sabato 11 giugno 2016

OLI 429: PAROLE DEGLI OCCHI - Protesta sindacale a Marsiglia

Fotografia di Maria Di Pietro

Sabato 4 giugno - Vieux Port - Marsiglia. 
Nell'ambito delle manifestazioni contro la proposta di legge volta a modificare i diritti del lavoro in Francia, è stata organizzata una serie di incontri promossa dal movimento Nuit Debout.

OLI 429: BOCCADASSE - Una rotonda sul mare

Boccadasse com'era
 Prima è comparsa la recinzione, poi i buchi,  tanti, lungo tutta la facciata di Vittorio al Mare a Boccadasse e i boccadassini seduti imperturbabili accanto all’allaggio, a chiacchierare, come tutti i giorni di bel tempo. Pare che nessun residente si sia fatto sentire ai piani alti, al Settore Edilizia Privata dicono così e soltanto una foto ha fatto scattare i controlli.
Ma come, hanno iniziato i lavori, si era lì lì per rilasciare i permessi, birbantelli. Anche il vicesindaco è intervenuto sui media per confermare la sanzione, uno stop di quarantacinque giorni.
Il progetto prevedeva più di trenta metri di balconata, facciata e scogliera, quasi cinquanta metri cubi di nuove volumetrie, un’inezia d’intervento in un’area tutelata, si badi bene, non vincolata, dove, secondo il nuovo Piano Urbanistico comunale appena adottato, non si contempla alcun vincolo, ma come “ antico borgo marinaro” nelle Norme di Conformità. si sancisce un “ divieto di installazione di qualsiasi struttura tipo dehor o veranda…le scogliere e gli approdi mantenuti nella loro attuale conformazione..”
Ma una balconata cos’è? E di quelle dimensioni poi, pure a picco sugli scogli.
Eppure per costruire quegli oltre trenta metri di balconata Vittorio al Mare aveva compilato una semplice DIA, una denuncia di inizio attività, un po’ di euro in bolli, senza nemmeno un onere in denaro o in opere di pubblica utilità: migliorie accettasi, riqualificazioni pure perché scogliera e dintorni in quell’angolo di Boccadasse sono un pianto.
Il progetto saltato
Invece per un progetto così impattante, che ha dovuto fare il giro di Enti vari per essere autorizzato, non si prevede che una specie di autodenuncia.
I committenti lamentano la troppa burocrazia, Regione e Soprintendenza però avevano dato il via da due anni, su media e social si definiscono danneggiati, loro che vorrebbero fare una cosa bella,loro che da anni hanno muri scoloriti, veranda fatiscente e in bella vista orribili condizionatori, li puoi vedere appena scendi la scalinata sotto la chiesa di Boccadasse. Un eccesso di burocrazia per un edificio di proprietà demaniale, cioè pubblica, su area del demanio marittimo, cioè pubblica e protetta, per un edificio a suo tempo contestato e davvero brutto.
C’è l’Autorizzazione della Regione Liguria già dal 2014, sostengono gli Uffici del Comune ed è vero. Peccato che il via della Regione sia stato dato prima dell’adozione del Piano Urbanistico Comunale di Genova adottato nel 2015. La Regione lo ha precisato a suo tempo. “Resta fermo l’obbligo del rispetto ….di strumenti urbanistici.. “Cioè ad oggi il Puc vigente, che contiene prescrizioni precise restrittive, mentre la richiesta di inizio i lavori è di pochi mesi fa.
A ferragosto 2014 la Soprintendenza scriveva di aver espresso “ parere di competenza favorevole” visto “il parere favorevole” della Regione. A sua volta la Regione esprimeva approvazione con Decreto a settembre 2014, “ preso atto del parere favorevole competente della Soprintendenza”, atto quest’ultimo non allegato presso il Comune. Chiaro?
Il progetto in itinere
 Il cantiere adesso è lì, nessuno sgombero, hanno rifatto dei buchi e scaricato sul piazzale le” strutture leggere”, impalcature in inox, per il nuovo look in legno da barca, stile marinaro, adatto al contesto, si precisa nella relazione tecnica, accompagnate da pannelli di lamiera a onda..
 Pare che gli Uffici abbiano concesso la sanatoria per i lavori iniziati senza permesso. Pare abbiano ridotto le misure: soltanto una terrazza sospesa, profonda due metri e lunga un po’ meno di trenta metri, senza il pezzo sulla scogliera. Un interventino insomma, che però riqualificherà l’edificio, bontà loro: nessuna contropartita per migliorare il contesto d'intorno, che ne avrebbe bisogno e su cui le risorse pubbliche sono sempre meno, un'opera edilizia a gratis in un posto unico in città.
Al caso sembra si sia interessato pure il governatore della Liguria, il buon Toti, anche se l’autorizzazione non era ancora di sua gestione.
 Tutto a posto ora: niente più terrazza sulla  scogliera, che avrebbe previsto ben altro iter perchè quell’angolo di Boccadasse non lo si considera parte del "nucleo storico" e nemmeno facente parte, secondo il Comune, di tutela del Paesaggio costiero. Dalla Soprintendenza tutto tace ad oggi.
Le barche si faranno un po’ più in là, i ragazzi non s’incontreranno più a chiacchierare, a bere una birra sul muretto, niente amoreggiare sugli scogli.
 Da sottolineare che il Comune di recente ha vinto presso il Tar il ricorso di un residente, che voleva costruire un balcone nel Borgo e per cui l’Ufficio Paesaggio comunale aveva espresso diniego. Così la balconata di Vittorio al Mare potrà divenire magari un precedente comodo comodo per alcuni, un po’meno per la dignità delle Istituzioni e per chi vorrebbe preservare, al meglio s’intende, l’antico borgo marinaro caro a tutta Genova e a Montalbano.

