martedì 20 luglio 2010

OLI 270: COSTITUZIONE ITALIANA - Umberto Terracini: la missione dell'Assemblea Costituente

Dal discorso che il Presidente dell’Assemblea Costituente, Umberto Terracini, tenne in occasione dell’apertura della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica Italiana, il 4 marzo 1947

Enrico De Nicola firma la Costituzione con alle spalle
Alcide De Gasperi e Umberto Terracini
"La imminente discussione, onorevoli colleghi, deve assolvere – oltre che quello costituzionale – un altro compito, che non dirò gli sovrasta, ma certo gli sta a paro. Essa deve dare conforto a tutti coloro – e sono incommensurabilmente i più, fra il popolo italiano – che nell’istituto parlamentare vedono la garanzia maggiore di ogni reggimento democratico; a tutti coloro che, soffrendo in sé – nel proprio spirito – di ogni offesa ed ingiuria che venga portata contro il principio rappresentativo e gli istituti nei quali esso storicamente oggi s’incarna, voglion però a buon diritto, e si attendono, che questi non vengano meno al proprio dovere: che non è solo quello di elaborare testi legislativi e costituzionali, ma anche di essere in tutti i propri membri esempio al Paese di intransigenza morale, di modestia di costumi, di onestà intellettuale, di civica severità, ed ancora, me lo si permetta, di reciproco rispetto, di responsabile ponderatezza negli atti e nelle espressioni, di autocontrollo spirituale ed anche fisico, di sdegnosa rinuncia ad ogni ricerca di facili popolarità pagate a prezzo del decoro e della dignità dell’Assemblea.
È certo difficile, dopo tanta immensità di umiliazione nazionale, ritrovare d’un tratto quell’incontrollabile equilibrio interiore senza il quale non può darsi alcuna consapevole e conseguente attività politica, e cioè attività in servizio del bene pubblico. Ma ciò che per tanti, più prostrati dalla miseria e meno ferrati nel sapere, può ancora essere una meta da raggiungere, per noi – che abbiamo osato accogliere l’offerta di farci guida del popolo – per noi ciò deve essere, o dovrebbe essere, certamente una meta già conquistata. Io amo, dunque, pensare, onorevoli colleghi, che l’alta impresa cui oggi muoveremo i primi passi, impegnandovi ogni nostra forza d’ingegno, ogni nostro moto di passione, ogni nostro fervore di fede, riuscirà a dare prova ai nostri ed ai cittadini di tutti i Paesi del mondo che l’Assemblea Costituente italiana è pari alla sua missione, e degnamente rappresenta il popolo che l’ha eletta, un popolo probo, eroico, incorrotto"
(Umberto Terracini)

(a cura di Aglaja)

OLI 270: VERSANTE LIGURE - La Città dei Dritti

Da Dei ci siam trovati
nella Città dei Dritti
dei Business Ben Oliati
da Cesare protetti.
Invece siam spaesati
in quella dei Diritti
noi, poveri sfigati
e pitreisti afflitti.


Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA

OLI 270: DIRITTI - Se giocare non a tutti è permesso


S'indovina il tramonto nello sfavillio tra i rami mossi da una una brezza leggera, ma il sole non arriva nel giardino silenzioso e ombreggiato, mentre voci e risate lontane giungono sommesse: è la Casa-rifugio del Sacro Cuore vicino al Gaslini, estremo riparo per giovani vite e le loro famiglie. Alberi ombrosi e campetto da gioco sono luoghi che le poche e non più giovani suore superstiti hanno riservato ai piccoli malati molto gravi, qui si gioca e si scherza, quando c'è la forza e il coraggio, con un pallone o il barbecue.
La "casa madre" di Lucca ha però deciso diversamente per questi spazi aperti che spariranno, mentre al loro posto sono previsti una palazzina a tre piani e 37 box. Tutto è nato dal muraglione di cinta sbrecciato da riparare, e poi si sa che parcheggiare per quelle strette vie inerpicate è da sempre complicato: ecco dunque l'offerta imperdibile per l'istituto religioso in tempi di crisi. Dismettere e realizzare. Corre voce a fin di bene, s'intende. Perché a quanto sembra il nuovo edificio resterà con la stessa funzione, ossia accoglienza e suorine, le quali invece sussurrano non esserci tutta questa necessità, a Dio piacendo, perché gli ospiti non sono poi così tanti.
In Comune nulla trapela, in Municipio neppure è passato il progetto, eppure altre proposte di posti auto nelle vicinanze erano state fatte in passato senza risultato, mentre un'agenzia immobiliare ha già messo in vendita questi box e promette l'inizio lavori al primo settembre. Si aspettano chiarimenti, che saranno senz'altro esaustivi. Intanto, che dire, tempi duri per le vocazioni e il verde per i giochi di ragazzini malati, ormai un lusso per la nostra sanità, i nostri politici e il clero di turno.
(Bianca Vergati)

OLI 270: CITTA' - Dal Drop in al Drop out

La prima volta è stata più o meno due mesi fa: entrata col sacchetto della spazzatura in mano nell’”isola ecologica” di Vico dei Fregoso (che avevamo magnificato in Oli … ) mi accorgo improvvisamente che tra un cassonetto della spazzatura e l’altro, seduti per terra, ci sono tre o quattro ragazzi. Faccio un passo indietro, imbarazzata, non dico loro nulla e rapidamente me ne vado. Ma cosa ci fanno, per terra, tra i rifiuti, dei ventenni, maschi e femmine? Possibile che al degrado non ci sia limite? Ne parlo con conoscenti che abitano in centro storico, meno ingenui di me, che mi dicono che si tratta di droga. Le isole ecologiche in centro storico, non solo dietro Via del Campo, ma anche alle Vigne e altrove, sono diventate il luogo più appartato e sicuro per “farsi”, e per scambiarsi le dosi. In qualche caso sono anche diventate luoghi di prostituzione, sempre legata al mercato della droga. Il fenomeno è in intensificazione, e ormai due volte su tre quando vado a depositare la spazzatura c’è l’incontro, si fa per dire, con questi gruppetti di ragazzi. Alcune operatrici dell’Amiu a cui chiedo notizie in proposito mi guardano sconsolate, e mi dicono di avere già da tempo segnalato questo problema, senza che finora nessuno sia intervenuto.

