venerdì 27 marzo 2015

OLI 423 - SOMMARIO

PAROLE DEGLI OCCHI - Vetrina sfacciata (Foto di Surya)
SIRIA - Cartoline da Genova per ricordare la guerra (Giovanna Profumo)
REGIONE - Carbone che viene, carbone che va (Bianca Vergati)
CITTA' - In Via Romana più cemento, più macchine, più frane (Ester Quadri)
REGIONALI 2015 - Il ritorno dei boiardi e la scelta di Pagano (Giovanna Profumo)
COMUNE - Una modifica allo Statuto per salvare la partecipazione (Stefano De Pietro)
CULTURA - Massimo Chiesa, se la politica rottama il teatro (Biancalice Sanna)
AMBIENTE - L'amore alle Galàpagos e a Portofino (Bianca Vergati)
ESTERI - Voci dalla Stampa Internazionale (a cura di Saleh Zaghloul)

OLI 423: PAROLE DEGLI OCCHI - Vetrina sfacciata

(Foto di Surya)

Amsterdam, febbraio 2015

OLI 423: SIRIA - Cartoline da Genova per ricordare la guerra

Domenica 15 marzo, Genova.
Il pomeriggio è sospeso, con il cielo grigio gravido di acqua.
Si incontrano in piazza Cernaia, nel cuore del centro storico, famiglie, ragazzi e ragazze che vogliono commemorare i 4 anni dallo scoppio della guerra siriana. Scambiano palloncini rossi, legano ai fili sagome di stoffa leggere che raffigurano bambini e bambine, che grazie a quei palloncini possono volare. Così li portano in processione per i vicoli bui del centro storico. La Siria sfila a Genova, grazie ad Alessandra Raggi animatrice di un movimento colorato di persone che non dimentica il conflitto che insanguina il suo territorio, un movimento che porta nelle piazze della città – San Lorenzo prima e Matteotti dopo – le voci e i corpi dei bambini siriani vittime di questa tragedia.
Camminano tra i turisti, superano l’Acquario di Genova fino al punto in cui il molo si arrende al mare, e sotto la pioggia e mazzi di palloncini rossi, si fermano sul pontile per farne volare alcuni verso Sud.
Le foto, scattate a dispetto del brutto tempo, sono le cartoline che Genova spedisce alla Siria e ai suoi figli più piccoli.
Marco Doria ha dato la sua solidarietà tramite F.B. all'inziativa, ma l'evento non ha registrato la presenza di politici e assessori.
Peccato, non sanno cosa si sono persi.

(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)

OLI 423: REGIONE - Carbone che viene, carbone che va

“ Ma tu con chi stai?” è il quesito principale che imperversa sui media liguri, da destra e da sinistra tutti sgomitano, ma dai politici nemmeno un pio di come sta la nostra Liguria. Pare si stia sfasciando il Salone Nautico, che non interessa soltanto Genova, eppure il capo di Fiera, Sara Armella, è occupata a fare le primarie Pd, mentre il presidente in scadenza dell’Autorità Portuale Merlo, consorte della candidata presidente regionale, presenta un Piano regolatore Portuale "da sssogno", direbbe Crozza-Briatore: stupendo il blueprint di Renzo Piano, speriamo che lo facciamo.
Si prevedono però due nuove dighe, gulp, quando neppure si è deciso se e quando fare la torre piloti, forse l’unica certezza è l’abbattimento dell’ex palazzo Nira, che magari basterebbe bonificare per recuperare...
Il porto di La Spezia compra gru giganti dalla Cina, una volta le costruiva Ansaldo Industria, come se quel gioiello di golfo fosse adatto per intensificare il megatraffico container, a Imperia crisi nera, è lontano il ricordo dei mulini sbuffanti della pasta Agnesi e dei treni carichi di grano, ora ristorantini, vecchi yacht e sulle banchine rubate al mare svettano gli scheletri degli edifici del superporticciolo incompiuto.
A Savona è stata chiusa la centrale termoelettrica di Tirreno Power, non più a norma, restano duecentomila tonnellate di carbone inutilizzate e a rischio inquinamento. Finalmente si è deciso per lo sgombero: il 15 per cento andrà alla centrale di Monfalcone. E il resto? Ci vorranno quaranta camion al giorno per completare lo smaltimento delle prime trentamila tonnellate, che viaggeranno fino al Terminal Rinfuse di Genova, essendo stato chiuso da tre mesi quello di Savona-Vado, proprio per la cessazione dell’attività della centrale. La movimentazione del carbone potrebbe avere effetti sull’ambiente, intanto è certo che dovranno essere compiuti millecinquecento viaggi per l'imbarco sino a Genova.
Complimenti per la gestione alla Regione, al Ministero, a tutte le Autorità Portuali, che puntano i piedi per non essere accorpate, quasi ogni porto fosse una repubblica marinara e il coordinamento in questo caso è brillato: la Befana è lontana, ma molto di quel carbone dovrebbe essere scaricato a casa di tutti quei soggetti di cui sopra.
(Bianca Vergati - immagine di Guido Rosato)

OLI 423: CITTA' - In Via Romana più cemento, più macchine, più frane

Sono cinque mesi che la furia dell'acqua ha devastato il nostro territorio, portandosi via tutto quello che incontrava.
Cinque mesi e tante cose sono cambiate, altre sono rimaste invariate, come cristallizzate sulla madre terra. Cinque mesi e la frana di Via Romana della Castagna a Quarto è sempre lì dove si è formata e ancora divide l'antica Aurelia in due parti, rendendo inaccessibile il passaggio.
Cinque mesi. Sembra di essere ritornati dietro nel tempo, in quell'antico percorso, priva di rumori, solo il suono del rio sottostante , forse gli abitanti del sito ora respirano in quel magico silenzio privo di mezzi e motori, ci si sta rassegando quasi increduli della risorsa inaspettata, ma cosa fare?
Si chiede quando si riaprirà quella strada, ma si potrà anche proporre di renderla oltre che sicura per i pedoni viandanti, magari accessibile solo dai residenti o comunque limitarne l'uso. Sebbene presto e come sempre sorgeranno nuove residenze per un cambio di destinazione d'uso che il Comune ha approvato proprio a pochi metri da quel rio dove è avvenuta la frana. Più case, più macchine più cemento più frane. Intanto l'antica Aurelia dopo quattro mesi resta divisa in due da macerie scivolate dal fu muretto a secco, memoria storica della nostra cultura.
Anche la frana di Via dell'Ulivo a Quinto, a due passi del cantiere di via Majorana è sempre lì, implacabile a sbarrare il passo.
(Ester Quadri - Foto di Ferdinando Bonora)