OLI 429 - MIGRANTI: Il walzer spietato da Ventimiglia al sud, a tempo di Migration compact

Cosa hanno in comune l’inizio dellla stagione balneare nell’estremo ponente ligure, l'insolita quantità di forze dell'ordine alla stazione Principe e la presentazione del Migration compact a Strasburgo? Se si avesse la pazienza di tessere insieme la topografia definita da questi luoghi, salterebbe agli occhi una linea che parte dalla stazione di Genova, arriva al confine di Ventimiglia per poi ripartire, alla volta dell’aeroporto Colombo di Genova, ed arrivare nel sud dell’italia.
Ma partiamo dal principio, o da uno dei principi. La situazione dei migranti accalcati a Ventimiglia sta diventando sempre più conflittuale. La Lampedusa del nord, il luogo in cui si accalcano i migranti che hanno come meta altri paesi d’Europa e non vogliono quindi essere costretti a rimanere in Italia, cerca soluzioni per dare una sistemazione ai migranti, che al momento hanno trovato rifugio sulla spiaggia alla foce del Roja e nella chiesa di Sant’Antonio ma che presto saranno trasferiti al centro sportivo PalaRoja, convertito in un centro di accoglienza provvisoria.
Ma la stagione balneare si avvicina e si cerca una soluzione per effettuare una operazione di “whitewashing” in vista dell’arrivo dei turisti.
Quindi, ormai da poco più di una settimana, sono iniziati dei veri e propri rastrellamenti a Ventimiglia che si concludono con la raccolta di un numero di migranti pari a quelli che possono essere accompagnati su un pullman, ciascuno accompagnato da un poliziotto.
I rastrellamenti non avvengono soltanto a Ventimiglia, ma anche alla stazione di partenza: la stazione di Genova Principe in questi giorni presenta un affollamento inconsueto di forze dell’ordine, che effettuano controlli mirati (e selettivi) sulle persone per rastrellare i migranti in partenza per Ventimiglia. Controlli a tappeto anche sui treni. diretti verso la frontiera.
Torniamo a Ventimiglia: una volta riempiti, i pullman partono alla volta dell’aeroporto di Genova. Ai migranti vengono sequestrati i cellulari, affinché non possano informare sulla destinazione. A Genova i pullman arrivano dall'autostrada direttamente sulla pista, le operazioni sono fatte in sordina, lontano dai passeggeri comuni in arrivo o in attesa di imbarcarsi.
Quindi i migranti vengono trasbordati sul bus interno dell’aeroporto dove vengono perquisiti e poi caricati sull'aereo. I vettori sono charter della Bulgarian Air o di Mistral Air/Poste Italiane, la destinazione il sud Italia. Arrivati qui, ritornano al punto di partenza, cioè negli hot spot dove erano in alcuni casi pochi giorni prima, e cercano nuovamente di raggiungere Ventimiglia, in un disperato movimento perpetuo.
A chi giova trattenere in questo grottesco balletto persone che vorrebbero soltanto essere libere di lasciare l’Italia?
 I costi di queste operazione, tra mobilitazione delle forze dell’ordine, i trasferimenti e la gestione dei centri di identificazione, sono altissimi per l’Italia. I costi umani per persone, già sradicate dalla propria vita e spesso in fuga da pericoli che ne minacciano la sopravvivenza, sballottate come pacchi e private della libertà personale, sono inimmaginabili.
Forse queste operazioni vanno lette alla luce della recente presentazione del Migration Compact, il piano UE per l’immigrazione, che prevede la stipula di accordi con i paesi di provenienza, in particolare con Etiopia, Eritrea, Niger, Nigeria, Mali, Libano e Giordania.
Gli accordi, formulati sul modello di quelli già stipulati con la Turchia e con la Libia prevedono il ritorno dei migranti nei paesi d’origine. Spesso però i paesi da cui i migranti scappano sono retti da regimi dittatoriali e repressivi, finanziati dai soldi europei purché si riprendano le persone fuggite. Che il walzer Ventimiglia – Genova – Sud Italia sia il preludio dell’”Aiutiamoli (a morire) a casa loro”?

