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venerdì 3 luglio 2015

OLI 427: REGIONE - Oooh lovely, Lo-Ve-Li

Il Palazzo della Regione Liguria, in piazza De Ferrari a Genova,
quando era sede della compagnia Navigazione Generale Italiana,
circa 1930, in pieno Ventennio.
Se non altro la Liguria, dopo il botto elettorale, è sempre sui media per il nuovo governatore fintamente ipercinetico Giovanni Toti.
Il pupone infatti scorrazza con Maroni e Zaia, fa proclami, si mostra sibillino e rigoroso sul suo parlamentino, minaccia di annullare le ferie, raduna gli eletti in convento, si è finalmente insediato. Con i 5stelle che scrivono a lui "personalmente in persona" come dice l'aiutante di Montalbano e i giornali che scrivono sul nulla. Tutto un agitarsi per non fare. In realtà i numeri della maggioranza lo spaventano da matti, non tanto e non solo per la difficoltà a governare, quanto perché gli toccherà sempre essere presente: un incubo!
E come farà con Arcore, la vita mondana milanese, romana, marinara? Lui che pensava di aver appeso il cappello divenendo il portavoce di Silvione, dopo aver sudato sette camicie a fare quel capolavoro di Tg4. Da un talk all’altro con quella sua voce da Bubu, spargeva in giro il Verbo del padrone e mai e poi mai pensava di essere eletto presidente in Liguria, “Una regione”, come si è trovato a dire più volte, “che vale forse quanto Brescia”.
Così adesso “la Liguria lavorerà con il Nord-Ovest e con un occhio ad est”, ovvero Veneto e Lombardia: auguri, speriamo, visto che la Liguria, quando va bene, è stata considerata il sud del mitico Nord.
Persino il quotidiano La Stampa ci ha abbassato il target. Su Genova per tanto tempo si comprava La Stampa con il Corriere Mercantile, poi l’acquisto del Secolo XIX e la decisione di puntare per il capoluogo proprio su quest’ultimo: un flop per la Stampa, che senza il Corriere Mercantile ha visto paurosamente diminuire le sue copie, tranne per il Ponente, meta affezionata di tanti piemontesi, amanti della Riviera dei Fiori e per la quale produce un buon inserto.
Nemmeno in occasione delle elezioni regionali La Stampa ha considerato un granché la Liguria, tanto che il 2 giugno è uscita con articoli uguali-uguali sui due giornali: “Renzi mette la mimetica” pag.3 La Stampa, pag 13 Il Secolo XIX; “Pastorino traditore”, rispettivamente a pag 3 e a pag. 4; “L’effetto Pastorino non è stato decisivo”, pag. 9 e pag. 12; “ Stop ai migranti, zero burocrazia”, pag.5 e pag. 3. Il tutto è parso un copia-incolla avvilente da parte di un quotidiano che pareva essere affezionato alla nostra Regione. Per fortuna ora c'è Toti: un titolo al giorno farà sparire i problemi di torno.
(Bianca Vergati - foto Archivio fotografico del Comune di Genova)

venerdì 27 marzo 2015

OLI 423: REGIONE - Carbone che viene, carbone che va

“ Ma tu con chi stai?” è il quesito principale che imperversa sui media liguri, da destra e da sinistra tutti sgomitano, ma dai politici nemmeno un pio di come sta la nostra Liguria. Pare si stia sfasciando il Salone Nautico, che non interessa soltanto Genova, eppure il capo di Fiera, Sara Armella, è occupata a fare le primarie Pd, mentre il presidente in scadenza dell’Autorità Portuale Merlo, consorte della candidata presidente regionale, presenta un Piano regolatore Portuale "da sssogno", direbbe Crozza-Briatore: stupendo il blueprint di Renzo Piano, speriamo che lo facciamo.
Si prevedono però due nuove dighe, gulp, quando neppure si è deciso se e quando fare la torre piloti, forse l’unica certezza è l’abbattimento dell’ex palazzo Nira, che magari basterebbe bonificare per recuperare...
Il porto di La Spezia compra gru giganti dalla Cina, una volta le costruiva Ansaldo Industria, come se quel gioiello di golfo fosse adatto per intensificare il megatraffico container, a Imperia crisi nera, è lontano il ricordo dei mulini sbuffanti della pasta Agnesi e dei treni carichi di grano, ora ristorantini, vecchi yacht e sulle banchine rubate al mare svettano gli scheletri degli edifici del superporticciolo incompiuto.
A Savona è stata chiusa la centrale termoelettrica di Tirreno Power, non più a norma, restano duecentomila tonnellate di carbone inutilizzate e a rischio inquinamento. Finalmente si è deciso per lo sgombero: il 15 per cento andrà alla centrale di Monfalcone. E il resto? Ci vorranno quaranta camion al giorno per completare lo smaltimento delle prime trentamila tonnellate, che viaggeranno fino al Terminal Rinfuse di Genova, essendo stato chiuso da tre mesi quello di Savona-Vado, proprio per la cessazione dell’attività della centrale. La movimentazione del carbone potrebbe avere effetti sull’ambiente, intanto è certo che dovranno essere compiuti millecinquecento viaggi per l'imbarco sino a Genova.
Complimenti per la gestione alla Regione, al Ministero, a tutte le Autorità Portuali, che puntano i piedi per non essere accorpate, quasi ogni porto fosse una repubblica marinara e il coordinamento in questo caso è brillato: la Befana è lontana, ma molto di quel carbone dovrebbe essere scaricato a casa di tutti quei soggetti di cui sopra.
(Bianca Vergati - immagine di Guido Rosato)