Diciamo che non è una cosa accettabile, né per gli abitanti, né per chi lavora all’Amiu. E nemmeno per i ragazzi ammucchiati per terra, tra lo sporco e la puzza. Chissà quando qualcuno vorrà occuparsene.
Mi viene in mente il progetto di aprire nella zona del “Ghetto” il Drop in La Boa: ne parlammo su Oli 242 del 16 dicembre 2009. Si trattava di un “Luogo di accoglienza per tossicodipendenti che vivono in strada con pochi o nulli contatti con servizi pubblici o del privato sociale specializzati sulle dipendenze patologiche.” A seguire c’era stato il solito coro di ostilità e polemiche, più o meno pilotate, per contrastare un progetto che “avrebbe portato un degrado nel quartiere” (sic!). Dopo di che silenzio.
Nel frattempo il quartiere è stato dotato del nuovo servizio “Drop out” dell’isola ecologica.

(Paola Pierantoni)

OLI 270: SOCIETA' - Velo integrale, il centro destra perde la bussola

Dall’articolo de La Stampa del 15 luglio “E la battaglia contro il niqab parla l’arabo”, si evince che il centro destra (e lo stesso giornale), per sostenere la propria proposta di proibire il velo integrale in Italia, prende esempio dai paesi arabi, che hanno proibito il velo, licenziato le donne con il velo, non le fanno salire in taxi, entrare nei ristoranti, avvicinarsi alla spiaggia. Il centro destra non vive un momento particolarmente felice, ma non ci si aspettava che la confusione fosse a questi punti: da una parte sostiene che tutti i paesi del Medio Oriente sono governati da regimi non democratici, dall’altra ci invita a prenderli come punto di riferimento per le nostri leggi.
Ahmad Gianpiero Vincenzo, presidente dell’Associazione Intellettuali Musulmani Italiani, afferma che: "con una legge contro il burqa si otterrebbe solo che le donne in questione, per fortuna molto poche in Italia, resterebbero segregate in casa. Piuttosto andrebbero varate norme che garantiscano l’assistenza sociale contro le discriminazioni ed i comportamenti forzati all’interno delle famiglie".
A parte intellettuali musulmani, sinistra italiana, francese ed araba, è stato lo stesso presidente Barak Obama, l’8 giugno 2009, nel suo famoso discorso del Cairo ad invitare i paesi occidentali a non ostacolare i musulmani nella pratica della loro religione, criticando quei paesi che dettano “gli abiti che una donna deve portare”. Coerentemente, alcuni giorni fa, il portavoce del Dipartimento di Stato USA, Philip Crowley, ha dichiarato l’opposizione di Washington al disegno di legge volto a proibire l'uso del velo integrale nei luoghi pubblici in Francia: “non crediamo sia opportuno legiferare su ciò che le persone hanno diritto o non hanno diritto di indossare in conformità con le loro credenze religiose”. Ed ha aggiunto che negli Stati Uniti adottiamo altre misure per raggiungere un equilibrio tra sicurezza da un lato e il rispetto della libertà religiosa e dei suoi simboli dall'altro.
Il centro destra, portato alla confusione da atteggiamenti xenofobi e islamofobi di alcuni suoi personaggi, sembra aver completamente perso la bussola: ma siamo così convinti che in questioni di libertà e democrazia sia meglio seguire i regimi arabi piuttosto che gli Stati Uniti d’America?
(Saleh Zaghloul)

OLI 270: INFORMAZIONE - Razzismo editoriale

Gli uomini non sono tutti buoni, si sa. Dai tempi di Caino e Abele, c’è sempre chi si distingue per riuscire a compiere atti condannabili, metà della scienza umana è dedicata proprio allo studio delle regole di convivenza. Però, tra la cronaca di un reato e l’istigazione al razzismo dovrebbe correre molta acqua, specialmente se l’organo di informazione è un giornale come il Secolo XIX. Invece, ecco bella fresca di giornata una razzicronaca, per fortuna almeno non firmata (*). Vi si descrive un Caino straniero che, nell’ordine è marocchino per ben due volte, con permesso di soggiorno, extracomunitario, nordafricano e magrebino. Naturalmente ubriaco e pedofilo. Non è importante in questo articolo spiegare cosa abbia fatto, non perderemo tempo a descriverlo, così come dall'altra parte avrebbe dovuto avere rilievo solo il fatto in sé stesso, rispetto alla ben scarsa importanza del descrivere l’attore secondo tutte quelle caratterizzazioni geografiche, politiche e di stato civile. Un improbabile mea culpa della testata sarebbe d'obbligo.
E visto che le "repetita iuvant", ecco un altro esempio di incipit dal sapore razzista, sempre in un articolo del Secolo ed. di Savona di lunedi 19 luglio (**): Savona. Non solo balordi o delinquenti abituati a vivere ai margini della legge, magari extracomunitari, albanesi o marocchini. Ci sono anche i «nuovi poveri», italiani, soprattutto sessantenni, dietro agli automobilisti sorpresi con la polizza assicurativa dell’auto falsa o scaduta. Insomma non si capisce se siano i marocchini ad essere delinquenti o i nuovi poveri italiani ad essere marocchini, si lascia libertà di scelta. Qui l'unica certezza è la confusione mentale del giornalista che meriterebbe una nota di biasimo da un certo numero di ambasciate straniere in Italia.
Non serve dire altro, se non che il Movimento del primo marzo espone la sua Mostra sui diritti, dove si tratta tra gli altri punti  proprio del problema della stampa “distrattamente razzista”, molto più pericolosa di quella dichiaratamente nazista in quanto il dolcetto avvelenato ti arriva proprio dalle mani di chi ti fidi e si fa paladino di quei valori che poi infrange con tanta leggerezza. La mostra si tiene il 24 luglio, la sera di sabato, alla Villa Imperiale, all’interno della Festa del Perù. Sarà un bel leggere esempi di altri razzarticoli.
* http://www.ilsecoloxix.it/p/savona/2010/07/18/AM3WmlsD-ubriaco_soccorso_molesta.shtml
** http://www.ilsecoloxix.it/p/savona/2010/07/16/AMYZHXsD-falsi_assicurati_boom.shtml

(Stefano De Pietro)

OLI 270: ACQUASOLA - I luoghi del cuore FAI

La redazione di Oli segnala il sito http://www.iluoghidelcuore.it dove è possibile indicare il Parco dell'Acquasola come uno dei propri luoghi del cuore.

La Spianata dell'Acquasola nel 1800.



OLI 270: EVENTI - Incontro con il Nobel Shirin Ebadi

Giovedi 22 luglio 2010, ore 15.00, presso la Sala di rappresentanza della Regione Liguria in Piazza De Ferrari, si terrà un incontro pubblico con il premio Nobel Shirin Ebadi  dal titolo "Iran, Genova: pace e diritti globali, una sfida per il futuro".
L'incontro è organizzato dal Centro delle Culture di Genova e altre associazioni genovesi. Coordinatrice del dibattito, Mariam Molavi, della Comunità iraniana genovese.
L'evento è all'interno della Settimana dei diritti a Genova (http://www.genovaurbanlab.it/spip.php?article1023).

