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venerdì 17 aprile 2015
mercoledì 29 ottobre 2014
OLI 416: CGIL - A Roma il Nidil diventa grande
Corre come una maratoneta e tiene alta la bandiera quasi fosse la fiaccola olimpica.
C’è chi sorride al suo passaggio – Ma che ci fa qui? – E’ impazzita! – osservano alcuni
Lei si chiama Carla: Guardi è la prima che ho trovato. Avevo quella dell’ulivo, sarei potuta venire anche con quella, ma non so dov’è finita… così ho portato questa, tanto è lo stesso! Qui nessuno lo dice, ma sono tutti elettori del Pd!
Carla ha la faccia di una che il Partito l’ha visto in tutte le salse: Pci – Ds – Ulivo – Ds + Margherita – Pd. Con Ochetto, Rutelli, Prodi, Veltroni e ha visto il partito liquido. E in quel fiume di gente che scorre verso il Colosseo, dove, per la prima volta, si manifesta contro le scelte di un segretario del Pd, Carla sembra davvero fuori posto. Un uomo la stessa bandiera la tiene bassa, listata a lutto, come a giustificarsi. Tanto sta commemorando un morto.
Gli altri, quelli che manifestano contro il tradimento, mostrano le molte facce di Renzi nei loro striscioni, così il patto del Nazareno si trasfigura in quello divino della cappella Sistina con Adamo che diventa Renzi creato dal dio Berlusconi. E la dicotomia si ripropone di continuo come se i due fossero fratelli della stessa madre. A Roma, in effetti, sfila un popolo di orfani. Ma sono tantissimi e politicamente in balia dell’attesa che il vuoto lasciato da Renzi a sinistra venga occupato prima di tutto da idee e programmi. Una Cgil rinnovata schiera sul palco tre giovanissimi a fare da conduttori. Una di loro ha la grinta di un dj. In corteo gli striscioni del Nidil muovono i primi passi, piccoli e fragili in confronto a quelli della FIOM o dello Spi. C’è solo da sperare che le altre categorie – zie ricche - con un sano spirito di sussidiarietà, si decidano a far crescere i tanti Nidil distribuiti sul territorio con risorse e persone, affinché si sappia chi tutelano e i giovani possano iscriversi. Una delegata, nel 2009 aveva chiesto esattamente questo durante un congresso della Cgil genovese. Ma allora non era stata cosa. Oggi con Renzi forse tutto cambierà.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)
C’è chi sorride al suo passaggio – Ma che ci fa qui? – E’ impazzita! – osservano alcuni
Lei si chiama Carla: Guardi è la prima che ho trovato. Avevo quella dell’ulivo, sarei potuta venire anche con quella, ma non so dov’è finita… così ho portato questa, tanto è lo stesso! Qui nessuno lo dice, ma sono tutti elettori del Pd!
Carla ha la faccia di una che il Partito l’ha visto in tutte le salse: Pci – Ds – Ulivo – Ds + Margherita – Pd. Con Ochetto, Rutelli, Prodi, Veltroni e ha visto il partito liquido. E in quel fiume di gente che scorre verso il Colosseo, dove, per la prima volta, si manifesta contro le scelte di un segretario del Pd, Carla sembra davvero fuori posto. Un uomo la stessa bandiera la tiene bassa, listata a lutto, come a giustificarsi. Tanto sta commemorando un morto.
Gli altri, quelli che manifestano contro il tradimento, mostrano le molte facce di Renzi nei loro striscioni, così il patto del Nazareno si trasfigura in quello divino della cappella Sistina con Adamo che diventa Renzi creato dal dio Berlusconi. E la dicotomia si ripropone di continuo come se i due fossero fratelli della stessa madre. A Roma, in effetti, sfila un popolo di orfani. Ma sono tantissimi e politicamente in balia dell’attesa che il vuoto lasciato da Renzi a sinistra venga occupato prima di tutto da idee e programmi. Una Cgil rinnovata schiera sul palco tre giovanissimi a fare da conduttori. Una di loro ha la grinta di un dj. In corteo gli striscioni del Nidil muovono i primi passi, piccoli e fragili in confronto a quelli della FIOM o dello Spi. C’è solo da sperare che le altre categorie – zie ricche - con un sano spirito di sussidiarietà, si decidano a far crescere i tanti Nidil distribuiti sul territorio con risorse e persone, affinché si sappia chi tutelano e i giovani possano iscriversi. Una delegata, nel 2009 aveva chiesto esattamente questo durante un congresso della Cgil genovese. Ma allora non era stata cosa. Oggi con Renzi forse tutto cambierà.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)
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giovedì 18 settembre 2014
giovedì 18 aprile 2013
OLI 373: GENERAZIONE PRECARIA - Io voglio restare, a Roma il 21 aprile
Vogliono un progetto di paese e non un paese a progetto.