mercoledì 12 novembre 2014

OLI 417: REGIONALI 2015 - Se non ora, quando?

Si dice che ormai la partita sia quasi chiusa e che sulle primarie per le regionali liguri 2015 del centro sinistra i giochi siano praticamente fatti. Si avverte un vago senso di resa anche nei militanti più radicali che, dalla lettura dei quotidiani, nemmeno osano proporre un nome e pare si siano in maggioranza allineati nel sostenere Cofferati. Niente di troppo vincolante, sia chiaro, ma qualcosa che si può serenamente trattare durante una cena – la politica genovese alimenta una tradizione abbastanza consolidata di pasti – definita su la Repubblica ed Genova "Patto della Lanterna" dove tutti o quasi si sono messi d’accordo (Lista Doria, Sel, Civatiani, Prc) per sconfiggere i renziani liguri. Le primarie fissate per il 21 dicembre mirano a ridurre l’affluenza e l’eventuale danno, quindi è bene far fronte.
Chi non comprendesse i motivi per i quali un neoeletto al Parlamento Europeo debba essere candidato in Liguria, se ne faccia una ragione e prenda nota della recente frase di uno scafato militante Pd: il problema è che non abbiamo nessuno.
Ma sarà vero?
Forse il Pd e una certa rappresentazione della sinistra non hanno nessuno.
L’affluenza alle elezioni Europee ha prodotto un dato implacabile: solo il 57% degli aventi diritto è andato a votare sei mesi fa. Mentre nel 2010 in Liguria, per le regionali, l’affluenza era stata del 60,92%.
Il 40% non si è presentato a votare e probabilmente non lo farà la prossima primavera, alla faccia del premier che sventola la stessa percentuale per rivendicare un consenso ottenuto alle europee.
Ma sarà vero che non c’è via di uscita e nemmeno alternativa in Liguria?
Cosa dicono le ragazze di Se non ora quando? Le stesse, che si battono per la preferenza di genere nella legge elettorale regionale e che con precisione avevano prodotto e messo in rete un sondaggio dove si indicavano i nominativi di donne competenti e preparate da proporre nella carica di assessore comunale? Nessuna di queste donne potrebbe essere della partita? Penso a Michela Costa, Alessandra Ballerini, Deborah Lucchetti, Manuela Cappello e alle altre.
E le molte associazioni, quelle in prima linea per la difesa del territorio, per il diritto allo studio e alla salute cosa dicono?
Davvero, in una regione che frana fisicamente e politicamente, ci possiamo accontentare di andare al voto aderendo ai soliti rituali?
Non è vero che non c’è nessuno. E’ l’assenza di politica che ci rende deboli e un pochino ciechi.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)