OLI 423: REGIONALI 2015 - Il ritorno dei boiardi e la scelta di Pagano

(ex Voto a San Torpete - Genova)
C'erano una volta i boiardi di stato.
Il temine negli anni Ottanta indicava il gotha di dirigenti, voluti dalla politica, che gestiva aziende pubbliche e che ne decideva i destini. Uomini potentissimi capaci di scelte sciagurate. Ancora oggi le conseguenze delle loro decisioni bruciano sul tessuto produttivo del paese.
Esistono nuove tipologie di boiardi?
Scelgono bene?
La recente vicenda delle elezioni regionali liguri induce a pensare che i boiardi esistano, pronti a dettare a sinistra l'agenda politica della Liguria. Il sostegno, come candidato "antipaita" a Luca Pastorino, sindaco di Bogliasco, parlamentare e ormai ex Pd di area "civatiana", è un segnale del clima che si respira nei partiti di di sinistra a livello nazionale, dove si punta su un carino dal passato politico innocuo, piuttosto che su un cooperante internazionale, sindaco per due mandati di La Spezia, con una militanza nel Pci.
Se sono gli uomini a fare la storia, quella di Luca Pastorino non tiene il confronto con quella di Giorgio Pagano e nemmeno sarà una minaccia per Raffaella Paita, visto lo spessore politico dell'avversario.
Si sarebbe potuto avere di più, con buona pace di Pastorino che garantisce una campagna politica "col sorriso", quando in Liguria da tempo, non c'è nulla da ridere. Si poteva convergere su Pagano, scelto da primarie di area e presentato agli elettori di sinistra dopo una lunga serie di incontri. Ma così è andata e la pubblicazione di un carteggio mail di don Farinella non ha certo favorito l'unità.
E in nome di quella unità a sinistra, Pagano ha ritirato la propria candidatura. Ma si è reso disponibile a parlare di programmi e propore buona politica.
(Giovanna Profumo)

Ecco il testo integrale della sua lettera inviata alla stampa il 26 marzo 2015:

In queste settimane ho lavorato, insieme a molti amici, al progetto di una “coalizione civile, sociale e popolare”, alternativa al sistema dominante in Liguria. Un progetto capace di guardare a sinistra ma non solo, perché vuole mobilitare le coscienze e le passioni civiche di tutte le persone ammutolite di fronte a consuetudini stratificate di malaffare, mediocrità politica, assenza di visione, danni costanti alla cosa pubblica e al territorio. La forza di questo progetto è tutta nella capacità di coinvolgere e aggregare dal basso, di creare fiducia non solo attraverso iniziative e vertenze politiche ma anche e soprattutto attraverso pratiche solidali e mutualistiche capaci di dare risposte concrete ai bisogni delle persone.
Ho cercato fino all’ultimo l’alleanza, in vista delle elezioni regionali, con i piccoli partiti della sinistra,
ma il tentativo è stato reso impossibile da una operazione politica vecchia e stantia, organizzata da minoranze partitiche che contano sempre meno, non hanno una reale visione alternativa e si rifugiano da tempo in una cultura minoritaria e perdente che parla a pochissimi e allontana le tante persone disamorate dalla politica per colpa di questa politica. Non rinnego il tentativo, che andava fatto: ma l’esito è stato fallimentare, e le responsabilità politiche sono evidenti. Non esistono dunque le condizioni perché io possa accettare la proposta che mi è stata fatta dal candidato a Presidente e dai dirigenti nazionali dei piccoli partiti di aderire a questa operazione assumendo il ruolo di capolista.
In questi giorni ho discusso a lungo con gli amici che mi hanno proposto e sostenuto. E’ cresciuto il consenso attorno a noi, forte era ed è la spinta a presentare una lista civica alle elezioni. Ma ho voluto ancora una volta compiere un atto di responsabilità, l’ultimo: ho deciso di ritirare la candidatura. L’ho fatto nel nome della lotta alle frammentazioni e alle divisioni, un sentimento da molti condiviso, di cui mi sono fatto carico. 
Spero che questo atto possa ancora far riflettere sulla mia proposta, finora rifiutata, di una nuova candidatura unitaria, che eviti il danno di una dispersione dei consensi all’interno del campo dei cittadini impegnati per il cambiamento, potenzialmente maggioritario.
Confesso che il mio rientro nella politica tradizionalmente intesa, dopo otto anni di impegno sociale e culturale dal basso, è stato drammatico. Ora sono pienamente consapevole che l’obiettivo che mi ha sempre mosso, quello della riforma dei partiti e della loro apertura alla società, deve fare i conti con quella che purtroppo è la realtà: oggi sopravvivono i resti disperati di un sistema che ha condotto allo smantellamento inesorabile di una politica ormai screditata agli occhi dei cittadini.
Il mio atto non è però di abbandono, anzi: ho deciso di lavorare per costituire il movimento “La Buona Onda”, con l’obbiettivo di costruire insieme alle tante altre associazioni -a partire da “Altra Liguria”, che con tanto calore mi ha accolto- e a tutte le persone interessate la “coalizione civile, sociale e popolare” della Liguria. Una grande forza civica organizzata, radicata nei territori, che collabori con le forze di base e civiche che si battono per un cambiamento radicale. Durante la campagna elettorale stimoleremo il dibattito pubblico con interventi sui principali problemi della regione. Costruiremo un osservatorio sulle politiche regionali, con proposte specifiche e un monitoraggio stretto di chi governerà. Soprattutto ci impegneremo per una cultura politica nuova, che potrà supportare la nascita di liste civiche di cambiamento alle elezioni future e rafforzare un processo dal basso come contributo della Liguria alla coalizione sociale che sta crescendo nel Paese. La “Buona Onda” di entusiasmo, di centinaia di proposte di programma che mi sono arrivate, testimonia che la voglia di un cambiamento radicale è molto forte. “La Buona Onda” organizzerà questa spinta genuina e popolare: non è una scelta di testimonianza, ma ha lo spirito di una alternativa di governo.
Un grazie di cuore alle migliaia di persone che in questi giorni hanno voluto manifestarmi affetto e vicinanza politica, a “Altra Liguria”, ai Verdi e soprattutto agli amici del “gruppo di San Torpete”, i primi a credere in me.
Giorgio Pagano