(Eleana Marullo)

OLI 429: LIBRI - Emisferi, l'ultimo romanzo di Silvia Bonucci

Se fosse ancora viva, avrei preso il telefono e l’avrei chiamata per dirle che il suo ultimo romanzo Emisferi è davvero bello. Sono certa che, con la sua voce rotonda, un po’ diffidente, mi avrebbe chiesto: “Davvero ti è piaciuto?”.
Sarebbe iniziata così una lunga telefonata nella quale avrebbe preteso le segnalassi eventuali dissonanze o buchi narrativi, perché Silvia Bonucci era esigente con se stessa e di una precisione martellante. Lo era sul lavoro – traduttrice per il cinema – nelle ostinate battaglie politiche, in tempi in cui i girotondi, senza grilli per la testa, sembravano a un passo dal dare una svolta al paese, e nella narrativa, sempre molto documentata, mai lasciata al caso.
Alla presentazione romana del libro, ad un anno dalla morte dell’autrice, è stato detto che Emisferi (ed. Fandango Libri) è il quarto di una serie di romanzi che ripercorrono eventi della storia d’Italia dai primi del Novecento ad oggi. Infatti Silvia nell’ultimo libro ci porta nel presente, a Roma, tra le stanze mentali di Elena, una donna di cinquantotto anni alle prese con il bilancio spietato che l’avvicinarsi della vecchiaia impone. Stanze mentali dove va in scena la vita matrimoniale della protagonista con un uomo già in pensione, mentre lei attende la “finestra” per lasciare l’impiego alla Asl, in un quotidiano in cui ogni personaggio, dal barbone che dimora fuori dal suo palazzo, ai figli inghiottiti nel precariato, all’anziana madre, è parte di un universo che richiede attenzione, cura, equilibrio. Elena è, nei fatti, la madre di oggi, preoccupata dal futuro dei figli, delusa per le attenzioni che loro non sanno darle, è la moglie di mezza età che, nonostante menopausa e annichilimento, non si vuole arrendere al grigiore, ma è anche figlia di una generazione di anziani, talvolta egoista e ostinata, incapace di dare il meglio di sé per quello che gli resta da vivere. L’esplosione, anticipata da sintomi lievi e narrativamente incalzanti, che coinvolgerà ogni personaggio, porterà il lettore nei corridoi di un ospedale, tra le pagine di una diagnosi dura, nell’attesa paziente di un possibile ritorno alla vita. Emisferi è un libro completo, attuale che descrive con parole intelligenti e calde la vita di molte famiglie di oggi e delle proprie donne, senza mai cedere al patetismo e alla banalità.
Chi volesse conoscere l'opera di Silvia Bonucci la troverà qui e nei suoi precedenti romanzi. Per chi le ha voluto bene Emisferi è la conferma che le persone straordinarie lasciano il segno anche se non sono più tra noi.
(Giovanna Profumo)