OLI 417: REGIONALI 2015 - L'usato sicuro: il candidato sindacalista

“I sindacati li sento, li guardo, non so sinceramente cosa vogliano fare”, risponde serafico Sergio Cofferati a Lilli Gruber , su Ottoemezzo, il 4 novembre, come se a Roma a sfilare ci fosse stato il suo ologramma. Fa l’occhiolino a sinistra e si mette l’elmetto da pompiere, tante le sollecitazioni commoventi, come le definisce lui, a presentarsi alle primarie Pd, in vista delle elezioni regionali in Liguria.
 Proprio non sa , ma pochi giorni dopo, dal foyer del teatro Carlo Felice lo comunica al mondo, per fare un favore alla comunità, pare sottendere il suo accettare la sfida. Non dice che il Pd genovese non sa più che a santo votarsi, a fronte della novella Lella di Spezia, una renziana della seconda ora come Pinotti e dintorni. E vorrebbe schierare un usato sicuro. Insomma, tutto un nuovo che avanza per la gioia degli affranti cittadini-elettori. Soltanto sei mesi fa, alla vigilia delle elezioni europee l'ineffabile Sergio dichiarava urbi et orbi (Oli 404): “Cinque anni sono molti, ma il mio lavoro dovrebbe ancora proseguire all’insegna della continuità dell’impegno” . Gulp, ma non era venuto a Genova per fare il papà?
Sarebbe stato interessante un suo commento alla Commissione in Comune per l’inserimento dei lavoratori Ilva, svoltasi il giorno prima dell’alluvione: sono 765 e la situazione si trascina dal 2005. “Ma non sono lavoratori che faranno corsi di formazione per essere ricollocati, ritorneranno all’Ilva”, afferma un rappresentante sindacale al grido di “tornate sul web” rivolto ai grillini, che chiedono chiarezza sui ruoli assegnati. Era per dare maggior dignità agli incarichi, spiegano i 5 Stelle e altri, ma i sindacati non l’hanno presa bene a sentire qualcuno che sindaca nelle loro proposte.
 Come recita la delibera, “tra impiegati, operai e persone con conoscenze informatiche”, 163 sono gli assegnati alle manutenzioni, 131 al Verde, 99 ad Amiu “per ripristino ambientale”, 28 ad Aster “per attività specialistiche”, mentre 28 operai saranno nelle scuole “per lavori di pubblica utilità”, che non significa fare il bidello o aggiustare un banco.
 Con il dovuto rispetto dei lavoratori, le collocazioni non appaiono del tutto congrue alle esigenze del Comune e della città, dai 42 uscieri, ai 58 per i cimiteri e altre decine di incarichi fumosi. E’ un accordo-pilota, il primo in Italia, eppure... Storia amara è quella dell’Ilva, ma forse i cinquecento euro oltre la cassa integrazione conforteranno un po’ i lavoratori: tanti ragazzi precari prendono quei soldi lì come stipendio globale, se mai lavorano.
 Si capisce il furore dei dipendenti Ilva, cause note purtroppo, dai proprietari, ad una gestione dissennata, alla crisi del settore.Comunque i sindacati rassicurano, precisano che al Comune non costerà nulla, paga tutto la Società per Cornigliano. Che è una società nata con Statuto a firma del sindaco Pericu, per la bonifica delle aree siderurgiche, al 45% ne è proprietaria Regione Liguria e per l’altra metà Comune e Provincia, in una sorta di matrioske verso altri rami sempre pubblici, con finanziamenti governativi e poteri d’appalto. A retribuzione zero ne è presidente il vicesindaco di Genova, prima presidente di quel Municipio.
Solidarietà per i lavoratori, ma chi parla per loro ha un’aria fumosa, un’aria stizzita, un’aria feroce anche con chi cerca di dare un aiuto.Viene il dubbio se per davvero si sono avute a cuore le vite degli altri, il futuro delle persone, che magari in questi dieci anni di trattative avrebbero potuto ricollocarsi altrove, ancor prima della crisi economica globale, invece di far credere ad un posto di lavoro nell’acciaio, che non ci sarebbe stato più.
Ecco, questi sono i sindacati di cui anche Cofferati è stato per anni la guida, oggi più che mai sulla scena, al ricordo dei tre milioni in piazza di dodici anni fa, quando si approssimavano la globalizzazione moderna, il web e il cellulare - non per parafrasare Renzi, ci mancherebbe - ma perché nel bene e nel male, il tempo ha lasciato segni indelebili.
(Bianca Vergati)

