti, come sia possibile una così enorme lontananza della classe politica dalle nostre emozioni, le emozioni di chi ha implorato il PD di votare Rodotà presidente della Repubblica, di chi ha scatenato l’inferno alla notizia della candidatura di Franco Marini alla massima carica dello Stato: costernati, infine,davanti all’autolesionismo dell'affossamento di Romano Prodi.
Non meno imbufalito mi sento verso M5S, anche se con minor titolo, non essendo stato loro elettore, vedendo i capigruppo Crimi e Lombardi, chiedere, durante le consultazioni con Napolitano I (attenzione, da non confondere con Napolitano II), l’affidamento dell’incarico per formare un nuovo governo al movimento di Grillo, senza indicare un nome preciso, riservandosi eventualmente di dare un nome entro 48 ore. Come pretendere un incarico di fronte ad una tale vaghezza? È facile ora gridare al golpe, o al golpettino, chiamare prima la gente in piazza, poi cercare di frenarla.
Ha ragione Sergio Staino, nella sua vignetta su il Venerdì di Repubblica del 5 aprile scorso? Ironia acre, di fonte PD (prima della catastrofe), ma difficile da non condividere.
Sconsolati, attendiamo senza ansia le mosse del prossimo governo, che dovrà stare ben attento a non contrastare gli interessi finanziario-giudiziari del Caimano, vincitore senza meriti incoronato da autolesionisti, opportunisti, velleitari…
Il giornalista Francesco Merlo, questa settimana conduttore del programma Prima Pagina su Radio Tre, sta usando come leitmotiv quotidiano un aforisma di Gesualdo Bufalino: “Fra imbecilli che vogliono cambiare tutto e mascalzoni che non vogliono cambiare niente, com'è difficile scegliere!”.
Sarà forse eccessivamente manicheo, ma anche tragicamente attuale.
(Ivo Ruello - immagini da  internet e da sergiostaino.it)


OLI 374: POLITICA - Fave e governo

Qualche giorno fa, dal fruttivendolo marocchino, in Via del Campo a Genova: voglio comprare delle fave, il loro aspetto non mi convince troppo. Conosco il fruttivendolo, gli chiedo: "scusi, come stanno le fave?".
La risposta è lapidaria: "così così, ma sempre meglio del vostro governo".
(Paola Pierantoni - immagine da internet)

OLI 374: SCHIAVITU' - A Genova Iqbal ha fatto scuola

(foto di Giovanna Profumo)
Mentre la scorsa settimana parte della classe politica italiana offriva ai cittadini uno spettacolo pietoso, a Genova i ragazzi della compagnia teatrale di Enrica Origo, attrice e maestra elementare, mettevano in scena la storia di Iqbal Masih, bambino, operaio, sindacalista, assassinato per il suo impegno contro la schiavitù infantile, il 16 aprile 1996.
A diciotto anni esatti dalla morte di Iqbal, Genova è tornata Città dei Diritti, dedicando alla memoria di questo stupendo bambino una giornata con tre momenti di riflessione.
Accanto ad Enrica Origo, regista del racconto teatrale, Ehsan Khan sindacalista pakistano che aveva liberato Iqbal dal fabbricante di tappeti che lo teneva schiavo.
Quarantatre bambini - età compresa tra dieci e sedici anni - nella sala del Munizioniere di Palazzo Ducale, hanno dato voce alla breve e coraggiosa esistenza di Iqbal, una vita incatenata al lavoro per riscattare un debito contratto dal padre.
In un mondo possibile, l’assassinio di un dodicenne viene raccontato dai suoi coetanei che, attraverso il
(foto di Giorgio Bergami)
teatro, si sono fatti portavoce di migliaia di altri ragazzi schiavi del mercato globalizzato.
Come vediamo il sole e la luna – ha detto Ehsan Khan a Palazzo Tursi - possiamo riconoscere il problema della schiavitù dei bambini, chiedendoci da dove provengano caffè, banane, diamanti, abbigliamento, succhi di frutta, cellulari, computer, cotone.
Ehsan Khan ha ricordato la campagna promossa contro i prodotti Apple e contro Al Gore vincitore di un Premio Nobel ipocrita che, secondo il sindacalista pakistano, andrebbe restituito alla luce del ruolo che lo stesso Gore riveste nella compagnia informatica.
Khan ha, poi, chiesto ai presenti alla conferenza pomeridiana a Palazzo Tursi: Pensate davvero di non avere schiavi? Chi di voi ritiene di non avere schiavi? Ed ha segnalato iniziative ed inchieste promosse dai sostenitori della Global March Against Child Labour e della Slaveryfootprint che, attraverso la rete, favoriscono la crescita di una maggiore consapevolezza di quello che l’infanzia subisce nel mondo.
(Giovanna Profumo - Foto di Giorgio Bergami e dell'autrice)

Pubblichiamo di seguito il testo dell'intervento di Camillo Arcuri su Iqbal, che è stato letto da Enrica Origo in occasione della conferenza.