OLI 270: AVVISO

Caro lettore, OLI fa una pausa per il periodo estivo.

Buone vacanze dalla redazione

OLI

mercoledì 14 luglio 2010

martedì 13 luglio 2010

OLI 269: VERSANTE LIGURE - Scosse da orbi

Ahilui, terremotato,
patì un destino cinico:
per mesi fu inondato
da Papi in trip catodico.
Poi, solo e abbandonato,
a Roma andò un po' critico:
lì fu manganellato
(subì lo sciame Silvico).


Versi di ENZO COSTA

Vignetta di AGLAJA


OLI 269: POLITICA - Se la Liguria diventa laboratorio

Missing in patria, l'ex ministro dello Sviluppo economico, mai sostituito, è ricomparso in Parlamento e ad una cena romana Pdl, smagrito e abbronzato. Nessuna dichiarazione sulla bufera che sta attraversando il partito, ma qualcuno insinua che gongoli perché  dopo il suo passaggio di testimone nessuno sembra ora abbia tenuto compatto il partito delle libertà come lui. Altrettanto sta succedendo in Liguria, dove scontri e scandali pare abbiano aperto il vaso di Pandora: a Genova quasi defenestrato il futuro candidato sindaco tra liti e agguati, mentre a Ponente infuriano collusioni mafiose. La disinvoltura del vicecoordinatore che fa spallucce alle dichiarazioni di personaggi equivoci - solo sostegno elettorale, mica soldi - o l'aplomb del sindaco di Bordighera, che pur commissariato non si dimette - per  dovere istituzionale - giovano all'ex ministro. Lui è l'unico che si è dimesso.
Così ci si chiede se l'incredibile versione della casa compratagli a sua insaputa non fosse l'unica possibile di fronte a un "trappolone" amico, che arrivava da lontano. E se dopo le dimissioni ha pure stoppato la costruzione del campo da calcio in villa, ha comunque trovato il tempo per nominare amici in incarichi qua e là, pur dovendo cedere posti chiave alla Lega nell'azienda genovese che tanto aveva sponsorizzato per il suo programma nucleare, salvo concludere poi con i francesi.
Così a Ponente non tira una gran aria, forse si aspetta che l'oblio faccia il suo gioco. Intanto quella che pareva la più eccezionale operazione immobiliare sulle coste del Mediterraneo, il porto turistico di Imperia, pare in stand-by. Il potente imprenditore romano, suocero di Pierferdinando, s'è visto poco e ora il Comune di Imperia, socio dell'impresa, denuncia i costi paurosamente aumentati.
Una maestosa infilata di decine e decine di palme svetta lungo il suggestivo molo artificiale, e barche ondeggiano pigramente nello specchio di mare già racchiuso dalle torri di controllo. I lavori da fare sono però ancora immani per raggiungere i duemila posti barca previsti, il completamento delle banchine, il centro commerciale e abitativo. Qualche gru, pochi camion, alcuni operai che spostano l'immenso smarino di riporto e un annoiato guardiano sorveglia centinaia di metri recintati di spazi deserti.
All'ufficio vendite dichiarano che i posti-barca sono esauriti, ma se interessa c'è già chi rivende ad un prezzo inferiore a quello d'acquisto per problemi di pagamento e tempi di consegna dilatati, mentre aleggia il timore che i lavori si fermino lì. Gli appartamenti di lusso delle palazzine sono in gran parte venduti (sarà stato lo scudo fiscale?), restano le proposte da alveare, monolocale più terrazzo da 10 mila euro in su.
Sembra passata una vita dalle feste di San Giovanni degli anni scorsi, con fastosi fuochi d'artificio e la processione per le vie di Oneglia, l'evento clou della città, a cui nessuno mancava, con il bar più chic pieno di gente, in attesa del passaggio dei poteri sacri e profani. Tutti in prima fila a omaggiare imponenti crocifissi, vescovo, sindaco e forse per incontrare lo sguardo del potente ministro. Quest'anno niente ministro e onorevoli per la statua di San Giovannino, poche persone e "il caffè  in" deserto: davvero fedeli autentici.
Tra la gente comune spicca la preoccupazione dei genitori dei ragazzi della squadra di pallanuoto, che ha fatto faville in campionato: pare si siano ritirati i maggiori sponsor nazionali e siano rimasti soltanto i marchi di olio e pasta imperiesi.
(Bianca Vergati)

OLI 269: CULTURA - Antifemminismo in rete

Certo è passato molto tempo dal primo atto separatista, con il quale nel 1967 negli Stati Uniti  le studentesse presenti alla conferenza nazionale della "Associazione studentesca per la società democratica" decisero di abbandonare il congresso e di riunirsi separatamente per discutere della questione "donna".
Eppure il quasi mezzo secolo che ci separa da quello che può essere considerato l'inizio della storia politica del femminismo non è nulla rispetto alla distanza culturale che si è generata.
Basta un giro sui social network per capire come il termine femminismo oggi si sia svuotato di qualsiasi componente politica ed abbia perso significato per divenire spesso una etichetta da appiccicare ad eventi di cronaca e strumentalizzarli. Al contrario, l'antifemminismo è vitale e rigoglioso; se ne possono seguire le tracce attraverso una breve ricerca su Facebook.
Un gruppo si intitola "Il Nazi-Femminismo sia processato per crimini contro l'umanità a Norimberga!" e si presenta come voce di denuncia "in un mondo che non ha ancora dimenticato il nazifascismo è importante preservare la memoria e proteggere la società da tutte le possibili tentazioni di follia e dominio di un essere umano sull'altro" (2171 iscritti). Un altro "Il femminismo è una pratica anticostituzionale" (1156 iscritti), si appella agli articoli 3 e 29 della Costituzione italiana, che sarebbero infranti, nella tesi degli anonimi curatori, dai principi del femminismo.
Vi sono altri gruppi, come "Bigenitorialità e autodeterminazione sono inconciliabili per il femminismo" (1427 iscritti)  o "Femminismo + separazioni = maschicidio! 2000 papà suicidi ogni anno in UE!" (2446 iscritti) che legano strettamente il femminismo al regime di affidamento dei figli in caso di separazione, ed al mancato riconoscimento del ruolo paterno nell'educazione di essi. La genitorialità sembra essere, dagli interventi leggibili nei gruppi, il territorio dove il conflitto uomo-donna è più acceso. Tanto che l'argomento permea quasi totalmente tutte le pagine antifemministe reperite nella ricerca.
Un altro gruppo, che si chiama insospettabilmente "Donne e Femminismo" (2419 iscritti), come gli altri senza amministratori, segue la falsariga dei precedenti, proponendosi di combattere i casi di misandria, denunciando gli effetti del "diritto sessuato", ossia di squilibri della legge a discapito degli uomini che favoriscono le donne, citando a sostegno delle proprie tesi perfino i casi di infanticidio. Altra pagina insospettabile "Pari Opportunità", riporta i medesimi link delle pagine precedenti e lo stesso livore antifemminista.
L'omogeneità dei contenuti farebbe pensare che tutti i gruppi menzionati facciano capo alla stessa persona o allo stesso gruppo di persone, gli iscritti sono tuttavia migliaia, uomini e donne. L'antifemminismo sul social network sembra di moda, più di quanto non lo siano, di questi tempi, i diritti delle donne.
(Eleana Marullo)