OLI 423: COMUNE - Una modifica allo Statuto per salvare la partecipazione

Il Permesso a costruire è un atto autorizzativo che viene emesso dagli uffici comunali a seguito di un lungo percorso burocratico al termine del quale viene approvato un progetto edilizio. Sono soggetti al permesso a costruire tutte quelle opere quali posteggi interrati, edifici civili e industriali che in questi anni hanno cambiato l'aspetto di Genova.
Spesso, il percorso burocratico edilizio avviene, nel pieno rispetto della legge, all'interno degli uffici stessi, e i cittadini vengono al corrente di queste opere solo a cose ormai fatte, quando il ritiro di un permesso potrebbe essere solo effettuato mediante un ricorso al TAR o per effetto di una delibera di Consiglio comunale, con danni nei confronti del richiedente il permesso e quindi con una probabile richiesta risarcitoria anche onerosa per il Comune.
Un esempio di macchina burocratica in questo senso è il parcheggio di Piazza Solari, intercettato dai cittadini a poche ore dal rilascio del permesso (o meglio dalla consegna materiale di un permesso già firmato). Ancora oggi la situazione di quel posteggio è in forse, in quanto il titolo sarebbe valido se fossero consegnate le fidejussioni richieste, unico motivo al momento per il quale il bosco è ancora lì. Un altro caso, meno fortunato, è il parcheggio di via Cadighiara, dove è stato dichiarato l'inizio del cantiere.
Per ovviare a questo problema, sfruttando un percorso di revisione dello statuto del Comune, il Movimento 5 Stelle ha prodotto un emendamento per introdurre un margine di sicurezza temporale che consenta ai cittadini la visione dei permessi a costruire attraverso il sito web del Comune, prima che questi siano firmati dai dirigenti, in modo da evitare le richieste di danni in caso di opposizione da parte di qualcuno. E' stato proposto un termine di trenta giorni, trascorsi i quali senza inconvenienti il dirigente potrà firmare il permesso certo che il percorso di informazione sia effettivo, oppure valutare insieme all'assessorato eventuali opposizioni e richieste derivanti da un percorso "cieco" della pratica.
Si tratta di una proposta semplice, che andrà adesso vagliata insieme al Segretario generale per il parere di legittimità e poi accolta (o meno) a livello politico dal Consiglio comunale.
Certo è che il Movimento intende mettere i gruppi consiliari di fronte alla responsabilità di un eventuale "no" nei riguardi della cittadinanza genovese che chiede trasparenza e maggiore voce in capitolo sull'andamento dell'edilizia nella propria città.
(Stefano De Pietro)


OLI 423: CULTURA - Massimo Chiesa, se la politica rottama il teatro

Sulla scrivania di legno si sovrappongono copioni, libri, buste, fogli sparsi. Il computer portatile è acceso, accanto, un pacchetto di sigarette semiaperto. Massimo Chiesa lo afferra e inizia a fumare, gambe accavallate e camicia di jeans. Aria un po' tormentata.

- Nell’ultimo periodo si è sentito molto parlare del mancato riconoscimento del Teatro Stabile di Genova come Teatro Nazionale, esattamente che cosa si intende per Teatro Nazionale? In che cosa consiste effettivamente la differenza tra un Teatro Nazionale e un teatro che non lo è?

“Dal decreto legge questo non si riesce a capire bene, viene evidenziata la distinzione tra un "Teatro Nazionale" e un "TRIC" (teatri di rilevante interesse culturale). Il Teatro della Tosse e l'Archivolto hanno fatto domanda per essere TRIC. Nel decreto legge la differenza tra un teatro Nazionale e un TRIC è sostanzialmente di numeri, ad esempio: a un Teatro Nazionale sono richieste 15.000 giornate lavorative, mentre a un TRIC 6.000. Un Teatro Nazionale è vincolato alla produzione annuale di almeno due spettacoli di autori viventi (di cui uno di nazionalità italiana), mentre per un TRIC la richiesta è di uno spettacolo di un autore vivente. In sostanza le differenze principalmente sono date dalla “quantità” e non dalla qualità e dalle scelte artistiche”.

- Quindi nella realtà dei fatti non c'è nessuna differenza tra l'essere un Teatro Nazionale e l'essere un TRIC?

“No, in teoria no. In tutte le dichiarazioni che molti hanno fatto ai giornali è stato detto che non ci sarà una grande differenza nemmeno nei finanziamenti, personalmente credo che questa grande differenza invece ci sarà. Altrimenti queste distinzioni sono un po’ fine a loro stesse.”

- Cosa pensi del decreto in sé?

“A mio parere è pieno di errori. Per esempio, un articolo parla di "Centri di produzione teatrale" a cui però viene richiesto che le giornate recitative di programmazione vengano riservate per almeno la metà a soggetti diversi dal richiedente il contributo e questo è un controsenso in termini , perché significa che un centro di produzione deve fare almeno il 50% delle repliche di "ospitalità". Un’altra cosa che mi viene in mente è che ai Teatri Nazionali viene richiesto di produrre o ospitare almeno due spettacoli di ricerca. Qui si apre un altro capitolo che la commissione non ha preso in considerazione: in quale città questo deve succedere? Perché, anche se è improbabile, può essere che un Teatro Nazionale sia ubicato in una città dove non ci sia nessun teatro che ospiti teatro di ricerca, ma può anche essere che sia in una città in cui il teatro di ricerca per consuetudine è ospitato in altri teatri, come qui a Genova, dove il teatro di ricerca trova casa alla Tosse, all'Akropolis o addirittura all'Archivolto. Perché se ne dovrebbe far carico il Teatro Stabile? Non ha senso, oltre a creare un danno alla Tosse, piuttosto che all'Akropolis o all'Archivolto. Ma perché poi è così vincolante ospitare o produrre spettacoli di ricerca per un Teatro Nazionale?”

OLI 423: AMBIENTE - L'amore alle Galàpagos e a Portofino

Il pontile dondola languido, luci festose ne disegnano la sagoma, intorno mare nero e altri profili luccicanti, sono le imbarcazioni, poche, che sostano in baia. In lontananza spiccano luminose le piccole case del porticciolo, una fila di negozietti che vendono tartarughe in onice e pelouche, magliette con le sula, gli uccelli dalle zampe turchesi.
 I turisti sbarcati si affannano a curiosare, a rovistare nelle bancarelle, vorrebbero portarsi via tutto, quasi a fermare il tempo e i ricordi. Sono soltanto souvenir ma è nel cuore, nella memoria che vorrebbero fermare per sempre le immagini di un mondo che non vedranno uguale in altro posto, le foto potranno servire soltanto a raccontare. Mai si scorderanno di aver nuotato con le tartarugone placide, con i minuscoli pinguini così goffi a terra, cosi eleganti nell’acqua, così rapidi ad accorrere al tuffo del cormorano che si immerge nel banco di pesci, spirali argentate di pesciolini che si tengono stretti per difendersi dal predatore. Ricorderanno i colibrì librarsi sulle rocce per cogliere cibo invisibile, le iguane statuarie, come un microfilm di jurassick park e poi lo scivolare lento dei gommoni, l’avvicinarsi cauto alle isole incantate, dove pigri si crogiolano i leoni marini: scuri, quasi neri se sono bagnati, i cuccioli dal pelo dorato che si strusciano sotto il sole, al riparo dei grandi, in un silenzio che ti avvolge, interrotto soltanto da "voci" non umane.
Si deve parlare a voce bassa per non spaventare gli animali, bisogna scrollare bene gli scarponcini prima di risalire in barca dopo un’escursione, i percorsi sono segnalati, guai ad andare oltre, anche se ti capita di assistere alla nascita difficoltosa di un piccolo leone, non puoi, non devi intervenire: pure se il piccolo sembra non riuscire a risalire dalla pozza in cui è caduto, la madre lo guarda esausta sulla riva e tu, tu non puoi aiutarlo, romperesti l’equilibrio della natura, forse quel cucciolo è destinato a morire, un altro sopravviverà.
Ecco tutto è così, alla Galàpagos, regolato dal ritmo e dalle leggi di natura, puoi osservare da lontano, nuotare un po’ più in là, ma nulla deve essere alterato, scavalchi le carcasse e non devi raccogliere foglie, sassi, conchiglie. Sembra quasi maniacale, esagerato ma è così che da millenni qui vivono animali estinti altrove, che Darwin aveva osservato là prima di scrivere L’Origine della Specie: uua variazione di fringuelli che a seconda delle isole che abitavano, aride o lussureggianti, si erano adattati ad avere un becco più lungo, un colore più anonimo. L’Ecuador ne fa un vanto di riserva, numero chiuso per approdare, per visitare questo paradiso, una risorsa economica da preservare ad ogni costo tramite un turismo intelligente.
Proprio come da noi con un modesto esempio: il sindaco di Portofino ha chiesto di accorciare la distanza a cui possono arrivare le navi-mostro da crociera per solcare “il santuario dei cetacei”. Così s’intende l’amore per la natura in questo nostro Paese che non sa più che cosa sia una convivenza equilibrata tra l’uomo e l’ambiente, ne ferisce la bellezza, Grande Opera sarebbe preservarla.
E pensi con rimpianto a quel leoncino di mare sdraiato beatamente sul pontile, mentre i marinai con passo felpato cercavano di aggirarlo senz disturbarlo, per arrivare a sciogliere le cime del gommone. 
(Bianca Vergati)