OLI 374: TEATROGIORNALE - Il presidente degli Stati Uniti


Usa, lettera con sostanza velenosa recapitata a Obama

[Il Teatrogiornale è un racconto di fantasia liberamente tratto dalle notizie dei giornali]


Sono le sei e quindici, il Presidente degli Stati Uniti è già sveglio, sta facendo colazione: succo d’arancia, caffè, pane tostato con prosciutto. Sta leggendo sul suo Ipad la rassegna stampa che il suo staff ha già ridotto. Ridacchia. Fratelli Craxi: “Se papà capo dei ladri, Amato vice-ladrone”.
-Italiani- pensa il Presidente e annusa la sua tazza di caffè, – se non esistessero bisognerebbe inventarli.-
Nel suo staff c’è qualcuno che vuole distrarlo da: “No del Senato. Obama: giorno vergognoso”.
Michelle è entrata in cucina, ha i bigodini in testa.
Squilla il telefono. Il Presidente risponde. Posa la tazza. Guarda la moglie e dice:
-Chiama le ragazze.
Michelle rimane ferma a guardare suo marito. Poi si gira e corre su per le scale. Mentre sale chiama Carmela. C’è una valigia in ogni armadio, una piccola valigia grigia. La valigia per l’ora x. La Clinton le aveva detto di prepararla. Una valigia scaramantica da utilizzare in caso di attacco agli Stati Uniti D’America e di evacuazione della famiglia presidenziale in un luogo sicuro. Tutte le quarantaquattro mogli dei quarantaquattro presidenti degli Stati Uniti ne avevano una nell’armadio.
Le ragazze sono vestite, l’elicottero militare è atterrato. Schermandosi con le braccia e protetti dagli uomini della scorta la famiglia presidenziale sale. Le ragazze vengono messe in fondo all’elicottero, il Presidente e la moglie nella parte anteriore. C’è un protocollo che tutti conoscono a memoria e che tutti eseguono meccanicamente. Michelle guarda suo marito e aspetta. Devono attendere qualche minuto. Tutti i cellulari e i computer non sono più considerati affidabili. Tra qualche istante verrà stabilita la linea rossa.
-Un bicchiere d’acqua, per cortesia.
Chiede il Presidente a un soldato che gli sta vicino. Questo rimane immobile. Forse non ha sentito. Il rumore dei motori è forte. Il Presidente si gira verso un’altro soldato che sta in piedi vicino alla moglie.
-Soldato, è possibile avere un bicchiere d’acqua?- dice il presidente alzando la voce.
I soldati non fanno segno di aver sentito e rimangono immobili a guardare dritto davanti a loro.
Il Presidente si guarda attorno, in cinque anni non gli era mai capitato che qualcuno non eseguisse i suoi ordini. Persino da Senatore c’era sempre qualcuno pronto a dargli il suo bicchiere d’acqua. Lui beve tanto, bisogna bere tanto.
‘E un momento tragico per il paese. Si alza, guarda i soldati.
-Grazie a tutti voi per l’aiuto che date a me e a tutta la nazione.
Nessuno lo guarda o fa segno di averlo sentito. Il presidente osserva le facce dei soldati. Ci sono solo soldati bianchi. Dritti nelle loro uniformi, armi alla mano. Nessuno lo guarda. Sono tutti bianchi.
Il Presidente fa un passo avanti per uscire nel corridoio tra le poltrone.
Un soldato gli sbarra la strada col mitra.
Il Presidente guarda la moglie che lo guarda.
L’elicottero si alza in volo.


(Arianna Musso - foto da internet)

giovedì 18 aprile 2013

OLI 373: SOMMARIO

OLI 373: PAROLE DEGLI OCCHI - Assolibro, veglia per una libreria

Fotografia di Giovanna Profumo
18 aprile 2013. Ore 17.40, Genova, via San Luca, Assolibro. Arrivano i tamburi. Una libraia scoppia a piangere. La gente vaga tra gli scaffali. Marta Vincenzi passa davanti alla libreria, sorride e va oltre.
"Contro la chiusura di Assolibro e l'apertura di Mac Donald".
I tredici musicisti suonano i tamburi. La gente applaude. Un "bravi".
 I libri ormai sono già resi.