OLI 429: COMUNE - Il “Fortino Tursi” si protegge con gli offendicula

Da diversi anni si riscontra un crescente malcontento dei cittadini verso la politica che dovrebbe governarli, al punto che la presenza di manifestazioni in via Garibaldi di fronte a Palazzo Tursi si sono fatte via via più frequenti e numerose. Nelle ultime, insieme alla coscienza dello scemare dell’ascolto da parte delle Istituzioni di fronte all’ingigantirsi dei problemi, si è aggiunta per conseguenza anche una maggiore determinazione dei manifestanti, al punto che spesso viene sbarratol’ingresso al “palazzo” chiudendo il portone della sede del Comune. Che diventa il “Fortino Tursi”.
Il portone di Tursi risale al secolo scorso, forse qualche anno prima del 1900, e fu costruito secondo i metodi in uso nel tempo di costruzione del palazzo, richiamando l’idea del distacco tra signorotti e cittadini, considerati “al di fuori”, “estranei”, mentre i giochi della politica venivano svolti all’interno delle grandi corporazioni d’interesse e della nobiltà. Questo distacco trova la sua rappresentazione pratica nell’esistenza degli offendicula, ossia dei sistemi di offesa presenti sulle recinzioni (punte metalliche, cocci di vetro) e nei portoni (punte a cono orizzontali), a difesa della proprietà privata. Non fa eccezione il nostro caro portone a Tursi.
La giurisprudenza moderna ha normato con precisione gli offendicula, consentendone il posizionamento solo in posizioni difficilmente raggiungibili e con opportune segnalazioni, e la giurisprudenza è ormai unanime nel considerarli illegittimi nei casi nei quali il danno cagionabile non sia proporzionale alla necessità di difendere una proprietà, che tra l'altro nel caso di Tursi è pubblica. Anche l’esplicita volontà personale di superare una delimitazione fa parte del processo valutativo sulla loro tollerabilità.
Applicando questo concetto di proporzionalità e di volontà a Palazzo Tursi, appare evidente che l’esistenza di un portone senza punte sporgenti sarebbe già ampiamente sufficiente a difenderne l’inaccessibilità, per cui l’atteggiamento dell’amministrazione che richiede la chiusura del portone nonostante la presenza degli offendicula citati potrebbe costituire uno di quei casi di sproporzionalità tra offesa e difesa.
Aggiungiamo a questo altri due ragionamenti: il primo riguarda gli agenti di polizia municipale, che appaiono sprovvisti di protezioni individuali specifiche nel momento nel quale stazionando di fronte al portone si espongono alla possibilità di essere spinti con la schiena contro le punte, fatto tra l’altro già avvenuto ripetutamente, motivo per il quale il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del Comune ha messo in mora l’amministrazione su tale rischio, dichiarando tra l’altro, si legge nella nota inviata, “… che un eventuale ulteriore infortunio non potrà essere ritenuto accidentale in quanto tale rischio è, da questo momento, messo a conoscenza del Datore di Lavoro”. La presenza delle punte complica anche il lavoro degli agenti, che oltre a contenere i manifestanti devono, nello stesso momento, fare attenzione a non ferirsi.
Il secondo riguarda invece i manifestanti, per i quali la presenza delle punte sporgenti sul portone rappresenta un evidente pericolo di ferimento sproporzionato rispetto alla necessità di contenere la protesta al di fuori del palazzo, anche perché l’azione di avvicinamento al portone potrebbe essere determinata da cause diverse dalla volontà personale, potendo una persona essere anche spintonata da dietro, per cui la presenza degli offendicula in questi casi risulta essere visibilmente contraria al codice.
Pare che l’unica soluzione per il Sindaco sia quella di organizzare in modo differente la difesa del fortino, lasciando aperto il portone e utilizzando le transenne, oppure di dotare il portone di un vetro temperato che protegga dalle punte, ammodernando quindi la funzione di un palazzo amministrativo moderno, il che parrebbe sicuramente incomprensibile per un signorotto medioevale certamente pronto a gettare anche olio bollente sui manifestanti affamati, ma è perfettamente in linea non solo con il codice moderno ma anche con la logica ed il rispetto della incolumità pubblica.
Una cosa è certa: chi avesse la responsabilità del prossimo contuso, non potrà difendersi affermando di non conoscere il problema. (Stefano De Pietro)

OLI 429: SCIENZA: Marc di primavera e GizMark

Il Marc di primavera di quest’anno è stato, non solo la grande fiera dell’elettronica che segna uno degli appuntamenti della nostra città, ma anche GizMark.

 Al centro della fiera vi era un luogo per coloro che si occupano di tecnologia a Genova, un luogo di divulgazione e di scambio dove si sono susseguiti molti interventi di buon livello.