giovedì 26 marzo 2015

OLI 423: ESTERI - Voci dalla Stampa Internazionale

Informazione americana è alla frutta: Thomas Friedman pensa che i talebani siano arabi. 
New York Times, 25 Marzo 2015:
“Un secondo argomento è che l'Iran è uno stato vero e civile con elezioni competitive (anche se limitate), con le donne istruite e con un potente esercito. Rattoppare le relazioni USA-Iran potrebbe consentire all'America di gestire meglio e bilanciare i sunniti arabi talebani in Afghanistan”.
http://mobile.nytimes.com/…/thomas-friedman-look-before-lea…

Nuovo libro: i soldati americani hanno violentato 190.000 donne tedesche
Spiegel, 2 Marzo 2015: "Gebhardt ritiene che i membri delle forze armate statunitensi hanno violentato fino a 190.000 donne tedesche nel momento in cui Germania Ovest ha riacquistato la sovranità nel 1955, la maggior parte delle aggressioni si sono svolte nei mesi immediatamente successivi all'invasione americana della Germania nazista."
http://www.spiegel.de/…/book-claims-us-soldiers-raped-190-0…

Ebrei americani: “Netanyahu e Israele non rappresentano in alcun modo il popolo ebraico.” 
PRNewswire, 2 marzo 2015: “Migliaia di ebrei americani hanno manifestato il 3 marzo a Manhattan contro la visita del primo ministro israeliano Netanyahu a Washington ed il suo intervento al Congresso USA. "Netanyahu sostiene di rappresentare l'intero popolo ebraico, e temiamo che, se rimaniamo in silenzio, la gente possa credere che gli ebrei in generale approvino quello che fa e dice, perciò manifestiamo per mostrare al mondo la verità, che Netanyahu e il suo stato (Israele) non rappresentano in alcun modo il popolo ebraico.”
http://www.prnewswire.com/news-releases/central-rabbinical-congress-to-hold-demonstration-in-manhattan-against-israeli-leaders-speech-300043623.html

I musulmani molestati quanto gli ebrei in Europa 
Pew Research Center, 27 febbraio 2015: “I musulmani in molti paesi europei (32 dei 45) sono molestati quasi quanto gli ebrei”. In Germania, teste di maiale insanguinate sono state trovate in un sito dove la comunità musulmana Ahmadiyya stava progettando di costruire la prima moschea di Lipsia. In Irlanda, moschee e centri culturali islamici hanno ricevuto lettere minatorie, in una delle lettere si afferma: “I musulmani non hanno il diritto di stare in Irlanda. "
http://www.pewresearch.org/fact-tank/2015/02/27/5-facts-about-religious-hostilities-in-europe/

Sembrano le stesse parole che scrivevano i nazisti sugli ebrei in Germania 
New York Times, 19 febbraio 2015: "I musulmani in Danimarca possono coesistere con i loro vicini non musulmani, ma spesso si aggrappano a valori e mentalità di cospirazione dei loro paesi d'origine."

Governo libico: Turchia invia armi in Libia per fare uccidere i libici tra di loro
Reuters, 27 febbraio 2015
. "Il primo ministro libico, riconosciuto a livello internazionale, Abdullah al-Thinni, ha detto che il suo governo avrebbe rotto i rapporti con la Turchia perché sta inviando armi ad un gruppo rivale a Tripoli in modo che “i libici si uccidono fra di loro”.
http://www.nytimes.com/2015/02/20/world/europe/after-attacks-denmark-hesitates-to-blame-islam.html?_r=2

La visita di Netanyahu porta problemi per gli ebrei del Partito Democratico 
Washington Post, 2 marzo 2015: “Finora, 30 democratici, quattro senatori e 26 deputati, hanno detto che non assisteranno al discorso di Netanyahu. Quasi la metà sono afro-americani, che dicono di sentire profondamente che il signor Netanyahu sta disprezzando il presidente Obama sfidando la sua politica estera. Una mezza dozzina di quei democratici che intendono non assistere sono ebrei che rappresentano il 21 per cento dei membri ebrei del Congresso.”
http://www.nytimes.com/2015/03/02/us/politics/israeli-leaders-visit-brings-uninvited-problems-for-jewish-democrats.h

Ci vorrebbe un secolo per ricostruire Gaza 
Oxfam, 26 febbraio 2015: “Al ritmo attuale ci vorrebbero più di 100 anni per completare la costruzione essenziale di case, scuole e strutture sanitarie di Gaza se non finisce l’assedio israeliano" "Gaza ha bisogno di più di 800.000 camion carichi di materiali da costruzione per costruire case, scuole, strutture sanitarie e altre infrastrutture dopo ripetuti conflitti e anni di assedio”.
http://www.nytimes.com/2015/03/02/us/politics/israeli-leaders-visit-brings-uninvited-problems-for-jewish-democrats.html?smprod=nytcore-ipad&smid=nytcore-ipad-share&_r=3

“Nessuno ha perseguitato gli ebrei yemeniti più degli israeliani Askhenazi, che hanno rubato i loro figli al loro ritorno".
http://972mag.com/yemenite-children-affair-families-of-the-kidnapped-speak-out/101166/

Il New York Times dove si afferma che per Cuba è meglio un'economia socialista 
25 febbraio 2015: "Da quando Cuba ha più aperto la porta alle imprese private, il divario tra ricchi e poveri, tra bianchi e neri, che la rivoluzione ha cercato di diminuire, sta crescendo più evidente."
http://www.nytimes.com/2015/02/25/world/americas/as-cuba-shifts-toward-capitalism-inequality-grows-more-visible.html