giovedì 16 ottobre 2014

OLI 415: CITTA’ - Come se si stesse su un vulcano


Due rappresentazioni a confronto dello stesso territorio, con i torrenti Bisagno e Fereggiano, a 210 anni di distanza l’una dall’altra. Le avevamo già pubblicate dopo l’alluvione del 4 novembre 2011 (OLI 319), senz’altro commento che la didascalia: 
Sopra: 
dall'Album topografico di Genova e suoi dintorni, penna ed acquerello colorato, circa 1797, Genova, Collezione Topografica del Comune, inv. n. 1127 (particolare). 
Sotto: 
da Google Earth, 9 agosto 2007.
Le ripubblichiamo ora tali e quali, aggiungendo stavolta alcune riflessioni.
Dopo tre anni la replica dello spettacolo è andata in scena quasi identica, ma più intensa e straziante, il 9 ottobre 2014. Solo l’orario della rappresentazione è cambiato: se fosse rimasto lo stesso, invece che a notte fonda, il numero delle vittime sarebbe stato ben maggiore dell’unico sventurato travolto dalla piena.
Di sicuro ci sono responsabilità degli amministratori locali – Comune e Regione – che non hanno diramato per tempo l’allerta fidandosi più di uno sballato modello previsionale che non dei loro occhi, che non potevano non vedere quant’acqua stesse precipitando da ore dal cielo.
Ma il preavviso non avrebbe comunque fermato la furia dei torrenti: i negozi, i laboratori, le cantine, i magazzini e gli altri locali a pianterreno o seminterrati sarebbero stati in ogni caso allagati.
Se – altra grave mancanza di chi gestisce il territorio – si fossero mantenuti gli alvei perfettamente puliti, sgombri da alberi, arbusti e cespugli che son pittoreschi a vedersi quando è bel tempo e ospitano animali selvatici, ma riducono di molto la portata nei momenti di piena, probabilmente si sarebbe ridotto il danno, però quasi certamente non si sarebbe evitato lo straripamento, data l’entità delle precipitazioni in relazione allo stato di un territorio ormai irreparabilmente compromesso da un secolo e mezzo di urbanizzazione sempre più intensa e irrispettosa di un ambiente che da sempre è soggetto per sua natura a periodiche inondazioni.

Luigi Garibbo dis. e inc., Veduta del Ponte della Pila sul Bisagno presso alle mura di Genova,
poco dopo il suo diroccamento per la gran piena de' 26 Ottobre del 1822.
Ben lo sapevano i nostri antichi, che nel medioevo costruirono il lunghissimo ponte di Sant’Agata (le poche arcate superstiti nel greto del Bisagno non sono che una minima parte delle originarie 28 che si estendevano da Borgo Incrociati fino alla chiesa di Sant’Agata, presso piazza Giusti) per garantire la continuità del transito anche nei momenti di piena.
Lo stesso fecero gli ingegneri sabaudi che nei primi decenni del XIX secolo realizzarono la nuova carrozzabile verso la Toscana, il cui primo tratto (via Minerva, oggi corso Buenos Aires) correva su un terrapieno sopraelevato di alcuni metri sul piano di campagna, in previsione delle rare ma sempre in agguato alluvioni che, allora come oggi, interessavano la piana estesa tra le odierne piazza Tommaseo e vie Galata e Cesarea. La strada fu abbassata solo con l’attuazione del piano regolatore del 1877, col quale, dopo l’annessione a Genova di sei comuni a levante del Bisagno nel 1873/’74, si disposero case dove prima erano orti.
Poco male se un tempo finivano sott’acqua per qualche ora campi coltivati e pochi edifici rurali sparsi qua e là.
Assai peggio è quanto avviene oggi e continuerà sicuramente ad accadere in futuro, senza rimedio, dato l’assetto assunto da questa porzione di città di cui, in modo assai poco lungimirante se non addirittura colpevole, si è consentito nei decenni lo sviluppo in tale area critica.
L’asfalto e le costruzioni hanno ricoperto le pendici delle colline impermeabilizzandole e obbligando la pioggia a correre in basso invece di essere parzialmente assorbita dal terreno, specie grazie alla speculazione edilizia dal secondo dopoguerra fino ad oggi, considerando pure i numerosi parcheggi interrati in gran voga negli ultimi anni. I corsi d’acqua nei fondovalle sono stati ridotti d'ampiezza e in parte nascosti sotto strade sicuramente funzionali e anche belle, come il viale Brigata Bisagno e Brigate Partigiane, ma esiziali nei momenti di piena: è ben noto come la portata di un fiume o torrente coperto si riduca di colpo in maniera considerevole nel momento in cui il pelo dell’acqua tocca la sommità del condotto, con conseguente esondazione.
Questo video impressionante, girato da una finestra dirimpetto e con drammatiche voci fuori campo, realizzato e pubblicato su Facebook da Maria Principalli, documenta quanto successo l’altra notte col Fereggiano:


Chi risiede o lavora in queste zone deve purtroppo prendere atto di tale amara realtà, elaborare la consapevolezza che dopo periodi più o meno lunghi di quiete il dramma si ripresenta inesorabile, abituarsi a convivere con questo pensiero, agire di conseguenza. 
Nell’ultimo mezzo secolo la cadenza era all’incirca ventennale: 1953, 1970, 1992, 2011 (per limitarsi al bacino del Bisagno, senza parlare di altre zone altrettanto a rischio con tempi diversi). Ora dopo appena tre anni ci risiamo, complici i rivolgimenti climatici in atto a livello planetario. Non possiamo sapere quando sarà la prossima.
È come stare sulle pendici del Vesuvio, di cui con beata incoscienza molti godono il magnifico ambiente e lo splendido panorama, pur sapendo con fatalistica rassegnazione che prima o poi il vulcano si risveglierà e allora sarà la fine per la miriade di case che ospitano circa 600.000 abitanti, che si spera riescano a mettersi tutti in salvo coi piani di evacuazione da tempo predisposti. Ma laggiù accadrà una volta soltanto, qui invece chissà quante volte ancora, con l’acqua al posto del fuoco.
Occorre partire da questa considerazione, con realismo
Di sicuro si deve cominciare col perseguire almeno la riduzione del danno, curando la costante manutenzione e pulizia dei greti e monitorando di continuo l’efficienza dei tombini, investendo risorse economiche innanzitutto in queste azioni minute e assai poco d’immagine, ma utili per la collettività, piuttosto che in grandi opere visionarie.
Se i soldi non bastassero, si possono sempre coinvolgere i cosiddetti  “angeli del fango” e nuovi volontari, in ricorrenti giornate di faticosa ma gratificante festa tutti insieme non a spalare fango, ma a prevenirlo periodicamente sotto il coordinamento organizzativo dei municipi. O avvalersi - se mai sarà avviato - del  nuovo Servizio civile obbligatorio per tutti, come lo era il vecchio servizio miliate di leva, di cui si sta cominciando a parlare a livello nazionale.
Assai più impegnativo, ma indispensabile, è il completamento dello scolmatore del torrente Fereggiano e di altri rivi, per condurli a sfociare direttamente in mare attraverso una galleria solo in piccola parte scavata e poi interrotta per intricate vicende burocratiche e giudiziarie.
Ma poiché, come probabile, nonostante queste azioni gli eventi potranno comunque ripetersi, sia pur – si spera – con minore intensità e frequenza, è opportuno che si stabiliscano norme di comportamento per tali occasioni, da diffondere capillarmente tra la cittadinanza coinvolta affinché le faccia proprie, a partire dall’infanzia, stimolando anche la capacità di autonoma valutazione del rischio senza attendere i comunicati ufficiali. Qualcosa si era cominciato a proporre, anche con manifesti disegnati dalle scuole, ma molto resta ancora da fare.
Rimane il problema delle attività al pianterreno, già duramente provate nel 2011 e ora di nuovo ferite in modo gravissimo, con la prospettiva di esserlo ancora non si sa quando e quante volte. Altrettanto vale per i mezzi di trasporto privati, posteggiati ovunque nelle aree inondabili.
Quali soluzioni si potrebbero escogitare, che siano davvero praticabili e non fantascientifiche?
Sarebbe utile oppure no scoperchiare il Bisagno nel tratto terminale fino alla Foce, come alcuni sostengono, demolendo la copertura realizzata ottant’anni fa, rifatta con gran dispendio da poco ma soltanto a metà (alta incompiuta, per un'incredibile alluvione di ricorsi in un contesto dove l'accusa di tangenti è stata tangibile)? Ce la sentiremmo di annullare un’arteria di grande traffico, vanificare quanto già speso e alterare radicalmente un compiuto e valido contesto urbano degli anni Trenta?
Questi ed altri interrogativi possono essere materia di elaborazione per architetti, urbanisti e pubblici amministratori in diretto e costante confronto con i cittadini, con l’obiettivo di risolvere problemi vitali prima di abbandonarsi a sogni fantasmagorici e redditizi per pochi.
Il dibattito è aperto.
(Ferdinando Bonora)