OLI 269: SOCIETA'- Il Mago Egitto

Meno male che il Mago Egitto c'è!
Per fortuna possiamo saperlo tutti grazie alla sua capillare campagna informativa e promozionale con volantini distribuiti ovunque.
Conoscitore della magia bianca, rossa e nera, ridona la persona amata in poco tempo.
Non solo: in virtù dei suoi poteri riesce addirittura a trasmutare alchemicamente la toponomastica cittadina, di cui è con evidenza e veggenza un chiaro esperto.
Non lo dice apertamente, ma ce lo fa capire con signorile understatement: la sua sede è a Pisa o dintorni; ma il lunedì riceve a Genova per appuntamento in Vico Tal dei Tali, vicino a P.zza Campetto (che finora era Campetto e basta, anche se molti già vi aggiungevan "piazza" commettendo un errore che d'ora in poi non sarà più tale grazie al Mago) e – salagadula magicabula bidibi bodibi bù – a P.zza Dei Ferraris (e qui il duca Raffaele De Ferrari sta di sicuro facendo piroette nel suo nobile avello).

Un paio di domande, al Mago o a chicchessia:
Fino a quando il sonno della ragione continuerà a generare mostri?
Fino a quando saremo circondati da cialtroni, in ogni campo del vivere?
(Ferdinando Bonora)

OLI 269: INFORMAZIONE - L'adesione acritica ad uno stereotipo

Su Repubblica di lunedì 6 luglio compare la fotografia che vedete. L’articolo parla della conquista, da parte delle aziende produttrici, del mercato alimentare delle persone di religione islamica. Un mercato interessante – dice l’articolo – perché riguarda “più di un milione e mezzo di consumatori che vivono in Italia”.

Le aziende “che sposano i principi dei prodotti halal (cioè leciti)” e che si dotato del marchio “Halal – Italia”, sono sempre più numerose, e tentano di arrivare per questa via anche ai mercati asiatici.
Domanda a Repubblica: in base a quale criterio invece di una immagine di mercato, o di scaffali di un grande magazzino che espongono prodotti halal, la redazione ha deciso di corredare questo articolo con l’immagine di una donna completamente velata?
Sembrerebbe un'adesione acritica, comoda e irresponsabile ad uno stereotipo senza fondamento. Infatti il Corano non prescrive questo tipo di abbigliamento che ha origine in tradizioni culturali patriarcali, che persistono in aree culturali e geografiche limitate e che sono state fatte proprie da correnti molto minoritarie dell’interpretazione islamica. Non solo: moltissimi musulmani e musulmane ritengono che il Corano non prescriva affatto il velo, anche nella forma del fazzoletto in testa, e si comportano di conseguenza.
C’è una grande responsabilità dei mezzi di informazione nella costruzione del “senso comune”, e in questo i messaggi impliciti hanno un potere anche più grande di quelli espliciti. E’ grave che anche un giornale come Repubblica si faccia portatore di pregiudizi culturali. Davvero non ne abbiamo bisogno
Consigliamo la lettura di “Oltre il velo” di Leila Ahmed, La nuova Italia 1995.

(Paola Pierantoni)

OLI 269: SOCIETA' - I pizzini ai tempi di Skype

Un trafiletto (*) sulle intercettazioni telefoniche tra Tizio, Caio e Sempronio descrive i trucchetti che i tre cercano di usare per parlare sicuri al cellulare. “Questo telefono non è controllato”, “Uso il cellulare di un collega”, queste sono le affermazioni che Tizio si lascia scappare parlando con Caio, per tranquillizzarlo. Peccato che il telefono controllato fosse proprio quello di Caio.
Se stessimo parlando di tecnologie spaziali, l’ignoranza sarebbe scusata. Però, visto che si tratta di telefonia, non arrivare a capire che in una telefonata gli apparecchi intercettabili sono due, suona come una condanna alla stupidità. Ricorda, facendo un paragone su un omicidio, il killer assoldato per pochi euro che si è presentato dal suo mandante con i guanti, come richiesto esplicitamente per evitare di lasciare traccie: ma con i guanti da autista, senza le dita ...
Le nuove norme sulla intercettazione ambientale e telefonica fanno scalpore, da tutte le parti ci si scaglia contro una legge che viene definita come “ammazzaprocessi”, “ammazzaindagini”, “ammazzaqualcosa”. Appare anche in questo caso che ci si stia presentando nel posto dell’omicidio con i guanti senza dita e convocati col telefono "sicuro", ma sarebbe meglio dire senza conoscere Skype.
Il noto “programmino” per fare le telefonate via internet, ma anche a rete fissa e cellulari, non è affatto un giocattolo, ha uno schema di funzionamento che assomiglia di più ad un programma per scaricare film con il “peer to peer” (emule, per intendersi), più che ad una rete telefonica standard, quindi senza un server centrale o una vera centrale telefonica dove entrare con mandato del giudice. Questo, abbinato ad un “protocollo” criptato, ossia inintelleggibile senza i necessari ed introvabili strumenti tecnologici, lo rende una vera e propria cassaforte della privacy: nessuna polizia al mondo ha annunciato fino ad oggi di avere eseguito intercettazioni su questo veicolo telefonico, senza aver avuto accesso diretto al computer da controllare. Oggi molti cellulari sono dotati di Skype onboard, quindi di fatto non intercettabili, prima di tutto perché non passano dalle classiche centrali telefoniche (dove l’intercettazione, inutile a dirsi, è un gioco da bambini), secondo perché la chiave crittografica necessaria ad “aprire” la telefonata non è condivisa se non dai due soggetti della telefonata, e non è nota agli uffici di Skype. La società lituana si guarda bene dallo svelare i propri segreti industriali, che protegge con grande accuratezza: Skype funziona sempre e comunque, passa i firewall, funziona bene anche quando la velocità di internet è molto bassa, comunque protetti, insomma un “gran bel pezzo di software“ da girarsi mentre passa ... e da uso per evitare le intercettazioni, legge o non legge ammazzaqualcosa, come fosse il nuovo “pizzino”.