OLI 373 - CITTA': L'ultimo stadio e il patron della Samp

“Perché, vede, noi abbiamo una tradizione in città, noi rappresentiamo qualcosa che quelli del Genoa non hanno, non c’è la cultura, non potremmo fare uno stadio con il Genoa, il nostro è un brand da difendere... per restare in serie A”  sottolinea il figlio di Edoardo, durante  il buffet offerto ai Consiglieri dopo la Commissione-fiume, in cui è stato presentato il progetto Stadio in Fiera.
Comprensibile l’incompatibilità con la squadra rivale di sempre, non si capisce però la storia della serie A, non è che la Sampdoria brilli: e comprare qualche giocatore in più? direbbero i tifosi, anche loro presenti tra il pubblico di Sala Rossa, pazzi per uno stadio tutto Samp come per il Manchester, l’Arsenal, la Juve.
Il progetto è interessante, non si evidenziano però operazioni finanziarie da capogiro, come per  il nuovo impianto dell’Arsenal: emessi persino dei bond per 250 milioni sterline, occupati 24 ettari di una fabbrica dismessa, edificati migliaia di appartamenti, bar, ristoranti al posto del leggendario stadio Highbury di Londra.
Sono altri numeri, milioni di sterline e giri di sceicchi.
E perché noi no? Il gruppo Union Calcio Sampdoria accarezza l’idea, è un fatto che con gli stadi nuovi i grandi club europei stanno guadagnando parecchio, pure la Juventus, con un aumento di quasi il 12 per cento di abbonamenti e del 30 per cento di ricavi. Nessuna intenzione speculativa, sottolineano.
 L’iniziativa nasce su input del disegno di legge per gli stadi, presentato ma non approvato che, con  generose agevolazioni, cercava di risolvere l’annoso problema dell’impiantistica di proprietà pubblica: anche a Genova abbiamo un problemino, perché Genoa e Samp fanno a gara a chi paga per ultimo l’affitto di Marassi; spesso interviene la Carige.
L’Union Club Sampdoria nella sua brochure di presentazione, distribuita ai Consiglieri comunali, elenca sette buoni motivi per fare lo Stadio in Fiera e li citiamo in ordine: miglioramento della sicurezza contro la violenza negli stadi, qualificazione dell’impianto come polo sociale e culturale, diminuzione dei costi per la collettività con la riduzione di spese di manutenzione, nuove opportunità occupazionali, riqualificazione urbana, ambientale e territoriale, diversificazione delle forme di ricavo della Società, maggiore competitività dello sport italiano.
Alcuni si commentano da sé, su altri si potrebbe discutere. Su tutti però il tema del lavoro: un migliaio di edili impegnati, mentre, ad opera finita, i lavoratori saranno tra le 15 e le 30 unità. Cifre da sballo.
Per contro la Società potrebbe avere "un riequilibrio delle voci del conto economico e, in ragione della titolarità dell’impianto, la conseguente patrimonializzazione": bel colpo, si tratta delle aree più pregiate di Genova, in riva al mare e in centro città, valutate sui venti milioni di euro dalla presidente di Fiera Armella, che intanto vuole mandare a casa 31 su 54 lavoratori e un indotto di quasi cinquecento piccole imprese.

E’ sulla crisi di Fiera che conta la Sampdoria, sui conti che non tornano per il Comune, principale azionista?
Sorvolando pure sull’impatto paesaggistico di uno stadio piéd dans l’eau da trentamila posti e mille parcheggi, ci si chiede perché farlo proprio lì. Di certo fa gola anche l'eventuale saldo dell’ex palazzo Nira-Ansaldo e qualche immobile del Comune nei dintorni. In cambio si avrà un modesto palazzetto dello Sport per altre discipline, alto circa trenta metri, al posto della ariosa tensostruttura; un po’ di centro commerciale che non guasta mai. E sperando nei nuovi accessi di ponente, che si otterrebbero tirando giù 500 metri di fine sopraelevata per arrivare direttamente in Fiera (costo un milione al metro, fonte Autostrade), trentamila persone si riverserebbero nell’arco di poche ore in un luogo già intasato.
 Ma l’interesse pubblico qual è?
Il disastro è che non s’intravede proprio una visione di potenzialità economico-lavorative per la città, ma soltanto un progetto dall'utilizzo alterno, rivolto essenzialmente ai tifosi e non per attrarre turismo, forse la nostra ultima speranza. 
(Bianca Vergati - immagine da internet)

OLI 373: PALESTINA - Samer Issawi, in fin di vita per la libertà

In occasione della giornata internazionale di solidarietà con i detenuti politici palestinesi del 17 aprile, riportiamo il discorso del prigioniero Samer Issawi, da 8 mesi in sciopero della fame, che nonostante sia in fin di vita per le sue condizioni fisiche, continua a lottare contro la repressione israeliana. Il 20% della popolazione palestinese residente nella West Bank è stata arrestata almeno una volta, in questo momento ci sono 4700 prigionieri nelle carceri israeliane rinchiusi in celle di pochi metri quadrati in cui vivono in media 30 detenuti ammassati in condizioni igieniche nulle. Per questo i prigionieri ammalati continuano ad aumentare e continuano a non ricevere alcuna assistenza sanitaria. I prigionieri palestinesi vengono sottoposti in maniera sistematica ad atroci torture sia fisiche che psicologiche.
Chi esercita maltrattamenti e torture ha l'assoluta impunità anche se si tratta di personale sanitario le cui azioni entrano in conflitto con l'etica medica.
Israele utilizza una struttura giudiziaria arbitraria che consente l'arresto e la detenzione in carcere senza processo e senza la presenza di un avvocato su individui dai 12 anni di età. E' partita una campagna internazionale organizzata dalle associazioni per i diritti umani contro la detenzione amministrativa.
 La detenzione amministrativa è una tattica usata per detenere i palestinesi a tempo indeterminato senza mai portarli in giudizio. L'uso che Israele fa della detenzione amministrativa viola diverse norme internazionali: deportazione dei palestinesi da Israele ai territori occupati, la negazione delle visite regolari dei parenti ed avvocati, la non considerazione dell'interesse superiore dei bambini detenuti come richiesto dal diritto internazionale.
(Maria di Pietro – Immagini da internet)
Per leggere il discorso di Samer Issawi clicca su: continua a leggere