giovedì 29 maggio 2014

OLI 407: REGIONE - L’Europa scommette sullo sport, la Liguria forse

“La Regione scommette sullo sport”, così su Repubblica il presidente Burlando annuncia " riprogrammazione di fondi comunitari" per investire su ventisei strutture sportive ad uso scolastico in Liguria. A tutta pagina poi l’assessore regionale allo sport precisa che ci saranno 3 milioni di euro per mettere a norma più di venti impianti sportivi, strutture che una volta ammodernate, permetteranno di utilizzare gli stessi impianti in orario pomeridiano, grazie alla sinergia tra scuole e società sportive. Si sceglie di valorizzare interventi significativi "per garantire le migliori condizioni per lo sport scolastico, fondamentale nello sviluppo psicofisico dei ragazzi”. Che buoni intenti.
A scorrere il Giornale della Giunta della Regione Liguria si legge: “Scuola e sport: in arrivo 3 milioni grazie ai fondi Par Fas 2007-2013”.Ovvero, mentre già si lavora per i progetti 2014/2020 la Regione Liguria con una riprogrammazione ha utilizzato, finalmente, i fondi europei richiesti ancora nel primo mandato. Fondi a destinazione puntuale, lasciati in stand by, che si sono tenuti stretti, non sono arrivati adesso, sono stati investiti ora perché magari si sarebbero dovuti restituire.
Intanto diamo il benvenuto noi  ai liceali di Mol, cittadina vicino a Bruxelles, giovani atleti che l'assessore regionale allo sport non è riuscito a salutare, ragazzi venuti per quattro giorni dal Belgio a Genova, grazie ad un’iniziativa d’interscambio sportivo del Trionfo Ligure di Villa Gentile ( Mercantile, 17/4).
Una sorta di Erasmus dello sport insomma. Peccato,  l’assessore non è riuscito a festeggiarlo, era  impegnato in veste istituzionale, nella mezza maratona, a partecipare pure ad un gara di foot golf per beneficenza. Nell'occasione si rileva pure che tra calciatori, giornalisti , professionisti, imprenditori, coccolati anche dalle trofiette di Zeffirino, per la Gigi Ghirotti sono stati raccolti ben millequattrocento euro.
(Bianca Vergati - Foto dell'autrice)

venerdì 18 aprile 2014

OLI 404: ELEZIONI EUROPEE - Sergio, beato fra le donne

Campeggia già per tutta la città la faccia bonaria e barbona di Sergio Cofferati, di nuovo in corsa per le Europee 2014, beato tra le donne candidate, con Marina, sindaco di Stella, provincia di Savona, Maria Chiara da Lerici, operatrice sociale e Carlotta, assistente per dieci anni di Roberto Speciale, ex europarlamentare, magari la più titolata per la Ue, avendo fondato con l’onorevole il Centro in Europa, che ha come vocazione, vedasi nel sito…aggiornare le insegnanti della scuola primaria. Un’associazione culturale, piena di buoni intenti, con la collaborazione di firme illustri, ma anche centro di corsi di formazione, uno di mille, cui contribuiscono pure il Comune di Genova e la Regione Liguria: come staff sempre Roberto Speciale e la dott.ssa Carlotta.
Sempre nel sito alla voce “ materiali” il top è l’intervista a Francesca Balzani, europarlamentare, brillante tributarista, reclutata dall’ex sindaco Vincenzi e divenuta poi in Europa relatrice del Bilancio europeo, ora Assessore al Comune di Milano e arringata dall’assessore regionale Raffaella da Spezia perché oserebbe ambire a fare il prossimo governatore della Liguria, non essendo neppure iscritta al partito, in cui la spezzina ha fatto tutta la gavetta.
Anche Francesca è desolatamente tra i parlamentari italiani che hanno abbandonato l'Europa, non si ricandiderà, solo i Francesi hanno fatto peggio, sono in tredici,  sette invece gli italiani che hanno lasciato a metà  il seggio europeo negli ultimi cinque anni, di cui quattro del Pd, Ds, ecc., in buona compagnia di Bersani, Serracchiani, e altri transfughi vari che in questi anni, pur di essere in Europa avevano cambiato casacca, bandiera, look : quasi ventimila euro al mese sono miele per gli orsetti golosi.
Nessuna traccia di manifesti per Alessia Mosca, nominata direttamente da Matteo Renzi, forse per parare i colpi del partito liquido, non certo di provata fede a livelli locali. Così per l’altra candidata Renata Briano, assessore regionale all’Ambiente, a suo tempo sbarcata in Regione direttamente con il listino del presidente. Alla conferenza stampa di presentazione l’altro candidato maschio, il ragazzo Brando, un curriculum nel partito da paura, praticamente ha iniziato dalle scuole medie, nel suo sito Fb non è ancora stato rimosso l’appello alle primarie 2012 pro Bersani: Sono il più giovane candidato di tutta Italia, dichiara orgoglioso, "nato in Liguria" sottolinea nei manifesti.  L’unica definita renziana doc è Maria Chiara, operatrice sociale di Lerici, invano cerchi il suo curriculum, ma sul quotidiano on line di Spezia si legge che scelte come Brando e Maria Chiara sono  finalmente espressione del territorio.
E il giovane ministro Andrea Orlando saltabeccato dall’Ambiente alla Giustizia? Forse lo si considera in un ministero non di peso, visto che tranne leggi ad personam, i cittadini non vedono riforme da decenni. “Cinque anni sono molti, ma il mio lavoro dovrebbe ancora proseguire all’insegna della continuità dell’impegno – dichiara l’europarlamentare uscente Sergio Cofferati – l’obiettivo è quello di completare un lavoro complesso, dalle infrastrutture alle attività produttive, dai servizi ai diritti delle persone e sul sito Pd invita a scaricare un libretto in cui dice di raccontare tutto quello che ha fatto a Bruxelles. Nel libretto pieno di foto di giovani cittadini, vanta il 97 per cento di presenze con undici incarichi come relatore e persino altri 20 come relatore ombra. Auguri.
(Bianca Vergati)