 * Il Secolo XIX dell’8 luglio 2010 ed. La Spezia, pag. 38)

(Stefano De Pietro)

OLI 269: INFORMAZIONE - Bavaglio globale

La Cnn ha licenziato Octavia Nasr, giornalista, esperta in Medio Oriente e sua dipendente da vent’anni, per aver scritto sulla sua pagina personale di Twitter un messaggio in cui esprimeva ''rispetto'' per l’imam  Mohammed Hussein Fadlallah, considerato il padre spirituale degli Hezbollah, morto la settimana scorsa in Libano dopo una lunga malattia. Octavia, cristiana di origine palestinese, nata in Libano, aveva scritto di aver appreso della morte di Fadlallah, ''uno che rispetto molto''.
In un altro messaggio su Twitter la Nasr aveva cercato di correggere il tiro: ''sembrava che appoggiassi tutte le opinioni di Fadlallah. Non è così.'', ed ha spiegato che il ''rispetto'' per l'imam era legato alla sua posizione a favore dei diritti delle donne. La giustificazione non è bastata alla Cnn: ''La sua credibilità per occuparsi di affari mediorientali è compromessa'', ha detto Parisa Khosravi, vice-presidente della rete per gli affari internazionali. 
“Succede negli Stati Uniti, patria della libertà d'opinione e di stampa” commenta il sito di Repubblica dell’8 luglio. Mentre la notizia è condannata nella stampa e nei siti arabi chiedendo "dove è la libertà d’opinione e di stampa negli USA?". La stampa americana viene descritta come faziosa e che usa due pesi e due misure. Gihad Al Khazen, sul quotidiano arabo di Londra Al Hayat del 12 luglio, ha scritto un articolo nel quale dice di conoscere personalmente Octavia Nasr e che non è certamente sostenitrice di Hezbollah o dell’Iran, ma ha solo espresso la sua ammirazione per un leader spirituale libanese.
Al Khazen riporta i casi di Wolf Blitzer, uno dei maggiori presentatori della Cnn, un ebreo americano che ha lavorato nella lobby israeliana (AIPAC), ma la sua credibilità non è stata messa in discussione; e del direttore dell’ufficio di New York Times a Gerusalemme Ethan Bronner, difeso dal giornale quando è emerso che suo figlio era arruolato nell’esercito israeliano. “Solo Octavia – scrive Al Khasen - paga per un paio di parole su un defunto leader religioso. Cosa sarebbe successo – si domanda Al Khazen - se Octavia avesse un figlio di Hezbollah? E’ una domanda assurda perché non sarebbe nemmeno arrivata alla Cnn o al New York Times”.
Il sito della Tv satellitare Al Arabia (emittente saudita concorrente di Al Jazeera) riporta l’articolo di Iyad Abu Shaqra nel quale ricorda un’altra donna americana di origine araba, che ha subito lo stesso trattamento di Octavia. Si tratta di Helene Tomas, 89 anni, decana dei giornalisti della Casa Bianca, anche lei d’origine libanese, costretta a dimettersi accusata “di antisemitismo per aver criticato il colonialismo israeliano durante un dialogo verbale”. Abu Shaqra riporta inoltre l’esempio della giovane di origine libanese Rima Faqih, vincitrice di Miss USA 2010, accusata di essere simpatizzante di Hezbollah.   
(Saleh Zaghloul)

OLI 269: PAROLE DEGLI OCCHI

Foto: Giorgio Bergami
Legge bavaglio e spiriti liberi

martedì 6 luglio 2010

OLI 268: SOMMARIO

In questo numero:

VERSANTE LIGURE - Rime spuntate (Enzo Costa&Aglaja)

LAVORO - In attesa di una ondata improvvisa (Paola Pierantoni)

MIGRANTI - Un appello disperato dalle carceri libiche (Eleana Marullo)

CITTA' - Ilva: dopo cinque anni tutto da rifare (Giovanna Profumo)

INFORMAZIONE - Partire dalla Cina per raccontare Pomigliano (Bianca Vergati)

SOCIETA' - La miseria umana che deruba i morti (Giovanna Profumo)

POLITICA - Gli arabi scoprono una Turchia amica (Saleh Zaghloul)

PUBBLICITA' - Un altro punto di vista (Maria Alisia Poggio)

PAROLE DEGLI OCCHI - Teste imbavagliate (a cura di Giorgio Bergami)

 

OLI 268: VERSANTE LIGURE - Rime spuntate

Io dico apertamente
(un eufemismo è meglio)
e aggiungo assai pungente
(tacendo qui non sbaglio)
poi attacco intransigente
(mi freno, mi sorveglio):
poesia che è aderente
alla legge-bavaglio.