Si incontreranno domenica 21 aprile a Roma, alle ore 10 per una giornata di discussione e confronto per organizzare le prossime mobilitazioni, radicare la campagna, organizzare l'impegno con maggior forza e determinazione.
A chi fosse interessata/o a partecipare chiedono di scrivere per facilitare l'organizzazione di eventuali trasporti e regolarsi per la capienza della sala. Di seguito il testo della loro inziativa
In queste lunghe settimane post-elettorali, i temi reali della crisi, della mancanza di lavoro e welfare, dell'impoverimento di parti sempre più ampie della popolazione, sembrano spariti dalla scena. Il giorno dell'insediamento del nuovo parlamento, il 15 marzo scorso, mentre un turbinio di calcoli parlamentari e numeri di seggi invadeva i quotidiani, ci siamo presentati davanti a Montecitorio a Roma, davanti alla torre pendente a Pisa e in piazza del Plebiscito sempre a Roma per far presente a tutti la quota drammatica dell'unica vera maggioranza nel paese: il 38,7% di giovani disoccupati.
L'urgenza della nostra situazione è evidente a chiunque si guardi intorno, fuori dalle aule dei palazzi: un'intera generazione è priva di ragionevoli prospettive di lavoro e di vita dignitosa, in questo paese come nelle altre aree maggiormente colpite da crisi e austerity, come l'iniziativa dei nostri coetanei spagnoli di Juventud Sin Futuro "No nos vamos, nos echan" ("non siamo noi che ce ne andiamo, sono loro che ci cacciano") ci ha ricordato.
Una situazione che, come abbiamo sempre detto, ci preoccupa ma non ci spaventa. Eravamo e siamo pronti a metterci al lavoro per costruirci un futuro, a cambiare il paese per non dover cambiare paese. Nei quattro mesi che ci separano dal nostro primo incontro nazionale, lo scorso novembre a Firenze, il nostro percorso ha iniziato a radicarsi: le 10 proposte "un progetto di paese o un paese a progetto" che abbiamo presentato alla politica durante la campagna elettorale hanno riscosso interesse e attenzione, e tanti comitati territoriali sono nati e stanno iniziando a darsi da fare, ognuno nella propria città. Ora è il momento di rilanciare, scegliendo, in forma pubblica, aperta e partecipata, la strada da seguire.
Quali sono gli strumenti migliori per organizzare i disorganizzati e renderci tutti più forti? Come possiamo costruire, insieme ai tanti altri che come noi si pongono questi interrogativi, un terreno comune di mobilitazione, analisi e proposta su precarietà, welfare, abitare? Quali pratiche mutualistiche siamo in grado di mettere in campo già da oggi, come strumenti di cambiamento dal basso della nostra società? Come possiamo far superare alla nostra battaglia i confini nazionali e affrontare i nodi dell'Europa, della crisi e dell'austerity? Quali idee siamo già capaci di proporre e realizzare per mettere saperi e conoscenze al servizio dell'innovazione e del cambiamento?
Per discutere di tutto questo, come deciso nell'incontro di febbraio, ci ritroveremo tutti insieme a Roma il 21 aprile, per un nuovo momento di discussione e partecipazione, dal quale poter ripartire mobilitando tutte le idee e le energie a nostra disposizione.
LE NOSTRE PROPOSTE PER CAMBIARE IL PAESE
Si incontreranno domenica 21 aprile a Roma, alle ore 10 per una giornata di discussione e confronto per organizzare le prossime mobilitazioni, radicare la campagna, organizzare l'impegno con maggior forza e determinazione.