sabato 25 gennaio 2014

OLI 396: PUC - Quando si partecipa troppo

Mercoledì 22 gennaio, ecco presentarsi alle audizioni di cittadini e associazioni in commissione comunale, circa il recepimento nel Puc delle osservazioni regionali di Valutazione Ambientale, il Comitato di Terralba. Di nuovo? il suo rappresentante ha ormai calcato tutte le platee possibili, presenziando ai convegni, nei municipi, in comune, ai tavoli di discussione, dal piano urbanistico al dissesto idrogeologico, ovunque,occupando tempo e spazio, anche quando la questione c’entrava di striscio. Indubbiamente utile per Terralba, che sarà impressa nella memoria dei partecipanti, pure presso gli stralunati cittadini comuni, che avrebbero voluto sentire qualcos'altro, come in quest'occasione e non una mezz'ora di Terralba con claque al seguito.
Chissà, magari avere una visione un po’ più ampia, sapere quale sarà il futuro dell’abitato e del paesaggio, patrimonio di tutti e non soltanto il destino delle aree ferroviarie di Terralba, su cui erano previsti edificazioni in cambio di una messa a punto di linee metropolitane di superficie: proposta delle Ferrovie dal sapore ricattatorio s’intende.
Così all’ennesima riunione, grazie a chi si guarda soprattutto il suo ombelico, si sono avute “comode”  risposte frettolose e poco articolate su tematiche più generali, che invece interessano tutti i cittadini. Come la proposta di “moratoria sul consumo di suolo” chiesta per la Liguria da Salvatore Settis sul Secolo XIX ( 22.1.14) e portata avanti dalla rete delle associazioni della “Città che vogliamo”, infatti a Genova ci sono quindicimila vani vuoti e dunque che senso ha costruire ancora? Però apparirebbe da “esproprio oltrecortina” la proposta presentata dalle associazioni di un “allontanamento delle popolazioni” da edifici o zone più o meno a rischio, via la Valbisagno o via la Foce.
Inquieta la preoccupazione degli uffici circa l’abbandono delle aree in collina se non si permette l’edificabilità anche a chi non fa agricoltura, come invece chiedono i giovani agricoltori, che lamentano una probabile impennata dei prezzi sui terreni agricoli se diverranno edificabili. E altrettanto dicasi per la richiesta della Coldiretti di tenersi stretti, ovviamente per trasferire o vendere, i diritti edificatori.
Non si sono ancora avute risposte puntuali per le aree a rischio idrogeologico, che ora sono rosse e poi potrebbero non esserlo più, dopo la costruzione dello scolmatore, e nemmeno è chiaro se si costruiranno altri megaparcheggi come quelli a monte nel levante: non è un caso che il terreno dei parchi di Nervi con i suoi alberi centenari che vengono giù, sia intriso d’acqua anche quando non è piovuto. Non sono un caso neppure le casette a picco sul mare sempre nel levante cittadino, quelle che stanno franando a Nervi, frutto di un condono dell’anno di grazia 1986.
Nessun chiarimento neppure sulle “porzioni” di verde che spettano a ciascun abitante, non soltanto l’aiuola-giardinetto o la porzione di mare libero, o al diritto di ciascuno a non vivere con troppi decibel e traffico inquinante con nuovi insediamenti. Invece di costruire le associazioni propongono una “rigenerazione urbana”, come il rinnovare anche dal punto di vista energetico per risparmiare magari sul riscaldamento, e sarebbe anche lavoro per le imprese edili, è vero, ma di questi tempi e con una popolazione anziana chi andrà a dire a migliaia di cittadini che dovrebbero ristrutturare le loro pareti o le loro finestre?
Tutto rinviato alla discussione nello specifico del solo Puc.
Da sottolineare previsioni demografiche ottimistiche degli uffici su eventuali futuri abitanti, previsioni che si rifanno ad un auspicio di città, più che a delle certezze. Si spera che verranno city users per l’università, per l’high tech, per il turismo, per altro lavoro e lo speriamo davvero per Genova, per i nostri giovani, non possiamo respingere queste speranze, ma la realtà di oggi ed il futuro che s’intravede dicono altro.
Prospettive occupazionali che mettono i brividi.
Grazie alla crisi che, per la nostra città, ha radici lontane, grazie allo spirito d’iniziativa dei nostri arditi imprenditori, che hanno investito sì nel territorio, ma al massimo nel mattone, grazie alla preminente politica industriale pseudo-pubblica, che ci ha travolto quando non ha più funzionato. A Genova sarà durissima vedere la mitica luce in fondo al tunnel, ma ancora luccicano i soliti noti, armatori, petrolieri, ministri, parlamentari, amministratori di aziende e istituzioni.
(Bianca Vergati)