Versi di ENZO COSTA

Vignetta di AGLAJA

Oli 268: LAVORO - In attesa di una ondata improvvisa

Il 2 luglio, durante il corteo per lo sciopero della Cgil, il fenomeno si ripete.
Ogni volta che incontro persone con cui ho lavorato o che ho semplicemente conosciuto in tanti anni di sindacato, chiedo: “Beh, come va da quelle parti? Raccontami un po’, ormai sono un po’ fuori, questa volta non ho nemmeno partecipato al Congresso …”. In risposta, senza eccezione alcuna, arrivano espressioni di desolazione, stanchezza, disperazione equamente distribuite tra uomini, donne, ruoli più o meno di rilievo (dall’apparato tecnico alle segreterie), settore di attività e adesione all’uno o all’altro dei due documenti congressuali  “globalmente alternativi” su cui si è consumato il congresso della Cgil:  “Non me ne parlare! … beata te che ormai sei libera cittadina … il congresso peggiore che ci sia mai stato … meno male che è finito, più di sei mesi di patimento passati a farci la guerra tra di noi … si è ridotto tutto ad uno scontro di potere, ad una assegnazione di posti … Il clima dei rapporti qui a Genova è un disastro, ma anche altrove non è allegra … A leggere i testi delle due mozioni era dura scegliere tra l’una e l’altra, la questione in gioco era un'altra … cosa ci potevano capire  sui luoghi di lavoro?”.
Per l’appunto, un giovane amico – delegato sindacale da poco – mi racconta la sua frustrazione e il suo sconcerto: si era messo di impegno a leggersi  per filo e per segno i due documenti (pochissimi, mi dicono, l’hanno fatto),  ed era andato a parlare con sostenitori dell’una e dell’altra parte in competizione,  per decidere a ragion veduta.  Ma appena ha reso esplicita la sua scelta ha visto i compagni dell’”altra” parte  passare istantaneamente dall’affetto seduttivo ad una gelida ostilità.
Mentre cammino sotto il caldo estivo questi discorsi si intrecciano alle emozioni, ai colori, ai suoni di una manifestazione sindacale folta e partecipata, si scontrano con la speranza che portano in piazza le facce giovani e sconosciute di chi “è arrivato dopo”,  e incrinano la consolazione  di sapere che in questo paese allo sbando una grande organizzazione collettiva di lavoratori ancora c’è, resiste, pensa.
C’è l’entusiasmo di sapere che tra poco, a dirigere la Cgil nazionale, ci sarà per la prima volta una donna, una che porta nella sua storia l’esperienza femminista del “Coordinamento Donne FLM”,  che nel 2001 ha dato vita al movimento “Usciamo dal silenzio”, che il 24 giugno, a Bologna, nel suo discorso per lo sciopero generale, ha saputo mettere in fila tutte le cose necessarie, e che è anche sufficientemente maschile da aver diretto per anni la Cgil Lombardia.
Ma Susanna Camusso, anche se non tradisse nessuna delle aspettative che esistono su di lei, non basta per aver ragione del tarlo pericoloso che rode all’interno anche la Cgil, il tarlo che inchioda per mesi questa organizzazione a discutere di questioni invisibili e incomprensibili a chi sta fuori, e che le fa decidere i gruppi dirigenti sulla base di criteri in cui hanno troppo peso alleanze ed ubbidienze.   
Ci vuole un’ onda giovane, mista tra sessi, nazionalità, età, e tipo di lavoro che arrivi senza preavviso, come quando sei sulla spiaggia con le spalle imprudentemente rivolte al mare, e ti ritrovi di punto in bianco bagnata e gelata dalla testa ai piedi.  
(Paola Pierantoni)

Oli 268: MIGRANTI - Un appello disperato dalle carceri libiche

29 giugno: la rivolta di un gruppo di eritrei rinchiusi nel carcere di Misratah, in Libia, viene sedata con la carica della polizia.

Come conseguenza, duecentocinquanta persone, migranti in cerca di asilo politico, sono deportate nel carcere di Brak, nel deserto libico, attraverso gli ormai noti carri-container. I profughi eritrei sono sottoposti a trattamenti degradanti e rischiano di essere rimpatriati nel paese d’origine, dove rischiano la vita, oppure di essere dispersi nel deserto (pratica tutt’altro che inusuale per la polizia libica).

I prigionieri sono riusciti a far conoscere la loro situazione tramite un sms, ripreso poi da L’Unità (2 luglio) “Signore, signori, questo messaggio di disperazione proviene da 200 eritrei che stanno morendo nel deserto del Sahara, in Libia. Siamo colpiti da malattie contagiose, la tortura è una pratica comune e, quel che è peggio, siamo rinchiusi in celle sotterranee dove la temperatura supera i 40°. Stiamo soffrendo e morendo. Questi profughi innocenti stanno perdendo la speranza e rischiano la morte. Perché dovremmo morire nel deserto dopo essere fuggiti dal nostro Paese dove venivamo torturati e uccisi? Vi preghiamo di far sapere al mondo che non vogliamo morire qui e che siamo allo stremo. Vogliamo un luogo di accoglienza più sicuro. Vi preghiamo di inoltrare questo messaggio alle organizzazioni umanitarie interessate” .
Alcune delle persone rinchiuse a Brak sono tra i richiedenti asilo ricacciati verso le coste libiche durante i respingimenti collettivi, approvati dal parlamento nel 2009.
Al momento i media continuano ad ignorare la situazione, tranne alcune eccezioni (L'Unità, GR3, RaiNews24 e un trafiletto su Repubblica del 6 luglio). Ma da più parti prendono vita iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e richiedere l’intervento del governo: la lettera agli italiani di Dagmawi Yimer (tra gli autori di “Come un uomo sulla terra”), l’appello de L’Unità, e quello degli scrittori Lucarelli e De Cataldo, che si conclude così: “Chiediamo, come dicono gli avvocati, «in estremo subordine», di non lasciarli morire”.
E' previsto un sit-in giovedì 8 luglio alle 17, davanti a Palazzo Chigi.


http://www.terrelibere.org/terrediconfine/4025-la-sala-di-tortura-di-brak-l-altro-volto-degli-accordi-italia-libia


http://www.rainews24.rai.it/it/canale-tv.php?id=19803


(Eleana Marullo)

Oli 268: CITTA' - Ilva: dopo cinque anni tutto da rifare

4 luglio su Repubblica – edizione Genova, con il titolo “L’accordo di programma va riscritto”, Claudio Burlando dichiara: “L’Ilva ha usato la cassa integrazione fissata dall’accordo di programma anche per estenderlo ad alcuni comparti che con l’accordo non avevano nulla a che fare e questo ha riguardato in particolare l’occupazione femminile e l’ufficio acquisti, che si è scelto di concentrare a Milano. L’Ilva ha fatto questo restando nei limiti dell’accordo, quindi legittimamente, ma bisogna capire i numeri reali degli occupati di Cornigliano”.

Monitorare i numeri reali di Cornigliano è il nodo che tutti i soggetti coinvolti hanno avuto come obbiettivo per cinque anni.

Scopo dell’accordo di programma, produrre industria pulita, salvaguardando i posti di lavoro.

Visto oggi, l’accordo di Cornigliano rimandava all’art. 41 della Costituzione: libertà dell’iniziativa economica privata, utilità sociale, sicurezza, dignità umana, coordinamento dell’attività a fini sociali.
Nel 2005, ma anche in precedenza, nessuno, oltre Riva, ha presentato un progetto che contenesse tutti gli elementi che l’art. 41 menziona.
A nessuno interessavano quelle aree perché nessuno si poteva gravare dei 2700 dipendenti che l’Ilva contava allora.
Le aree, affidate ad altri, potevano generare profitto, ma non posti di lavoro.
La “vision” dell’accordo è stata quella di contenere insieme impresa e occupazione. In un paese dove l’impresa, se può, produce con livelli occupazionali e tutele ridotte al minimo.
La politica genovese ha scommesso, ma non ha voluto vedere che chi fa impresa ha come scopo produrre utili. In una condizione di crisi industriale e in assenza di utili chi fa impresa ricorre ad ammortizzatori sociali e riduzione di personale.
Alcuni aspetti della vicenda, presi per tempo, avrebbero potuto modificare il quadro con il quale le istituzioni hanno a che fare oggi. Uno fra tutti, la crisi che ha dato segnali che andavano oltre il numero di cassintegrati inseriti nell’accordo, inducendo Riva, già due anni fa, a ricorre alla cassa integrazione ordinaria per il personale ancora in forza. Inoltre questioni delicate come la centrale termica, la capacità occupazionale di impianti e uffici non sono state mai visualizzate con la chiarezza necessaria.
Oggi i possibili rientri in azienda sono accompagnati dalla motivata preoccupazione che siano rientri temporanei. Dopo cinque anni in Comune e Provincia i lavoratori legati all’accordo di programma temono di tornare in una società i cui livelli produttivi non permettono di assorbirli, e vivono il rientro con la paura di essere rimessi in cassa ordinaria.
In questo caso, assai probabile, cosa propone il presidente della regione Liguria?
E come si tutelano tutti i dipendenti delle acciaierie?
Sempre su Repubblica, il presidente della Regione dichiara che ci sono aziende fortemente interessate alle aree come Ansaldo Energia e Asg di Malacalza: ma la parola “aree” non è sinonimo di nuovi occupati.
Poi invita tutti i soggetti coinvolti a mettersi “attorno a un tavolo” e chiede “al governo di ragionare, partendo proprio dall’accordo di programma”.
“Lavoriamoci fino a settembre e vediamo se a ottobre, a cinque anni esatti dal vecchio accordo, arriviamo a consolidare una nuova intesa”.
(Giovanna Profumo)