1948 pulizia etnica del 85% dei palestinesi ُ
Electronicinfifada, 20 febbraio 2015: "In concomitanza con la fondazione di Israele nel 1948, le sue forze armate hanno sistematicamente espulso la popolazione nativa della Palestina e raso al suolo circa 500 dei loro villaggi nella più grande e meglio negata campagna di pulizia etnica nei tempi moderni." "Circa l'85 per cento dei residenti palestinesi di quella che sarebbe diventata Israele era stato costretto ad attraversare i confini e diventare rifugiati nei paesi limitrofi."
http://electronicintifada.net/content/long-struggle-palestinians-israel/14258
(a cura di Saleh Zaghloul)  

giovedì 12 marzo 2015

OLI 422: PAROLE DEGLI OCCHI - Heidi ribelle

(Foto di Surya)
Padova, febbraio 2015

OLI 422: CITTÀ – “Vola solo chi osa farlo”, da Antigone a Santa Maria in Passione


San Silvestro e Santa Maria in Passione, marzo 2015
Sulla vetta della Collina di Castello dove Genova nacque 2500 anni fa, accanto al complesso di San Silvestro ricostruito come sede universitaria di Architettura si estende Santa Maria in Passione, altro convento femminile dalla storia millenaria anch’esso devastato dalla seconda Guerra mondiale, che però giace ancora rovinato dai crolli bellici e postbellici, proprietà del Comune.
San Silvestro e Santa Maria in Passione, circa 1985
Contestualmente alla rinascita di San Silvestro, alla fine degli anni Ottanta si erano avviati consistenti lavori di sgombero delle macerie, ritrovando vani sepolti congelati al momento della distruzione, con affascinanti tracce della vita che vi si svolgeva: quasi una Pompei di pochi decenni prima con saloni, cucine, cisterne, scale, corridoi, scantinati, i parlatori e la grande lavanderia, oltre alla chiesa e al chiostro con giardino che erano rimasti sempre in vista. Saggi di scavo avevano indagato anche testimonianze dell’antichissimo insediamento preromano. Dal 1992, con l’intenzione di farne un parco archeologico co-finanziato dall’Unione Europea, si era proceduto alla messa in sicurezza delle strutture pericolanti, alla protezione dei resti con coperture moderne e alla ricostruzione della parte affacciata su via di Mascherona, adibita a sede dell’Osservatorio Civis, un ufficio comunale che forniva un eccellente servizio di documentazione e monitoraggio computerizzati, con la diffusione di informazioni sul centro storico, attività di sostegno della pianificazione urbana e ottimizzazione della gestione operativa degli interventi sul territorio.

San Silvestro e Santa Maria in Passione, circa 1985
Custodiva anche le chiavi della zona recintata, curandone la pulizia e l’ordinaria manutenzione e consentendone l’accesso al pubblico in occasioni particolari, come visite guidate o nel 1999 e 2005 le affollatissime Giornate di Primavera del Fai, il Fondo per l’Ambiente Italiano, durante le quali flussi ininterrotti di centinaia e centinaia di genovesi e no entrarono per la prima volta a scoprire tale inaspettato tesoro.
Subentrata nel 2007 la giunta Vincenzi a reggere la Civica Amministrazione con differenti indirizzi rispetto alla precedente, l’Osservatorio venne smantellato e sostituito da nuovi organismi collocati altrove, mantenendone però il sito web che consente di continuare ad accedere almeno in parte al patrimonio di dati raccolti.

OLI 422: BENI COMUNI - Valletta Cambiaso, se il Pubblico è distratto

L’ultimo derby è stato rinviato per pioggia e per lo stato horribilis del campo in un rimpallo di responsabilità anche se il Comune ha già passato la palla per la manutenzione dello stadio di Marassi tempo fa e il consorzio che gestisce sostiene che Samp e Genoa non pagano, come del resto succede per l’affitto.
A Nervi la piscina ha chiuso per problemi strutturali e chi l’aveva in gestione ha lasciato un buco a sei zeri, fra bollette e impianto che non ha mai visto migliorie: con il miraggio di fondi europei è stato presentato un progetto dalla sostenibilità economica pari a una lotteria.
Ad Albaro lo stadio del Tennis è a malapena agibile per i campi, ma tutto il resto, ovvero l'ex splendido verde del parco è un pianto. Che succede? Succede che i soldi sono finiti e la cuccagna pure.
Se dallo stadio di calcio il Comune è pur riuscito a defilarsi come manutenzione dell’erba dopo gestioni in fallimento, tutto il resto è ancora a suo carico, dallo stato tribune, ingressi e quant’altro.
 Il patrimonio pubblico costituito dagli impianti sportivi è dunque nebbia fitta. Mala gestione si dirà. Non solo. Il punto vero è pure un altro: sono gli accordi a fare acqua, ovvero le fatidiche Convenzioni che le Istituzioni fanno con chi ne assume la gestione. Non si capisce se sono poco accorti i funzionari o incapaci, idem i gestori, ad essere carini. Parliamo di un impianto sportivo di indubbia valenza architettonica e di un parco storico vincolato. Il fatto è che quando si “concede” un impianto pare che chi lo acquisisce faccia un piacere all’Ente. Si stipulano così contratti alla picchio che, se puta caso, non vengono rispettati nessuno paga. E non soltanto in senso metaforico.
Si cita sempre “la funzione sociale  dello sport”, con buona pace di tutti e se l’impianto va in malora, si chiude e ci si arrabatta poi per trovare le risorse con fregature annesse, il più delle volte.
Accade così per Valletta Cambiaso, un parco storico in cui fu costruito decenni fa lo stadio del Tennis, il più pregiato in Italia dopo il Foro Italico di Roma: una costruzione artistica di valore e una collocazione in un contesto di verde addirittura vincolato. Nel 2006/ 2007 la Federazione Italiana Tennis, dopo decenni di corsi Coni di successo, fece il gran passo e ne assunse la gestione con l’impegno di una riqualificazione delle opere strutturali per mezzo milione di euro, altri centomila euro sarebbero stati spesi per rimettere a posto il parco. Il canone sarebbe stato di quindicimila euro l’anno per i primi dieci anni e il doppio nei venti successivi, mentre ci si impegnava altresì sulla manutenzione del verde per un onere di trentamila euro l’anno.
Gli anni sono passati e niente di tutto questo è successo, anzi spesso è dovuto intervenire il Comune di Genova per riparare e ripristinare alberi, vialetti. Ma siccome sanzioni non ne erano state inserite nella Convenzione non si potrà pretendere nulla. Due anni fa è subentrata in subconcessione una società, la MyTennis, costituita ad hoc dai due circoli più vip della città: fame di spazi, 400 allievi, l’organizzazione di un grande evento internazionale, il Challenger, e una gestione delle ore praticamente esclusiva, alla faccia della funzione sociale, a parte una manciata di ore nessun altro circolo vi ha più battuto palla. Quatta quatta la FIT ha rimesso alla vigilia di Natale la concessione e My Tennis ha scodellato a gennaio un progetto per riqualificare il tutto, approfittando di supposti fondi europei. Si farà una gara naturalmente, partendo da quel progetto e siccome risorse non ce ne sono, vinca il migliore...
Il progetto è valido: peccato che si vorrebbe abbattere un bel numero di alberi di un parco vincolato storico, gli aghi dei pini si sa son fastidiosi, si vorrebbe recintare parecchio, occupare uno spazio consistente per “evitare commistioni fra atleti e bambini”, parola del progettista che ha presentato presso il Municipio Medio Levante il piano. Il Municipio ha approvato il progetto con molti paletti. Sarà ascoltato? Preoccupazione primaria per i cani, a quanto pare i più importanti fruitori, cui si propone di dedicare un’oasi del parco da sempre frequentata dai bimbi: che ce ne facciamo di questi mocciosi molesti, sempre meno a dire il vero, che corrono, giocano, importunando la concentrazione dei giocatori di tennis?
(Bianca Vergati)