OLI 373: CITTA' - Maddalena on the Road

Sabato 13 Aprile 2013 si è svolta Maddalena on the road: commercianti, abitanti, artigiani, accompagnati da un gruppo di attori, musicisti e clown, hanno invaso il quartiere per cercare di restituirgli la vita. Anche le attività dei negozi si è svolta in strada.
E' da qualche mese ormai che il Civ della Maddalena, l'associazione A.Ma. e il Formicaio, sostenuti da altre realtà del quartiere, animano i sestriere ogni secondo sabato del mese.
Galleria fotografica di Paola Pierantoni, Giovanna Profumo, Ivo Ruello


OLI 373: POLITICA - Les Misérables, tra maschile e femminile

Il suo nome per un po’ è girato, poi non più. Ora siamo molto - e drammaticamente - oltre.
Comunque può essere interessante tornare brevemente sull’episodio che ha coinvolto nei giorni passati Anna Finocchiaro, il suo carrello della spesa, e il ‘miserabile’ Renzi.
Il sindaco rampante aveva messo insieme con strumentalità due categorie incomparabili, e cioè le qualità necessarie ad essere una buona presidente della Repubblica, ed un episodio di scarsa importanza: essersi, la Finocchiaro, fatta aiutare a trasportare un carico Ikea da persone della scorta, con cui si può immaginare abbia sviluppato un sufficiente grado di consuetudine e confidenza da rendere questo atto nulla più che un normale episodio di gentilezza.
Lei, ahimè, ha reagito senza misura, usando parole - miserabile, inaccettabile, ignobile - che andrebbero usate in ben altre circostanze, se vogliamo che le parole abbiano un senso.
E’ questo, e non il carrello, che la dimostra inadeguata.
Sono giorni e giorni e giorni che incontrando amiche ed amici ci scambiamo sguardi sempre più disperati per l’orrenda gestione di questa crisi, e tutto questo delirio mi conferma che non c’è speranza nelle modalità maschili di esercitare il potere; ma per le donne la strada di praticarlo senza adeguarsi ai riti maschili (comportamenti, linguaggi, strategie) resta ancora irrisolta e sostanzialmente inesplorata.
Su questo nodo cruciale e complesso molte donne, da molti anni, discutono, pensano, scrivono; ma questo universo di pensiero femminile pare ancora drammaticamente separato da quello delle donne che percorrono le strade del potere, che pare non abbiano il tempo per pensarci su, per parlarsi tra loro, per trovare la forza di offrirci, collettivamente, un'alternativa.
Anche in queste ultime ore le vedo isolate e disperate, o conniventi e subordinate.
(Paola Pierantoni - Immagine da internet)

OLI 373: CITTA' - Una marcia contro il cemento, a Genova il 21 aprile

Disegno di Guido Rosato
Una marcia contro il cemento e a favore della tutela e valorizzazione dei suoli agricoli; una manifestazione contro la speculazione edilizia e a favore del paesaggio come risorsa anche economica; un corteo colorato di nero e giallo (come le api), che collegherà due luoghi simbolici di Genova, l’Acquasola, dove è stato sventato uno degli scempi più inauditi in un giardino pubblico storico, e Valletta Carbonara, dove negli antichi orti dell’Albergo dei Poveri un simile pericolo non è ancora scongiurato.
L’evento, che non conosce precedenti a Genova, è la ‘Marcia per la Terra’, proposta dal coordinamento genovese di ‘Salviamo il paesaggio’, e organizzata insieme alle associazioni sotto elencate, nel capoluogo ligure domenica 21 aprile, in concomitanza con analoghi eventi promossi in Piemonte, Lazio, Veneto, Puglia, Sicilia e dagli altri coordinamenti locali del Forum nazionale Salviamo il paesaggio, per celebrare l’Earth Day, la Giornata Mondiale per la Terra promossa dalle Nazioni Unite.
L’obiettivo è dire STOP! al consumo scellerato di suolo che nei decenni ha devastato il capoluogo ligure e l’intera regione, compromettendo in modo irreversibile il paesaggio e i naturali assetti idrogeologici del territorio, con le drammatiche conseguenze che tutti conoscono: devastanti alluvioni come quelle del 2010 a Sestri Ponente e del 2011 in via Fereggiano e nello spezzino, incendi boschivi e frane, ultima quella drammatica di via Ventotene, che ha riportato alla memoria la tragedia della non lontana via Digione a fine anni ’60, quando la città aveva già iniziato ad essere brutalizzata dal cemento.
Guardando a un orizzonte semplice ma apparentemente ambizioso quale la salvaguardia del pianeta Terra, la manifestazione intende sottolineare la necessità di conservare le risorse naturali e i suoli agricoli e fertili, fermando il consumo indiscriminato di suolo.
Per restare a Genova e provincia, l’elenco dei casi di cementificazione realizzata o minacciata, in alcuni casi sventata con grandi mobilitazioni, è infinito: dai progetti di parcheggi spuntati ovunque (dopo l’enormità dell’Acquasola ci sono stati fra gli altri Salita della Misericordia, le Caravelle di piazza della Vittoria, il Bosco Pelato a San Fruttuoso, Nostra Signora dell’Orto in pieno centro storico di Chiavari), alle edificazioni in zone di alto pregio paesaggistico o storico (Valletta Carbonara, l’ex scalo ferroviario di Camogli e l’ex Mercato di corso Sardegna, per non parlare dell’ex Ospedale psichiatrico di Quarto, monumento su cui incombe una gigantesca speculazione).
IL PROGRAMMA DELLA MARCIA: MUSICA, BAMBINI E MERENDA CON I CONTADINI DI VESIMA
La marcia partirà alle 14 dai giardini dell’Acquasola e approderà ai Giardini Pellizzari (circonvallazione a monte, sopra l’Albergo dei Poveri e Valletta Carbonara) intorno alle 16.