Oli 268: INFORMAZIONE - Partire dalla Cina per raccontare Pomigliano

Shangai, tanti ombrellini colorati aperti, non per la pioggia ma per il sole, come da consuetudine cinese, sono in attesa all'Expò del padiglione made in Italy magari per assaggiare le lasagne a 14 euro. Intanto a migliaia di chilometri di distanza  si consuma l'ennesimo sciopero dell'Asia operaia, questa volta è il comparto tessile: la produttività  secondo l'Oil (Organizzazione internazionale lavoro, Sole 24 ore del 25 giugno) è cresciuta dell' 8,7% nonostante la crisi e Pechino impone agli investitori stranieri aumenti dei salari fino al 30% per favorire consumi interni e sicurezza sociale.
Ne dà notizia giovedi 1 luglio il Tg2 delle 20.30. Non accenna però alla protesta dei lavoratori in Cambogia, Malaysia, Indonesia, Vietnam, Pakistan e India. Le rivendicazioni cinesi stanno sconvolgendo l'altra parte del mondo e i governi asiatici ne sono preoccupati perché non riescono a reggere la  competitività cinese, la più alta in assoluto.
Nessun cenno della Rai ai suicidi che da mesi avvengono nel megastabilimento di Foxconn, primo focolaio della protesta, dal quale escono i componenti elettronici utilizzati da Sony, Samsung, Nokia o Apple. Monaci buddisti, psicologi, spazi di ricreazione e un milione e mezzo di metri quadrati di reti protettive per impedire ai dipendenti di gettarsi da tetti e finestre (Sole 24 ore, 28 maggio): 420 mila operai, che al 90% hanno meno di 25 anni e che passano dalla catena di montaggio, con turni e controlli estenuanti, ai dormitori, vivendo all'interno di un perimetro di 12 chilometri. Il salario di base è di 900 yuan, circa 110 euro e può raddoppiare con gli straordinari; i lavoratori sono giovani emigrati dalle province più interne del Paese: Foxconn resta per le agenzie di rating "fornitore di alta qualità", così si pensa a stabilimenti vicino alle terre d'origine per evitare "l'alienazione" di cui, secondo i dirigenti, soffrono i ragazzi-operai. Mentre coetanei più ricchi frequentano corsi di perfezionamento per adeguarsi al futuro mondo dorato che li aspetta.
Volkswagen ha annunciato investimenti senza precedenti in Cina per un valore globale di sei miliardi di euro, con tre milioni di autoveicoli entro il 2014. Honda, pur di continuare a produrre, ha concesso un aumento salariale del 24%. Così Pepsi e le principali aziende di elettronica. Poco prima di questo servizio, al Tg2, il no di Maurizio Landini, leader della Fiom, all'accordo di Pomigliano, con la richiesta alla Fiat di riaprire le trattative.
Su Affari e Finanza de La Repubblica del 28 giugno si sottolinea che non è più  solo export, ora si cresce anche grazie al made by italians, ovvero con gli investimenti italiani all'estero, che sono di 32 miliardi, contro nove miliardi di dieci anni fa: delocalizzazioni da Stati Uniti a Romania e Paesi dell'Est, ma anche in Cina con quasi 800 imprese e 85 mila addetti. Fiat dice che i sindacati americani hanno capito.
Forse a Pomigliano bisognava davvero votare tutti sì al referendum: non solo pensando alla sopravvivenza dei 5mila operai, ai 10mila dell'indotto e ad un territorio degradato. Ma soprattutto per vincolare Fiat ad un impegno vero, senza più le vacche grasse degli aiuti di stato che in questi decenni hanno permesso all'azienda torinese di mettere operai in cassa integrazione e distribuire dividendi. Se n'è fatto una questione di principi, sacrosanti. E dato alibi a Fiat e governo: come passeranno l'estate Vincenzo, Giuseppe e le loro famiglie?
(Bianca Vergati)

Oli 268: POLITICA - Gli arabi scoprono una Turchia amica

Solo dopo l’intensissimo contatto della Turchia con la questione principale dei cittadini arabi, la Palestina, questi ultimi si sono accorti dei cambiamenti che, da almeno quindici anni, coinvolgono la realtà turca. Gli arabi da sempre hanno “un'antipatia” per la Turchia, a causa dei 500 anni di dominio ottomano del loro territorio e per la continua “occupazione” della regione di Iskenderun. Gli islamici arabi, che continuavano a difendere il califfato islamico ottomano, cambiano atteggiamento quando Kamal Ataturk realizza la trasformazione laica della Turchia. All’antipatia di nazionalisti ed islamici si aggiunge quella della sinistra e dei progressisti arabi perché la Turchia fa parte della Nato, perché la sua alleanza con Israele è da sempre strategica e militare e perché ha sempre negato il diritto all’autodeterminazione dei Curdi.    
Le cose iniziano a cambiare dopo la ferma solidarietà della Turchia ai palestinesi di Gaza durante la feroce aggressione israeliana del gennaio 2009, operazione “Piombo fuso”, dove, secondo l'ONU ed il rapporto Goldstone, sono stati commessi crimini di guerra. Il cambiamento vero e proprio è di questi giorni dopo la solidarietà turca con i pacifisti aggrediti (nove persone uccise) dalla marina israeliana in acque internazionali durante il loro tentativo di rompere l’assedio imposto dagli israeliani alla popolazione palestinese di Gaza (assedio considerato recentemente insostenibile dallo stesso presidente americano Barak Obama). Le foto del premier turco Erdogan sono apparse nelle ultime manifestazioni popolari accanto a quelle dei leader arabi più amati come Nasser ed Arafat, e in certi paesi arabi stanno sostituendo le foto di Khomeini e di Ahmadinejad.        
La Turchia, paese europeo che fa parte della Nato, governata da un partito di ispirazione islamica che assomiglia a quel che era la Democrazia Cristiana italiana, può mediare tra "occidente" e aspirazioni del suo ambiente mediorientale (al quale sembra rafforzare la propria appartenenza) per una pace duratura nella regione e nel mondo. Occorre però non cadere nella solita trappola dei guerrafondai che hanno già iniziato a diffondere il vecchio disco di una Turchia antisemita, amica degli integralisti e dei terroristi. La trasformazione della Turchia in un altro Iran servirebbe solo a destabilizzare la regione e renderebbe ancora più esplosiva la situazione. Occorre invece che la Turchia faccia al più presto parte dell’Unione Europea.
(Saleh Zaghloul)