OLI 422: ILVA - Landini, media assemblea

Un reporter riprende un lavoratore che fotografa un fotografo mentre scatta primi piani a Landini. L’immagine più evidente che si è nel cuore di una rappresentazione è data dal fatto che, ad un certo punto, due fotografi sistemano un casco ILVA proprio sopra i tubi innocenti che reggono il palco, come se quel casco fosse stato dimenticato da un operaio, ed iniziano a scattare foto.
Quella con Landini, non è, come promesso dal volantino affisso nelle bacheche aziendali, un’assemblea. Ma è incontro a porte spalancate, con stampa, lavoratori e cittadini. Un momento storico per l'ILVA di Cornigliano una giornata che ha dato alla siderurgia genovese visibilità, ma non un’assemblea che significa confronto, riflessione, condivisione di idee, tra lavoratori e sindacato.
Landini - dio lo benedica per il suo impegno politico - ha detto le cose che dice a Ballarò, Piazza Pulita, Servizio Pubblico, ma ha perso un’occasione importante: sentire le opinioni di chi in quella fabbrica lavora e di chi da quella fabbrica è stato messo in cassa integrazione. Dispiace che tutto diventi media, che in questo cacofonico rivolgersi all’esterno non ci sia più tempo per un ascolto autentico, il tempo per le parole. Anche scomode. Quelle che il sindacato non vuole sentir dire. I numeri, investiti in questa partita, sulla carta non permettono di immaginare grandi scenari sul fronte dei salari che drenano  milioni di euro al mese. Un miliardo e duecento milioni dei Riva – ancora da rimpatriare – sono esclusivamente destinati alla legittima realizzazione dell’AIA e 556 milioni, provenienti dalle risorse della cassa depositi e prestiti oltre che dai soldi di Fintecna, sono una cifra che ILVA è capace di fumarsi in 6 mesi soprattutto alla luce dell’anticipata chiusura dell’altoforno 5 – indispensabile per la messa in sicurezza dell’impianto – che ridurrà ulteriormente la capacità produttiva del sito di Taranto già oggi, in perdita. I conti non tornano.
La Newco è ancora un soggetto molto magmatico. Si aggiunga che i Riva hanno fatto ricorso contro lo stato di insolvenza dell’Ilva lamentando che La mano pubblica potrà impunemente non eseguire quelle stesse misure per la realizzazione delle quali ha illegittimamente sottratto a degli imprenditori privati la propria fabbrica. E’ vero che nella fase più delicata della discussione del decreto legge, Claudio Riva aveva chiesto che si terminasse il ciclo delle audizioni in Commissione Senato, prima di procedere alla dichiarazione di insolvenza dell'ILVA, richiesta inascoltata. Che piaccia o meno – e la gestione Riva non è piaciuta affatto – a processo ancora da fare, le scelte strategiche che hanno riguardato l’Ilva rischiano di essere oggetto di ricorsi da molti fronti e sanzioni, comprese quelle della Comunità Europea.
Un ragionamento con Landini poteva mettere a fuoco dove trovare 150 milioni di euro per l’impianto della banda stagnata. Altro spunto di riflessione cosa ne sarà delle centinaia di lavoratori genovesi oggi “utile risorsa” degli enti pubblici, destinati però a rientrare a settembre 2015 con i contratti di solidarietà, e ancora cosa significa nel testo della legge, votata dal parlamento “garanzia di adeguati livelli occupazionali”.
Adeguati, rispetto a quale modello siderurgico? Sulla base di quale piano industriale?
Si fa strada il precedente Alitalia, e qualcuno, purtroppo, vuole afferrarlo al volo.
(Giovanna Profumo)

OLI 422: PALESTINA - La Campagna Open Shuahada Street in Italia

In questi giorni è partita la quinta Campagna Internazionale Open Shuhada Street in solidarietà con gli abitanti di Hebron e della Palestina. Lo scorso 25 febbraio gli abitanti di Hebron hanno ricordato il massacro del 1994 in cui il colono israeliano Baruch Goldstein uccise 29 palestinesi mentre stavano pregando nella Moschea di Ibrahim, e a seguito di questo evento il governo israeliano chiuse la Shuhada Street, l'allora via di commercio principale per i palestinesi, con i suoi 500 negozi.
Oggi sulla Shuhada street possono passarci solo israeliani, internazionali, animali, ma non palestinesi.
La campagna internazionale con attivisti per i diritti umani provenienti da tutto il mondo, chiede la riapertura della strada, chiede rispetto dei diritti umani e la fine dell'occupazione militare israeliana nei Territori Occupati Palestinesi. Hebron è divisa in due: nella zona H1 vivono circa 120 mila arabi sotto l’autorità palestinese e nella zona H2 vivono 30mila palestinesi sotto l'autorità israeliana e 400 coloni "protetti" da 3000 militari israeliani. Il divieto di accesso alla Shuhada Street limita libertà di movimento ai palestinesi.
In occasione della quinta campagna internazionale è arrivata in Italia Sondos Azza, una giovane studentessa di 21 anni dell'associazione Youth Against Settlements. L'associazione è formata da un gruppo di giovani attivisti palestinesi che organizza azioni di disobbedienza civile contro l'occupazione israeliana e supporta le famiglie danneggiate dai soprusi dei coloni.
Ci sarebbe dovuta essere con lei anche Naywa Amro ma dopo essere stata trattenuta ed interrogata per 3 ore alla frontiera, gli israeliani non le hanno permesso di entrare in Giordania per poi volare verso l'Italia.
Najwa Amro e' una donna di 40 anni impegnata con le associazioni di donne, suo marito è stato condannato a diversi ergastoli e tre fratelli sono in carcere. Un fratello è stato ammazzato dai soldati israeliani.
Ho incontrato Sondos a Padova durante il suo tour nelle città italiane in cui ha dato testimonianza della difficile quotidianità che l'associazione YAS e i palestinesi sono costretti a vivere ad Hebron.
"E' difficile proteggerci, se andiamo in Shuhada street i militari ci arrestano e per andare a visitare una famiglia che abita a 5 minuti da casa mia devo chiedere un permesso" dice mentre mostra dei video che denunciano la repressione da parte di militari sui giovani, "ogni nostra azione di resistenza viene repressa violentemente dai soldati, è più dura di quello che vedi dai video". L'associazione, che si trova nell'area H2, documenta tramite video la repressione sui palestinesi. "Gli israeliani non vogliono che si racconti la verità" dice Sondos, per questo spesso il materiale video e fotografico viene sequestrato.
Per Sondos spesso è difficile raggiungere una delle università di Hebron che frequenta per diventare insegnante di lingua inglese. I check point, le barriere, i blocchi e i continui controlli impediscono la libertà di movimento.
Il governo israeliano impedisce anche la libertà di studio: colpire l'istruzione per colpire il futuro del paese. Dal 1967 ad oggi sono stati arrestati 800mila palestinesi soprattutto giovani.
"Non vogliono aprire la strada, spero un giorno succederà" Sondos spera come tanti giovani che un giorno possa correre sulla Shuhada street e che l'occupazione finisca, nel frattempo la sua lotta quotidiana di resistenza ai soprusi non si ferma perché per lei, respirare, stare in quel posto, è già esistere!
(Maria Di Pietro - foto dell'autrice)