Intervento fuori programma del ricercatore-ingegnere Fabrizio Barberis, con un excursus sulla tecnologia additiva nel campo biomedico, l’evoluzione delle nuove protesi stampate in tecnologia additiva e gli ultimi esperimenti sui tessuti, sottolnieando come il tema della bioetica stia diventando sempre più impellente.

Il ricercatore del CNR e ISMAR Marco Faimali ha parlato dei ricercatori nell'Antartide,della loro preparazione e dei rischi ai quali vanno incontro e del perché queste missioni siano così importanti:
 - Gli alieni ci sono venuti a cercare, ma non ci hanno trovato perché cercavano un pianeta chiamato Terra e invece trovavano solo un pianeta blu che si dovrebbe chiamare Mare-, ha concluso scherzando.

Accanto al palco c'erano due stand di divulgazione tecnologica differenti. I ragazzi di OPEN LAB, (openlab.dibris.unige.it,),  libera associazione di studenti accomunati dalla passione per l'informatica e con la voglia di condividere il sapere con la comunità, presentavano il progetto LEGO Mindstorm, ovvero la programmazione e dimostrazione del funzionamento di robottini Lego con delle funzioni automatiche, che permettono di compiere alcune azioni, come lo stare in equilibrio, muoversi nello spazio e giocare a calcio! Anche più robottini inseme in veri e propri mach.Il professor Tacchella dell'università di Ingegneria informatica.è intervenuto sulle macchine a guida automatica:
Era divertente vedere dei ragazzini e a volte dei bambini che si avvicinavano incuriositi ad ascoltare le spiegazioni sulla teoria del pendolo inverso, spesso presto distratti da qualche drone volante.

La società di progettazione per la stampa 3D, Astrati, insieme a Technimold (rivenditore Stratasys) e Selletek (rivenditore 3D System), hanno portato una vetrina degna di molte fiere internazionali di tecnologia additiva. Avevano esposte ben 8 tecnologie differenti più un esempio di scansione per il reverse-engineering. Per i non addetti ai lavori Stratasys e 3D System sono i leader mondiali della stampa 3D. Nello stand era presente, inoltre, uno schermo sul quale si mostrava l’utilizzo del software, Fusion 360 e Inventor, di Autodesk, per la progettazione additiva. Astrati ha presentato due interventi sul palco incentrati, il primo, sul mostrare le diverse tecnologie e come queste non si soppiantino a vicenda ma invece si moltiplicano, trovando nuovi campi di applicazione; il secondo sui vantaggi di una progettazione appositamente pensata per la stampa attraverso l’ottimizzazione topologica.

Come è stato accolta la tecnologia additiva al Marc? I più erano curiosi, interessati e strabiliati nel vedere la precisione e la varietà data dalle diverse tecnologie. Nessuno aveva mai visto i metalli. I più acculturati sulla stampa 3D erano i più meravigliati: gente che aveva una stampante consumer o in ufficio o a casa che per la prima volta capiva perché non riusciva ad ottenere quello che desiderava. Spesso solamente perché provavano ad ottenere con una FDM ciò che si può ottenere solo con una SLA o una polyjet. Un signore invece, invitato a vedere le diverse tecnologie, ha risposto: – No, io vado solo ai FAB LAB. – Come se ci fosse un conflitto tra i FAB LAB e il resto del mondo, per i non addetti i FabLab sono luoghi dove la tecnologia viene messa a disposizione in libero scambio, a Genova ve ne è uno al Buridda.
Un ragazzino di tredici anni si è avvicinato allo schermo dove si mostravano i modelli costruiti in Fusion. – Io uso Skech up, ma non vengono bene. Questo cosa è?- Enrico di Astrati gli spiega, lui ringrazia, dopo un’oretta torna con un amico a fargli vedere.

Il bello del Marc è che è un grande ritrovo di “smanettoni” di tutte le età e gradi, dai radioamatori agli appassionati di fotografia, giradischi o computer: riuscire a convogliare questo interesse e questa voglia di conoscenza è una grande sfida.
Paolo Carpi di Studiofulcro vuole andare avanti ed espandere la parte dello GizMark per l’edizione di Dicembre creando una sinergia tra le università, che erano presenti e propositive, con i licei e gli istituti superiori, oltre che con le aziende e il tessuto produttivo della nostra città.