http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/marcia-per-la-terra-in-liguria/

OLI 373: GENERAZIONE PRECARIA - Io voglio restare, a Roma il 21 aprile

Vogliono un progetto di paese e non un paese a progetto.
Si incontreranno domenica 21 aprile a Roma, alle ore 10 per una giornata di discussione e confronto per organizzare le prossime mobilitazioni, radicare la campagna, organizzare l'impegno con maggior forza e determinazione.
A chi fosse interessata/o a partecipare chiedono di scrivere per  facilitare l'organizzazione di eventuali trasporti e regolarsi per la capienza della sala. Di seguito il testo della loro inziativa

In queste lunghe settimane post-elettorali, i temi reali della crisi, della mancanza di lavoro e welfare, dell'impoverimento di parti sempre più ampie della popolazione, sembrano spariti dalla scena. Il giorno dell'insediamento del nuovo parlamento, il 15 marzo scorso, mentre un turbinio di calcoli parlamentari e numeri di seggi invadeva i quotidiani, ci siamo presentati davanti a Montecitorio a Roma, davanti alla torre pendente a Pisa e in piazza del Plebiscito sempre a Roma per far presente a tutti la quota drammatica dell'unica vera maggioranza nel paese: il 38,7% di giovani disoccupati.
L'urgenza della nostra situazione è evidente a chiunque si guardi intorno, fuori dalle aule dei palazzi: un'intera generazione è priva di ragionevoli prospettive di lavoro e di vita dignitosa, in questo paese come nelle altre aree maggiormente colpite da crisi e austerity, come l'iniziativa dei nostri coetanei spagnoli di Juventud Sin Futuro "No nos vamos, nos echan" ("non siamo noi che ce ne andiamo, sono loro che ci cacciano") ci ha ricordato.
Una situazione che, come abbiamo sempre detto, ci preoccupa ma non ci spaventa. Eravamo e siamo pronti a metterci al lavoro per costruirci un futuro, a cambiare il paese per non dover cambiare paese. Nei quattro mesi che ci separano dal nostro primo incontro nazionale, lo scorso novembre a Firenze, il nostro percorso ha iniziato a radicarsi: le 10 proposte "un progetto di paese o un paese a progetto" che abbiamo presentato alla politica durante la campagna elettorale hanno riscosso interesse e attenzione, e tanti comitati territoriali sono nati e stanno iniziando a darsi da fare, ognuno nella propria città. Ora è il momento di rilanciare, scegliendo, in forma pubblica, aperta e partecipata, la strada da seguire.
Quali sono gli strumenti migliori per organizzare i disorganizzati e renderci tutti più forti? Come possiamo costruire, insieme ai tanti altri che come noi si pongono questi interrogativi, un terreno comune di mobilitazione, analisi e proposta su precarietà, welfare, abitare? Quali pratiche mutualistiche siamo in grado di mettere in campo già da oggi, come strumenti di cambiamento dal basso della nostra società? Come possiamo far superare alla nostra battaglia i confini nazionali e affrontare i nodi dell'Europa, della crisi e dell'austerity? Quali idee siamo già capaci di proporre e realizzare per mettere saperi e conoscenze al servizio dell'innovazione e del cambiamento? 
Per discutere di tutto questo, come deciso nell'incontro di febbraio, ci ritroveremo tutti insieme a Roma il 21 aprile, per un nuovo momento di discussione e partecipazione, dal quale poter ripartire mobilitando tutte le idee e le energie a nostra disposizione.
LE NOSTRE PROPOSTE PER CAMBIARE IL PAESE


OLI 373: TEATROGIORNALE - Maschere in una città che muore

Dal fattoquotidiano.it: Comuni in rosso, i cittadini di Alessandria a Montecitorio: “La città così muore”

 - Stiamo camminando tra le strade di una città che fu. La guida ha un ombrello alzato, dietro i croceristi camminano in fila per due, macchine fotografiche e adesivi SMC. A fianco le guardie giurate scortano il gruppo.

 - Questa città è pericolosa? Chiede una grassa cinese con i capelli biondi che escono da un cappello di paglia.