OLI 422: ESTERI - ISIS, Religione e barbarie

Ihttp://www.al-akhbar.com/node/227147.
l professore americano di origine libanese Asad Abukhalil, che insegna scienze politiche all’Università della California, ha scritto un articolo sul libanese al-Akhbar, il 28 febbraio 2015, sulle barbarie dell’ISIS e del rapporto tra barbarie e religione,
In seguito alcuni stralci dell’articolo tradotti dall’arabo:

“Stigmatizzazione di terrorismo una religione è ingiusto perché rende la religione responsabile dei comportamenti delle persone, poche o molti chi siano. Il terrore e la brutalità non sono sinonimi di religione, anche se laici e atei desiderano attribuire ogni terrorismo ed ogni brutalità alla religione.
Questo non significa che la religione (ogni religione) non sia necessariamente responsabile di quanto le viene attribuito, come nel caso del papato, la più alta autorità della religione cristiana, che è stato responsabile dell'indizione ufficiale delle Crociate, di aver terrorizzato le donne in nome della “guerra contro le streghe” o della repressione delle minoranze. Questo non vale per l’Islam per la semplice ragione che è il governatore a sottomettere il sacerdote alla propria autorità. Il Gran Mufti saudita (o quello di Al-Azhar) non è altro che uno strumento nella mano del tiranno, il quale è legato più al colonialismo che alla religione. Il caso iraniano è diverso perché il sacerdote ha sottomesso il governatore alla propria autorità (non tutte le autorità religiose scite del mondo sono d’accordo).” (...)

“Una volta, nel 1993, ho detto ad una giornalista del “New York Times”, che mi ha chiesto della folle copertura della prima esplosione “al World Trade Center nel 1993”: non intendo negare l'accusa di terrorismo nei confronti di alcuni musulmani, al contrario, i musulmani hanno tra di loro, come tutti i popoli e i fedeli di tutte le religioni, un certo numero di criminali, terroristi e malfattori, senza che la responsabilità  dei comportamenti di criminali, terroristi e stupidi musulmani sia attribuita alla religione islamica, alla cultura araba o alla storia della regione.” (...)
“Ci sono più modi per studiare la brutalità dell’ISIS. In primo luogo, il fenomeno può essere studiato mettendolo in un contesto politico e storico contemporaneo. Questo è ciò che ha fatto Robert Pape, nel suo libro Volere la morte per vincere sul fenomeno degli attentati suicidi contemporanei, arrivando alla conclusione che essi non sono legati ad una sola religione o ad una sola fede, che diversi popoli con differenti dottrine (compresa quella della sinistra atea) hanno compiuto atti come questi con un motivo comune: sbarazzarsi dell’occupazione straniera.
In secondo luogo, il fenomeno può essere collocato nel proprio contesto regionale contemporaneo, senza immergersi nella storia profonda. La brutalità dell’ISIS o di altre organizzazioni può essere riferita alle organizzazioni terroristiche contemporanee. La nascita delle milizie armate nella nostra regione è avvenuta negli anni trenta del secolo scorso per mano delle milizie sioniste (non erano musulmane).

I sionisti israeliani erano i veri pionieri nell'introdurre nella regione modelli di brutalità e terrorismo che la nostra regione non aveva mai conosciuto prima. Le bande sioniste sono state le prime ad aver fatto ricorso ai seguenti atti di brutalità terroristica: 1) lanciare bombe nei caffè (la prima volta a Jaffa nel 17 Marzo 1937). 2) lanciare bombe a bordo dei bus (la prima volta in agosto-settembre del 1937 in diverse parti della Palestina). 3) lanciare bombe nei mercati popolari (la prima volta nel luglio 1937 a Haifa). 4) far esplodere gli alberghi (la prima volta nel 22 luglio 1946 a Gerusalemme). 5) fare esplodere le ambasciate (la prima volta in 1 ottobre 1946 a Roma). 6) usare le ambulanze come auto bomba (la prima volta il 31 ottobre 1946 a Petah Tikva). 7) mettere esplosivo nei pacchi postali (la prima volata in giugno 1947 contro obiettivi britannici).”
(traduzione a cura di Saleh Zaghloul) 