Perché la tecnologia è una parte importante della cultura della nostra città.
Arianna Musso

OLI 429: (BUONA?) SCUOLA - La triste parabola dei docenti potenziati, da risorse a tappabuchi

Lo scorso autunno quarantottomila precari sono entrati in ruolo a ricoprire, per la prima volta, il ruolo di "organico di potenziamento".
Cosa significasse, nel momento in cui hanno preso servizio, non lo aveva ben chiaro nessuno. Non lo sapevano loro, che arrivavano ad anno iniziato spesso da migliaia di chilometri di distanza, così come non lo sapevano i dirigenti, che si sono trovati nuovo personale da gestire quasi piovuto dal cielo, a volte non corrispondente alle classi di insegnamento di cui avevano fatto richiesta. Neppure il Contratto Nazionale di categoria prevede ancora la figura dell'organico di potenziamento, quindi non ne definisce espressamente compiti o mansioni
L’anno scolastico è quasi finito, ormai: i giorni sono trascorsi eppure il mistero è rimasto nella maggior parte dei casi irrisolto: di cosa dovrebbero occuparsi i docenti di potenziamento? Come mai stazionano in sala professori, o vorticano tra una classe e l’altra?
Nell’idea della legge, gli obiettivi didattici dei docenti di potenziamento sono nobili e a largo spettro di interventi. La legge li elenca puntualmente: la valorizzazione e il potenziamento delle competenze linguistiche, dell’italiano, inglese e delle altre lingue dell’Unione europea, il potenziamento delle competenze matematico-logiche e scientifiche, della pratica e della cultura musicale, dell’arte e della storia dell’arte, del cinema e dei media di produzione o diffusione delle immagini e dei suoni. Nella legge 107/15 ( ecco il riferimento al testo della Buona Scuola riportato sulla Gazzetta ufficiale: http://goo.gl/20xLCs ): si auspica il coinvolgimento di musei ed altri istituti pubblici, lo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica, il rispetto della legalità e della sostenibilità ambientale, la prevenzione della dispersione scolastica e del bullismo, l’alfabetizzazione all’arte, l’incremento dei progetti di alternanza scuola-lavoro, l’apertura pomeridiana delle scuole, l’alfabetizzazione dell’italiano come lingua seconda, lo sviluppo di uno stile di vita sano.
Le intenzioni dunque sono encomiabili e permetterebbero molteplici interventi.
In realtà, le scuole, nel momento in cui si sono trovate a ricevere i docenti di potenziamento, non erano pronte, non c'erano progetti  mentre le linee guida della legge 107/15, che permettono di utilizzare i docenti in "autonomia" per le supplenze brevi, hanno avviato la pratica di usare l'organico di potenziamento quasi esclusivamente come tappabuchi, girovago di classe in classe, per coprire le assenze dell'ultim'ora ad opera dei colleghi.
Quindi, in sostanza, in grande percentuale, l'organico di potenziamento è rimasto a bivaccare per i corridoi o nelle sale professori, mortificato nell'attesa di "poter tornare utile" e percependo, comunque, lo stipendio seppure costretto nella frustrante sensazione di far nulla. Talvolta la partecipazione a progetti è stata anche limitata dal desiderio, da parte della dirigenza, di avere a disposizione persone sempre libere, che potessero far risparmiare le supplenze dell'ultima ora ai colleghi di ruolo.
Anche il Ministero ha recepito il malcontento e la cattiva gestione dell'organico potenziato ( Orizzonte scuola: http://goo.gl/TsSENl ), che ha portato frustrazione tra i neoassunti e massiccio, inutile spreco di soldi pubblici, impiegati nello stipendiare persone che poi, per incapacità, volontà o forza maggiore, sono state lasciate per lo più inattive (Orizzonte scuola: http://goo.gl/ZSm9Dn ).

OLI 429: TEATROGIORNALE - Al parco giochi

La mamma con la sua bambina esce per andare al parco giochi.

 – Stai vicina alla mamma, tesoro, dai sempre la mano, che in strada ci sono le macchine che sono grandi e possono fati tanta, tanta bua.-  La bambina è vestita di rosa con una grande “Anna” disegnata sulla maglietta, sorride e tiene stretta la sua manina in quella della mamma.
 – Quando arriviamo al parco non devi mai perdere di vista la mamma.
 – Ci sarà Camilla?
 – Penso di sì tesoro, ho sentito la sua mamma oggi a pranzo, dopo l’asilo venivano anche loro al parco.
 – E Consuelo?
 – Chi è Consuelo, cara?
 – Una mia compagna di asilo.
 – Non lo so, ma se la vedi fammi conoscere la sua mamma.
 – Io non la conosco la sua mamma, viene sempre con il papà.
 – Anche il papà va bene, anche se non credo che verranno al parco, tesoro.