 - No signora, è che in questi paesi decaduti non si sa cosa può succedere. Gli abitanti sono perlopiù impauriti e rimangono chiusi nelle loro abitazioni, ma non bisogna abbassare la guardia. Un tempo questa città era ricca, è stata la prima città che ha venduto una strada, via Garibaldi, al governo Indiano aprendo così il “mercato delle città”. Finché era solo via Garibaldi gli abitanti potevano passare per altre strade o carrugi, come le chiamano qui le strade strette. In breve la situazione era diventata ingestibile: sembrava che tutto il modo volesse accaparrarsi un pezzo d’Italia.
A furia di vendere strade, per ripianare i debiti del comune, le case private sono diventate delle prigioni, gli abitanti non potevano più uscirne, pena multe salatissime. La legge del 2015 ha dato la possibilità di passaggio sulle strade, non più pubbliche, solo indossando abiti tradizionali.

Ecco, potete ammirare alla vostra sinistra una Colombina con un Pulcinella insieme a un piccolo putto alato.
Sull’altro lato del marciapiede una famiglia in abiti sintetici e colorati sta litigando.

 - Osservate l’uso delle mani, gli Italiani hanno una gestualità esasperata, il teatro nel sangue. Se fate silenzio potete ascoltarne la lingua, un canto.

Il Pulcinella alza il braccio destro e stringe le dita, rivolto verso la Colombina in lacrime:
 - Ma che cazzo vuoi?
 - Che bello, possiamo dare qualche spicciolo all’angioletto? - chi parla è una Turca dallo smalto verde con degli Swarovski.
 - Signora, aspetti che la guardia li chiami. La guardia fa segno al Pulcinella di avvicinarsi.
Pulcinella smette di urlare e fa segno alla donna di andare dalla fila di turisti col bambino alato.

La Colombina saluta e ringrazia aprendo il grembiule mentre il bambino passa tra le signore a raccogliere Yen, Lire Turche, Dollari e per gettarli tra le gonne della mamma.

Il Pulcinella si toglie il cappello e declama:
 - Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita.
I turisti applaudono, la guida fa segno alle guardie di allontanare la famiglia Pulcinella.

Sono ancora in Via Balbi e devono arrivare a San Lorenzo prima di pranzo per la performance dell’orchestra del Carlo Felice, ormai ridotta a orchestra di strada.

La moglie della guida è il primo violino, i turisti non devono finire tutti i soldi con i Pulcinella, gli Arlecchini e i Pantaloni improvvisati che incontrano.
Suoneranno Vivaldi, la primavera. I brasiliani l’adorano. Genova, la sua città, una città che fu.

E da qualche parte risuonano le parole del poeta: Genova palpitante. Mio cuore. Mio brillante.
 (Arianna Musso - foto da internet)

giovedì 11 aprile 2013

OLI 372: PAROLE DEGLI OCCHI: Rapallizzazione genovese

(Crollo di Via Ventotene, Genova - Foto di Sandro Lorenzetti)

OLI 372: URBANISTICA - Corso Italia, la fuffa certificata delle spiagge libere

Nel marzo 2012 l’assessore al Demanio Farello della Giunta Vincenzi annunciava con toni trionfali novità importanti per l’estate, in particolare per Corso Italia - “la parte di litorale più in sofferenza” ammetteva - dove ci sarebbe stato un aumento del 20% di spiaggia libera con l’ampliamento di spazi già pubblici fra S. Nazaro e Punta Vagno e fra i bagni Squash e Capo Marina con la riduzione di spazi in concessione, togliendo pure un po’ di cementificazione.
Inoltre si sarebbe potuto mettere la barca in mare senza pagare su quattro nuovi scali fra Nervi e Punta Vagno e chiunque avrebbe potuto fermarsi gratis per fare il bagno, perché “La battigia si allargherà e dovrà avere una profondità non inferiore ai dieci metri per consentire sosta gratuita per la balneazione”, affermava.
Evviva, finalmente. Il Pro.u.d., Progetto di Utilizzo del Demanio, licenziato dal Consiglio Comunale, prevedeva il nullaosta della Regione entro un paio di mesi. Gli uffici regionali però, hanno prodotto le loro osservazioni soltanto a gennaio di quest’anno e con qualche sorpresina niente male.
 Innanzitutto è stata smontata la tesi che a Genova si ottemperi alla legge regionale che prevede il 40% di spiagge libere, dove si dichiara di arrivare oltre il 54%, compresi gli scogli, come sottolineato dall’allora assessore.
Nell’incontro del 5 marzo 2013 fra Municipio Medio Levante e gli uffici comunali  è uscita invece una percentuale assai diversa per il litorale fra Boccadasse e Punta Vagno: le spiagge libere arrivano ben all' 11%! Come mai? Semplice: la Regione ha chiesto di “eliminare tra le aree libere quelle dichiarate non accessibili o non praticabili, ...foci di torrenti, scogliere impraticabili... ed integrare ...dettagliato Municipio per Municipio..” (Decreto n.3 del 7/1/2013). Ovvero di considerare i tratti liberi e accessibili per ogni porzione di costa, cioè per corso Italia, Quarto, Quinto, ecc.
Il computo era stato invece redatto in maniera complessiva. Non solo. Si sono messi nel conto il tratto di spiaggia libera della Marinetta , che sarà interessato dal miniscolmatore del Fereggiano, rio che sfocia proprio a metà di corso Italia, la nuova spiaggetta della Motonautica, con accesso chiuso dai cancelli del club, e pure la nuova spiaggia che ancora non c’è accanto al depuratore.
Il Progetto presentato “non risolve efficacemente il nodo della carenza di spiagge libere e libere attrezzate nel litorale cittadino con particolare riferimento a Corso Italia...” dichiara la Regione, che per contro ha stralciato “la previsione di una fascia intermedia tra le concessioni e la battigia, utilizzabile liberamente e in cui è permessa la sosta per la balneazione... in quanto costituisce una modifica e una servitù ai concessionari balneari. E ci si arriverebbe fra cancelli e barricate soltanto piedi in acqua dalla spiaggia libera di S.Giuliano, aggiungiamo noi: un aiutino ai balneari tanto perseguitati, alcuni dei quali sono anche in causa per i canoni giudicati troppo elevati, poveracci.
 Come clou dell’incontro alla richiesta di aprire gli stabilimenti Comunali tutto o parte dell’anno, come propone la nuova L.R di febbraio 2013, viste le perdite finanziarie della partecipata del Comune, la risposta dei Bagni Comunali ( con presidente in scadenza mandato) è stata: “ci sono problemi di personale”. Peccato che pochi giorni dopo in Consiglio Comunale l’assessore al Bilancio abbia dichiarato che per i due stabilimenti comunali ci sono in organico trentasette bagnini ( Mercantile, 21/3).
(Bianca Vergati - disegno di Guido Rosato)