A chi fosse interessata/o a partecipare chiedono di scrivere per facilitare l'organizzazione di eventuali trasporti e regolarsi per la capienza della sala. Di seguito il testo della loro inziativa
In queste lunghe settimane post-elettorali, i temi reali della crisi, della mancanza di lavoro e welfare, dell'impoverimento di parti sempre più ampie della popolazione, sembrano spariti dalla scena. Il giorno dell'insediamento del nuovo parlamento, il 15 marzo scorso, mentre un turbinio di calcoli parlamentari e numeri di seggi invadeva i quotidiani, ci siamo presentati davanti a Montecitorio a Roma, davanti alla torre pendente a Pisa e in piazza del Plebiscito sempre a Roma per far presente a tutti la quota drammatica dell'unica vera maggioranza nel paese: il 38,7% di giovani disoccupati.
L'urgenza della nostra situazione è evidente a chiunque si guardi intorno, fuori dalle aule dei palazzi: un'intera generazione è priva di ragionevoli prospettive di lavoro e di vita dignitosa, in questo paese come nelle altre aree maggiormente colpite da crisi e austerity, come l'iniziativa dei nostri coetanei spagnoli di Juventud Sin Futuro "No nos vamos, nos echan" ("non siamo noi che ce ne andiamo, sono loro che ci cacciano") ci ha ricordato.
Una situazione che, come abbiamo sempre detto, ci preoccupa ma non ci spaventa. Eravamo e siamo pronti a metterci al lavoro per costruirci un futuro, a cambiare il paese per non dover cambiare paese. Nei quattro mesi che ci separano dal nostro primo incontro nazionale, lo scorso novembre a Firenze, il nostro percorso ha iniziato a radicarsi: le 10 proposte "un progetto di paese o un paese a progetto" che abbiamo presentato alla politica durante la campagna elettorale hanno riscosso interesse e attenzione, e tanti comitati territoriali sono nati e stanno iniziando a darsi da fare, ognuno nella propria città. Ora è il momento di rilanciare, scegliendo, in forma pubblica, aperta e partecipata, la strada da seguire.
Quali sono gli strumenti migliori per organizzare i disorganizzati e renderci tutti più forti? Come possiamo costruire, insieme ai tanti altri che come noi si pongono questi interrogativi, un terreno comune di mobilitazione, analisi e proposta su precarietà, welfare, abitare? Quali pratiche mutualistiche siamo in grado di mettere in campo già da oggi, come strumenti di cambiamento dal basso della nostra società? Come possiamo far superare alla nostra battaglia i confini nazionali e affrontare i nodi dell'Europa, della crisi e dell'austerity? Quali idee siamo già capaci di proporre e realizzare per mettere saperi e conoscenze al servizio dell'innovazione e del cambiamento?
Per discutere di tutto questo, come deciso nell'incontro di febbraio, ci ritroveremo tutti insieme a Roma il 21 aprile, per un nuovo momento di discussione e partecipazione, dal quale poter ripartire mobilitando tutte le idee e le energie a nostra disposizione.
LE NOSTRE PROPOSTE PER CAMBIARE IL PAESE
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martedì 3 aprile 2012
martedì 27 marzo 2012
martedì 13 marzo 2012
OLI 335: LAVORO - Fiom e loro alla patria
Settimana enigmistica, trova le differenze.
Sono passati dieci anni dalla prima manifestazione in difesa dell’articolo 18 e a Roma venerdì 9 marzo c’è lo stesso sole di allora, ma più parole d’ordine. In corteo striscioni colorati, operai e giovani precari, prodotti a basso costo del mercato del lavoro italiano stile nuovo millennio.
Come nel 2002 l’articolo 18 è, per chi manifesta, un diritto inalienabile e da estendere a chi tutele non ne ha.
Simili le parole. Diversa la sostanza.
In sciopero, oggi, unicamente la Fiom, lasciata sola da chi in quella lotta - appena dieci anni fa - aveva fortemente creduto e l’aveva vinta. E’ un fatto che il nuovo governo riesce a proporre riforme che a Berlusconi era concesso di sussurrare appena.