Oli 268: SOCIETA' - La miseria umana che deruba i morti

Foto: Alisia Poggio
Pochi giorni fa al cimitero di Staglieno ho visto una donna. Era al campo sedici. Quello dei bambini. Avvolgeva con un grande fiocco di raso rosa la lapide di una bambina. Il gesto era un abbraccio. Come una consuetudine. Era così singolare e improvvisa quella ventata d’amore per il mondo dei vivi che per un po’ non ho saputo esattamente dove collocarla. Continuando nella mia visita la voce di un’altra donna – tono schietto e affabile – mi ha attirata. Ho pensato che parlasse con un funzionario o un addetto del cimitero. Discorreva di cose sue – affatto personali – con una lapide. Congedatasi dal defunto, sulla strada per tornare alle cose della vita, mi ha guardata e, dopo un attimo di esitazione, mi ha detto con un largo, affrettato sorriso: “Devo tornare indietro per fargli ancora una saluto!”. Ha accarezzato a lungo la piccola lapide, mandandole baci, e più serena è andata via.

Risulta, da recenti articoli di stampa locale e nazionale, che alcuni dipendenti del civico cimitero di Staglieno facessero mercimonio di quel che restava di corpi esumati, spolpandoli di quanto poteva ancora generare reddito: denti d’oro, protesi, anche monili lasciati dalle famiglie ad accompagnare il caro. Altri pare si facessero pagare per accelerare le pratiche di sepoltura. L’inchiesta è in corso.
Le dichiarazioni dei politici assicurano che si tratta “di casi isolati”. Ma segue a ruota quella riguardante le mense – le mense delle scuole genovesi stanno facendo storia in procura – nelle quali sono sotto inchiesta persone che sottraevano vivande.
Si tratti di cibo o di defunti, visti da un certa distanza, gli autori di questi gesti segnalano una miseria umana prima che concreta, rispetto alla quale oggi è assolutamente necessario porsi domande.
Si tratta davvero di casi isolati? E’ la prima domanda che chi ha incarichi in un’amministrazione dovrebbe porsi, alla quale non si deve dare una risposta affrettata
Cosa sta accadendo in questa città? E’ la seconda.
Posso porvi rimedio? E' la terza.
Staglieno e quanto è accaduto cosa segnala? Si vuole o non si vuole considerare quello che avvenuto come un confine oltre il quale non ci si può permettere di andare? Se viene a mancare il rispetto per quelle due donne e per tutti coloro che nel culto dei morti ancora vivono poca o tanta parte della propria esistenza, cosa ne è del mandato con il quale il cittadino elegge il proprio rappresentante? Fino a che punto – parafrasando Moretti e il suo Caimano – dovremo raschiare il barile?
(Giovanna Profumo)

Oli 268: PUBBLICITA' - Un altro punto di vista

Partendo e arrivando nelle stazioni ferroviarie d'Italia da circa un mese ci si sente inspiegabilmente osservati. Sono esseri viventi, in gruppo o da soli, che ci guardano da cartelloni pubblicitari dallo sfondo cupo, senza ammiccare. Uomini e donne, nudi, o forse cani e gatti per via della maschera che indossano? Nessun golden retriever che ispira tenerezza o mellifluo gatto che annusa un patè raffinato, nessun bikini o jeans attillato in zona pubica, ad ostentare i gioielli di famiglia. Semplicemente, naturalmente nudi. Al punto che ci si sorprende a domandarsi chi guardi chi, animale-uomo, uomo-animale. Un ambiguità che nulla ha a che vedere con i baci saffici di alcune patinate pubblicità, che corre invece sul sottile confine tra uomo ed animale. 
Si tratta di una campagna pubblicitaria di alimenti per animali firmata da Oliviero Toscani. Forse basta quest'ultimo particolare a dar adito a polemiche, insieme alla nudità dei soggetti fotografati. Il Secolo XIX ha recentemente pubblicato una lettera di un gruppo di studentesse e professoresse dell'Istituto Duchessa di Galliera di Genova, infastidite dall'esibizione strumentale del nudo femminile. Su facebook è apparso qualche sparuto gruppo che si oppone all'oscenità della campagna, il dibattito è poi attivissimo sulla pagina facebook della stessa azienda che l'ha commissionata. 
Proviamo però a guardare la questione da un altro punto di vista, parafrasando lo slogan di questa pubblicità. Senza chiederci quale messaggio Toscani voglia trasmetterci, se le sue immagini ci piacciano o meno, se siano in linea con il prodotto o ci sia invece una relazione strumental-provocatoria. Domandiamoci la ragione profonda del fastidio che evocano. Difficilmente si potrà ravvisare nell'ostentazione di un corpo nudo, quando ormai curve ed avvenenza, nel bene e nel male, sembrano diventate essenziali elementi del successo in ogni campo. Il turbamento nasce laddove scorgiamo in quei corpi con i volti coperti una naturale ferinità che ci appartiene, ma che rifuggiamo. Perfettamente complementare alla pratica quotidiana dell'umanizzazione degli animali domestici, la ferinità, nella sua accezione positiva, non feroce, è un punto di incontro tra noi e loro, una comunanza sulla quale fondare il rispetto della natura e degli esseri che reciprocamente la abitano. 
La maturità, non solo sessuale, par essere inversamente proporzionale alla sua esibizione...
(Maria Alisia Poggio)


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Oli 268: PAROLE DEGLI OCCHI - Teste imbavagliate

Foto e testo: Giorgio Bergami
E' il cervello che scatta la fotografia.
La macchina è il mezzo per vedere meglio, è lo strumento.
Il bavaglio che vogliono mettere è sui nostri cervelli.