 Arrivano ai giochi, Camilla è già lì che la aspetta e le va incontro con due mini pony pieni di mollettine glitterate.
 – Hai sentito di ieri? Chiede la mamma di Camilla alla mamma di “Tesoro”, è una ragazza sui trentacinque anni, capelli corti e i-phone.
 – Mi è arrivato un what’s up e non ci volevo credere.
 – Credici, la mamma di Carlotta è una mia cara amica, non è una che si inventa certe cose.
 – Ma è vero che è rumena?
 – No, italiana. Sembra rumena perché è bionda ma no, è italiana, non ha un accento straniero. – Magari è nata in Italia.
 – La mamma di Carlotta mi ha detto che si chiama Elisabetta, lo ha chiesto e poi ha un ciondolo con scritto Elisabetta.
 – Incredibile, peccato che non l’abbia fotografata.
 – Chi?
 – Questa ragazzina che voleva rubare Carlotta!
 – Tredici anni e rubare i bambini…Pensa che stava giocando con Carlotta, la teneva per mano e poi, pian pianino si stava allontanando. La mamma di Carlotta gli ha urlato : “Che fai?”
 – Meno male che è una mamma attenta, se no, chissà dove finiva… – Te lo dico io dove finiva… Comunque questa gli ha risposto: “è con me!”
 – Cosa? è con me? Ma che sfrontata… è con me?
 – Allora la mamma di Carlotta gli si è avventata contro
 – Come minimo
 – Poi Carlotta ha cercato di scappare
 – E quella?
 – Non la lasciava andare. Ed è scappata.
 – Chi?
 – La rapitrice.
 – E Carlotta?
 – Per fortuna è riuscita a divincolarsi.
 – E allora come ha fatto a sapere che si chiama Elisabetta?
 – L’ha rincontrata nel parco.
 – Cercava di rubare altre bambine, come minimo.
 – E allora la mamma di Carlotta, anche se a quel punto mi sono unita anche io ed eravamo in otto e l’abbiamo accerchiata così che non potesse più scappare…
 – Brave!
 – Le ha chiesto: “Come ti chiami? Sei qui da sola o hai dei complici?”
 – E quella?
 – E quella ha detto che era al parco per giocare e il padre la aspettava fuori, allora ci siamo tutte girate verso l’uscita e quella è scappata di nuovo. Sono furbe.
 – E siete andate fuori?
 – Sì, certo era pieno di macchine che aspettavano, dentro ogni macchina un uomo solo. Il motore acceso, pronti a fuggire.
 – Meno male, meno male che la mamma di Carlotta è attenta.

 La mamma di Camilla apre la bocca, gli occhi le si riempiono di terrore e urla. Urla più forte che i suoi polmoni da ex fumatrice di Marlboro prima della gravidanza le possano permettere.
La mamma di “Tesoro” si gira e lo vede: Un uomo di una quarantina d’anni è chino sulle loro bambine e le sta accarezzando sulla testa.
L’urlo congela la scena per qualche istante prima che l’uomo alzi gli occhi e veda le due donne che gli piombano addosso. Istintivamente abbraccia le bambine per proteggerle da quelle che sembrano due folli in preda a una crisi, aggravando così la sua situazione. Una terza donna che è seduta lì vicino, che anche lei ha ricevuto un post di Facebook il giorno prima, in cui si spiegava la terribile emergenza rapimenti dei bambini nei parchi, si avventa sull’uomo con una borsa piena di succhi biologici e merendine al farro, sbattendogliela ripetutamente sul viso. Contemporaneamente la mamma di “Tesoro” fotografa il rapitore con il suo Nokia e condivide l’immagine su Facebook e Twitter digitandoci sotto: “Chi conosce quest’uomo? Ha cercato di rapire mia figlia”.
Nel giro di sedici ore l’uomo fotografato perderà il posto di lavoro, ora però è caduto bocconi a terra e sei mamme, altre tre sono soccorse nel frattempo, hanno iniziato a tirargli calci e pugni per non farlo rialzare e tutte chiamano contemporaneamente la polizia.
 Nessuna sente le bambine piangere, sopratutto Consuelo che sussurra:
 – Papà.

Dal secolo XIX: “Voleva rapire due bambine al parco: giallo su what’up”

  Arianna Musso