Al corteo si unisce Vendola, ma è l’unico politico da prima serata. Ci sta il tempo per una breve narrazione ai cronisti e, senza nemmeno raggiungere Piazza San Giovanni, sparisce in una strada laterale.
La Fiom riempie il viali con i suoi iscritti, li colora di rosso. Insieme a loro immigrati, lavoratori dello spettacolo, parenti delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio, studenti e pensionati.
Solitaria sventola una bandiera del Pd. Chi la tiene ha la fierezza del pensatore libero in partito incerto.
Settimana enigmistica, trova le differenze: i dieci anni trascorsi che nel disegno non si possono vedere, l’assenza di Cofferati, l’arrivo in Fiat di Marchionne - narrato dalla rabbia dei delegati Fiom - reintegrati proprio grazie all’articolo 18. La riforma delle pensioni, la continua crescita del precariato, un’incapacità costante di presidiare il lavoro da parte dei partiti e di una larga fetta del sindacato, quarantasei tipi di contratti precari diversi. Le dimissioni in bianco fatte firmare alle donne. La necessità di difendere la costituzione nei luoghi di lavoro. L’articolo 8, voluto da Berlusconi, in cui si consente alle aziende di derogare alla legge.
Trova le similitudini: il concetto, lo stesso di dieci anni fa, che cedendo diritti si crei occupazione. Che la minor tutela per tutti equivalga a minor danno per un maggior numero di lavoratori. Che grazie al sacrificio, quello dei soliti, si faccia il bene della nazione, una nazione che ha scelto di essere competitiva grazie alla bassa retribuzione, in cui non si investe in ricerca.
Un certo clima diffuso e pressante di oro alla patria.
O meglio di loro alla patria.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)
Sono passati dieci anni dalla prima manifestazione in difesa dell’articolo 18 e a Roma venerdì 9 marzo c’è lo stesso sole di allora, ma più parole d’ordine. In corteo striscioni colorati, operai e giovani precari, prodotti a basso costo del mercato del lavoro italiano stile nuovo millennio.
Come nel 2002 l’articolo 18 è, per chi manifesta, un diritto inalienabile e da estendere a chi tutele non ne ha.
Simili le parole. Diversa la sostanza.
In sciopero, oggi, unicamente la Fiom, lasciata sola da chi in quella lotta - appena dieci anni fa - aveva fortemente creduto e l’aveva vinta. E’ un fatto che il nuovo governo riesce a proporre riforme che a Berlusconi era concesso di sussurrare appena.
Al corteo si unisce Vendola, ma è l’unico politico da prima serata. Ci sta il tempo per una breve narrazione ai cronisti e, senza nemmeno raggiungere Piazza San Giovanni, sparisce in una strada laterale.
La Fiom riempie il viali con i suoi iscritti, li colora di rosso. Insieme a loro immigrati, lavoratori dello spettacolo, parenti delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio, studenti e pensionati.
Solitaria sventola una bandiera del Pd. Chi la tiene ha la fierezza del pensatore libero in partito incerto.
Settimana enigmistica, trova le differenze: i dieci anni trascorsi che nel disegno non si possono vedere, l’assenza di Cofferati, l’arrivo in Fiat di Marchionne - narrato dalla rabbia dei delegati Fiom - reintegrati proprio grazie all’articolo 18. La riforma delle pensioni, la continua crescita del precariato, un’incapacità costante di presidiare il lavoro da parte dei partiti e di una larga fetta del sindacato, quarantasei tipi di contratti precari diversi. Le dimissioni in bianco fatte firmare alle donne. La necessità di difendere la costituzione nei luoghi di lavoro. L’articolo 8, voluto da Berlusconi, in cui si consente alle aziende di derogare alla legge.
Trova le similitudini: il concetto, lo stesso di dieci anni fa, che cedendo diritti si crei occupazione. Che la minor tutela per tutti equivalga a minor danno per un maggior numero di lavoratori. Che grazie al sacrificio, quello dei soliti, si faccia il bene della nazione, una nazione che ha scelto di essere competitiva grazie alla bassa retribuzione, in cui non si investe in ricerca.
Un certo clima diffuso e pressante di oro alla patria.
O meglio di loro alla patria.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)
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