OLI 372: COMUNE - Conoscete l'Aspl?

Il logo della Aspl di Genova
E' uno di quegli acronimi che fa annodare la lingua: aessepielle, ossia l'Autorità per i servizi pubblici di Genova, un organismo in seno alla macchina comunale, ma indipendente, che vigila e controlla sull'applicazione corretta delle norme nei servizi pubblici.
Il nome un po' altisonante racchiude in realtà una struttura operativa molto esigua, che lentamente cerca di farsi vedere dai cittadini con scarsissimi risultati, anche tra le file comunali stesse. Al punto che il Movimento 5 Stelle propone in Consiglio comunale la realizzazione di un registro pubblico delle lamentele, che non passa per un soffio, senza che nessuno - né della giunta, né degli uffici, né degli altri gruppi politici  - abbia fatto notare che sul sito dell'Aspl tale cosa esiste già. Quindi, alla fine, che fa l'Aspl?
La pagina del registro della segnalazioni
Nella settimana prepasquale arriva la commissione consiliare per la relazione annuale sull'attività dell'Aspl, con l'intervento del Prof. Benedetti e del Prof. Cuocolo, oltre al risultato di un anno di lavoro, anche una serie di problemi riscontrati tra mancanza di personale e lo scarso interesse del Comune nello sviluppo del servizio. Al punto che dopo alcuni anni di tentativi per avere una pagina istituzionale sul sito comune.genova.it che avesse una visibilità sufficiente, decidono di registrarsi un loro dominio (asplgenova.it) e di iniziare su quel nuovo sito il contatto con i cittadini e le altre parti della macchina comunale. Si lamentano anche della mancanza d'interesse del Comune nel pubblicizzarne l'esistenza, a differenza di alcune partecipate molto attive, e si dichiarano disponibilissimi ad una collaborazione con chiunque intenda valorizzarne i servizi.
Tra le proposte che sarebbe interessante mettere sul tavolo di una collaborazione, sicuramente un cambio di nome: "Autorità" è una parola che certamente non favorisce nel cittadino l'idea di qualcosa di suo, a disposizione per segnalazioni e proposte. "Servizio di controllo" certamente sarebbe più adatto, facendo sentire le persone partecipi di un'attività utile e quanto mai necessaria.
Davvero iniziale il registro delle segnalazioni (vedi immagine), però realizzato in modo semplice da usare e rispondente a quel minimo di trasparenza che scarseggia altrove. Resta da verificare quanto la presenza dell'Autorità possa influire sui veri processi decisionali del comune e delle sue controllate. Ad esempio, potrebbe essere di grande utilità far confluire tutte le segnalazioni su questo sito, per poi distribuirle ai vari organi di controllo specifici, in modo che l'Aspl possa sempre avere il polso della situazione, invece che attendere che un cittadino stufo dei silenzi "dell'altra parte", alla fine scopra l'esistenza dell'Autorità e cominci ad usarla.
(Stefano De Pietro)