OLI 422: TEATROGIORNALE - Sala riunioni bambini interiori

immagine tratta da:
http://fractalenlightenment.com/it/32306/life/healing-our-inner-child
Entra una bambinetta senza i denti davanti, ha un vestito a righe bianco e rosso e i codini allentati, il moccolo al naso le cade sulle labbra e ritmicamente lo lecca.
La stanza è spoglia, al centro cinque sedie di metallo disposte in cerchio, le finestre danno su un parco cementato con tre alberi grandi, segno di un passato giardino. Il cielo è plumbeo. La bambina gira attorno alle sedie, spinge con le mani gli schienali, gira sempre più velocemente spingendoli con sempre più forza, le sedie iniziano a spostarsi, poi a cadere.
- Perché sei arrabbiata?
Una maestra magra, con la collana di perle è sulla soglia dell’aula, guarda la bambina con benevolenza.
- Non sono arrabbiata, mi annoio.
Da dietro una scatola bigia che si confonde con i muri esce un’altra bambinetta, ha una scamiciata rosellina e i calzettoni bianchi.
- Perché hai paura?
Chiede sempre la maestra, non alla bambina nascosta ma quella senza denti.
- Non ho paura!
- Io sì.
Dice la bambina nascosta. La bambina senza denti le lancia una sedia, la maestra si siede tranquillamente su un’altra sedia.
- Maestra, mi ha tirato la sedia!
Urla la bambina nascosta correndole incontro.
- Non fare la spia, cara, non lo sai che chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù e all’inferno ci vai tu?
Le dice la maestra allontanandola gentilmente.
La stanza si riempie di bambini e bambine, sono tutti vestiti da adulti con scarpe troppo grandi, giacche e pantaloni penzolanti tanto che spesso devono tenersele con entrambe le mani. Hanno tutti una gran fretta e guardano preoccupati nella direzione della bambina senza denti.
- Sedetevi!
Dice la maestra con voce autoritaria.
- Perché l’avete lasciata sola con la sua rabbia? Lei non era sbagliata, lei era solo una bambina rifiutata, negata. Le hanno fatto credere di essere sbagliata. Ma voi che l’avete lasciata sola l’avete fatta diventare sbagliata.
Tutti i bambini adulti sono seduti e si guardano la punta dei piedi, qualcuno inizia a frignare che non è colpa sua, una bambina con la sporta della spesa farfuglia che non è mica sua madre… In realtà oltre la punta delle scarpe tengono d’occhio anche la bambina senza denti. Hanno paura e non vedono l’ora di andarsene. Una bambina signora è rannicchiata sulla sedia e piagnucola ma non si capisce cosa dica. L’unica tra i bambini che continua a giocare annoiata è la bimba senza denti.
- Tu dove eri, quando questa bambina chiedeva aiuto?
Continua la maestra, rivolgendosi a una bambina con un cappotto di lana cotta troppo grande.
- Io facevo la spesa e questa qui mi voleva sputare in faccia e allora io ho cambiato marciapiede, mi ha chiamato vecchia rinco…
La maestra alza le spalle scuotendo la testa, la bambina in cappotto di lana cotta vorrebbe dire ancora qualcosa ma nessuno l'ascolta, trenta bambini in silenzio, inchiodati alle loro sedie, infagottati in abiti inadatti.
- Li hai fatti tu questi disegni?
Chiede la maestra indicando una cartellina colorata.
- Ti piacciono i miei paciughi? Non sono dei veri disegni, sono solo degli scarabocchi. I bambini non sono capaci a disegnare. L’ha detto la mia mamma.
- Non gliel’ho detto io, io volevo essere brava…
Frigna la bambina rannicchiata sulla sedia.
- Noi dobbiamo parlare con te, con il tuo bambino interiore, per questo siamo qui, nella sala riunioni dei bambini interiori.
- Per questo ci sono tutti questi mocciosi?
Ha la faccia sfigurata dalla rabbia, in alcuni atteggiamenti scimmiotta le adolescenti della tivù.
- Sì, sono i bambini interiori di tutti quelli che hanno partecipato all’"evento", chiamiamolo così. Sono bambini, spaventati, bambini incapaci. Bambini che cercano conforto e che non lo trovano.
La bambina nascosta lentamente si avvicina alla maestra, cerca di mettere la mano nella sua. La maestra l’allontana.
- Ma sbrigatela da sola, belinona!
La bambina nascosta torna a nascondersi dentro la sua scatola bigia.
- E tu, perché sei arrabbiata?
Continua la maestra.
- Non sono arrabbiata, mi annoio! Non c’è niente che mi piaccia! Mi sembra che siano tutti degli sfigati e che dandogli due sberle possano capirlo meglio quanto sono sfigati!
- Compi su di loro la violenza che altri hanno fatto su te?
- Io ho paura.
Dice una voce da sotto la scatola bigia.
- Zitta sfigata!
Rispondono in coro la maestra e la bambina senza denti. La stanza è di nuovo vuota, i bambini adulti sono scomparsi, le sedie sono riverse sul pavimento, la bambina senza denti le prende a calci e molte finiscono contro la scatola bigia. La maestra in collana di perle continua a scrivere i suoi appunti. Dopo qualche tempo esce dalla stanza, chiude la porta a chiave e si incammina verso la macchinetta del caffè. Vicino alla macchinetta c’è un grosso bidone dove gettare i bicchierini sporchi. La maestra sospira, guarda la sua cartellina e la getta. Si sistema i capelli, cerca in tasca due spiccioli per prendersi un cioccocaffè. Dalla sala riunioni dei bambini interiori si sentono delle urla. Dal lungo corridoio arriva un’altra maestra, si riconosce dal giro di perle attorno al collo.
- Com’è andata?
- Bene, credo che l’abbiano linciata ora.
- Di già? Ma chi delle due?
- Ha importanza?
- Certo che no.
- Cioccocaffè? Quanto zucchero?

(Arianna Musso - Foto da Internet)

Dal secoloxix.it:Gli amici: è una ragazzina pericolosa, va fermata: poteva uccidere"

OLI 422: LETTERE - G8, Toccofandi. Un medico dice no

09/04/2014
I consiglieri comunali Leonardo Chessa, Pier Claudio Brasesco, Clizia Nicolella e Paolo Repetto hanno inviato una lettera al presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Genova, Enrico Bartolini, per esprimere la loro approvazione sul licenziamento da parte di Asl 3 di Giacomo Toccafondi, medico responsabile dell’infermeria della caserma di Bolzaneto durante il G8 e per chiedere – in qualità di medici e di rappresentanti delle istituzioni – che venga immediatamente aperta la procedura per la radiazione di Toccafondi dall’Ordine stesso.
In quei giorni del luglio 2011,150 persone fermate dalla polizia subirono violenze fisiche e psicologiche da parte di poliziotti, guardie penitenziarie e personale medico. La Corte di Appello di Genova, in una sentenza del 2010 le ha definite “trattamenti inumani e degradanti o azioni di tortura” che esprimono “il massimo disonore di cui può macchiarsi la condotta del pubblico ufficiale”.
Giacomo Toccafondi, che secondo i giudici “agì con particolare crudeltà” fu accusato di omissione di referto, violenza privata, lesioni, abuso d’ufficio e condannato a 1 anno e 8 mesi e al risarcimento delle vittime. Il 12 marzo scorso, 12 anni e 8 mesi dopo e terminato l’iter giudiziario, il medico è stato licenziato dalla Asl 3 genovese con decorrenza immediata." (dal sito del Comune di Genova)

Genova, 8 marzo 2015
Purtroppo i vertici dell'ordine dei medici di Genova prima di lasciare il posto al nuovo consiglio eletto hanno "evitato" ciò che avrebbe dovuto essere scontato: la radiazione del Toccafondi, disonore per qualsiasi medico che prenda sul serio la propria professione. Sono allibito e scandalizzato da tale scelta e mi chiedo: cosa deve fare un medico per essere radiato? Sarebbe almeno un minimo riparatorio sottoscrivere un appello : NON POSSO ACCETTARE DI FAR PARTE DI UN ORDINE DI CUI FA ANCORA PARTE IL DOTT.GIACOMO TOCCAFONDI
(Dott. Pier Claudio Brasesco)