OLI 372: COMUNE - Marco Doria e il giardiniere

Ha continuato a postare su youtube, con una certa regolarità, la rubrica “La settimana del sindaco”.
Pare un po’ il diario di bordo del comandate Kirk di Star Trek.
Nei suoi video parla di infrastrutture, collegamenti ferroviari con l’entroterra, cantieri da concludere.
Ricorda la necessità di maggiori risorse, sia pubbliche che private. Richiama l’impegno per una politica alta. Borzoli e la soluzione del transito dei mezzi pesanti sono uno dei problemi che Doria vuole affrontare.
Il sindaco parla anche dei dieci saggi nominati da Napolitano criticando, tra le altre cose, la mancanza di presenze femminili nel gruppo.
Doria ha a cuore la tutela del territorio, il risanamento idrogeologico, la lotta alla diseguaglianza, il lavoro. Chiede al Movimento Cinque Stelle di farsi promotore, insieme alla sinistra italiana, della volontà di cambiamento, che significa assunzione di responsabilità.
In tutti i suoi interventi su youtube c’è una riflessione su quello che manca e su quello che si dovrà fare. Marco Doria trova spazio anche per parlare del difficilissimo bilancio 2013 del Comune di Genova – che deve essere fatto entro il 30 giugno - e dei tagli brutali delle risorse dei comuni fatte dai governi Monti e Berlusconi; ricorda al cittadino che la tutela dei servizi pubblici essenziali e delle fasce deboli della popolazione devono essere le priorità.
Richiama il senso di responsabilità in cui “tutti, tutti” devono fare la loro parte.
C’è bisogno, dice, di un governo e di una maggioranza che mettano in condizione i comuni di avere qualche risorsa in più per fare dei bilanci civili.
Tutte parole sacrosante. Ma perché Doria appare così distante e solo? E cosa ne è stato della ricchezza di energie che l’avevano sostenuto in campagna elettorale? Cosa succede ai consiglieri comunali eletti nella sua lista? Cosa ne è della spinta arancione?
Un punto nave con chi l’ha sostenuto in campagna elettorale e con chi l’ha votato oggi è necessario. Doria si metta in ascolto, come aveva fatto in campagna elettorale, di comitati e cittadini, uscendo da un consiglio comunale che pare solo un bollettino di guerra. Trovi uno spazio per incontrare le persone e faccia manutenzione alla sua idea di città. Anche sul tetto di Palazzo Albini, nei giorni scorsi, è apparso un giardiniere. Marco Doria faccia come lui.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)

OLI 372: TEATROGIORNALE - La professoressa di matematica

Da Repubblica.it - Ad Auschwitz saresti stata attenta

La professoressa entra in classe. Nessuno se ne accorge. E' una terza, trenta sedicenni in piena crisi ormonale in uno stanzone dalle pareti un tempo bianche, le loro voci rimbombano e si accavallano. Una ragazzina ride sguaiata, i suoi acuti sbattono contro i muri e ritornano frammentati, impastati con la voce da basso di un ragazzo grasso che, dieci banchi più in là, gioca con il telefonino, un compagno si lamenta. I due marocchini sono seduti sui banchi e parlano sottovoce ma fitti. Una sgualdrinella è sotto un banco e sorride, emula di qualche altra sgualdrina televisiva. Le finestre sono alte, un vetro è sostituito da un cartone. Le luci a neon. La puzza. Gli adolescenti si immergono in profumi dolciastri per nascondere la puzza. E mutande, ombelichi, omeri, sterni, polpacci, calcagni, nuche, cosce. La professoressa socchiude gli occhi e stringe il suo manganello immaginario. E' un manganello speciale, dà scariche elettriche. I bidelli sono già in posizione agli angoli della classe, dalle finestrelle rialzate si scorgono solo le canne dei mitra. Basta un suo cenno per far rotolare a terra quei corpi schifosi. Un'ecatombe. No, meglio, lei deve alzare una mano e indicare la prima vittima, un colpo, uno solo, colpirà Giorgio, diciassette anni, ripetente, quello che gli ha dato della “vecchia rincoglionita” dopo un tre. Lo colpirà alla tempia destra e il proiettile uscirà da quella sinistra, lui strabuzzerà gli occhi e sputerà sangue sulla faccia butterata di pircing di Jennifer. Poi cadrà dal banco su cui è seduto e in classe regnerà finalmente il silenzio. Ventinove galletti smetteranno di parlare, la guarderanno finalmente, guarderanno lei, la professoressa di matematica. La riconosceranno.
Lei farà un cenno, loro capiranno che devono alzarsi in piedi.
Lei si metterà davanti alla cattedra e loro, all’unisono, urleranno: “Buongiorno Signora professoressa”. Lei farà segno che debbono sedersi. Loro si siederanno senza fare rumore con le sedie.
Un cretino dal pizzo verde apre la finestra facendo tremare i vetri ancora attaccati, lancia uno zaino. Siamo al terzo piano. La professoressa spalanca gli occhi e urla: “Sparate!”. La classe smette di vociare, la guarda, la riconosce e scoppia a ridere.
La professoressa socchiude gli occhi e stringe il suo manganello immaginario, quello che dà le scosse elettriche e inizia la sua danza: colpisce prima il ragazzetto dal pizzo verde che, avuta la scossa, stramazza al suolo con convulsioni e vomito, poi è il turno di quello grasso che gioca al cellulare, poi di quella che le corregge le equazioni alla lavagna.
La professoressa si siede dietro la cattedra, posa il registro. Prende il pennarello e va alla lavagna. Disegni osceni, cuori, parole in libertà. Posa il pennarello, prende il cancellino, cancella la lavagna, riprende il pennarello, inizia a scrivere le sue equazioni alla lavagna. Mentre è di spalle sogna che un vetro salga, la divida da quelle bestie urlanti. E in quella gabbia di vetro si oda un FSHHH, del vapore bianco saturi l’aria. Suona la campanella. La professoressa di matematica va alla cattedra, prende il suo registro, mette in borsa il pennarello, il manganello immaginario ed esce dalla classe.
(Arianna Musso - foto da internet)