giovedì 21 novembre 2013

OLI 391: CITTA’ - Puc, Regione e autorimesse AMT

Dunque va bene o non va bene quanto hanno deciso gli Uffici Comunali riguardo le Osservazioni della Regione in materia Ambientale? Un bel parere secco e se ti va un bel malloppo da leggere, quasi duecento pagine di verbali, tabelle, recepimenti, inviati ai Municipi per approvare un qualcosa che neanche in consiglio comunale hanno ancora visto.
Tra le pagine di quegli stizziti verbali si è consumata invece una bella lotta tra Enti per decidere il futuro assetto edilizio della città con abitanti in calo irreversibile, costruire o non costruire nei famigerati Distretti di trasformazione, ovvero nelle aree dismesse di fabbriche, vallette verdi, autorimesse, quante residenze, quanti centri commerciali, quanti parcheggi è permesso fare. In un raptus di fine mandato la Regione ha sparato una serie di diktat ambientali, che ha entusiasmato ambientalisti e spiazzato la controparte, sentenziando osservazioni non meramente indicative come di solito avviene, ma le ha blindate a “prescrittive” , nel senso che è obbligo vadano recepite: la Vas, Valutazione ambientale strategica.
Una spallata da ente sovraordinato, cioè da chi conta di più, sta più in alto nella scaletta d’importanza. Un bel destro per gli Uffici, nel frattempo passati direttamente dal via con il nuovo sindaco come nel gioco dell’oca, tornando a fidata gestione Pd, Fds, Ds, ante Vincenzi, un’ambientalista pura al confronto.
Si scopre così dai verbali che il Comune “evidenzia come non sia possibile destinare sistematicamente le aree esondabili a verde, (ndr. come richiesto dalla Regione nelle sue Osservazioni) in quanto si tratta nella maggior parte dei casi di aree già insediate o sulle quali pesano interessi anche pubblici notevoli e -conseguenti affidamenti- , come la rimessa AMT della Foce ..sarà necessario esplicitare che alcune previsioni di grande trasformazione di PUC, ad esempio Corso Sardegna e Via Maddaloni, (ndr. dove c’è la rimessa Foce Amt ), per ragioni giuridiche (…!!) non possano che essere confermate, ovviamente evidenziando in norma … il raggiungimento di adeguate condizioni di sicurezza idraulica, come previsto dal Piano di Bacino..” (ndr., Il Piano di Bacino, per dirla semplice, stabilisce come e quanto è sicura una zona rispetto ad un fiume)..”evidenzia il Comune che sta approvando il progetto definitivo dello scolmatore del Ferreggiano-Noce-Rovare (…) L’intervento comporterà una revisione delle zone rosse nel Piano di bacino del Bisagno.”
Quindi anche se “La Regione, evidenzia la necessità di individuare i distretti in contrasto con le norme di Piano di Bacino… “, il Comune non arretra, vuole lasciare a residenze, commercio, parcheggi magari interrati,  più di quattromila metri quadrati dell’autorimessa della Foce. Un’ipotesi remota si dirà, visto che la Foce è l’unica autorimessa rimasta nel Levante, quella di Boccadasse già venduta, al suo posto un palazzone ed è tramontato il progetto di ricoverare i bus allo stadio Carlini.
Per ripianare Amt se pare corretto mettere in campo i gioielli immobiliari, posti in luoghi di pregio, altro discorso è il non arretrare rispetto ad una riqualificazione in area rossa cioè esondabile, ipotizzando che prima o poi con i lavori ancora da farsi sullo scolmatore Fereggiano, la Foce zona rossa non sarà più. Portandosi dietro a cascata progetti in soffitta di park interrati nei dintorni, come Caravelle e via Casaregis.
Intanto già si sa come sono finiti i soldi della rimessa Boccadasse: in un’altra società, una bad company per presentare un‘Amt sana al socio francese, che nel frattempo s’è volatilizzato, riprendendosi il suo capitale tutto intero. Di sicuro Amt fu società giuridicamente inadempiente, ma il Comune fece proprio un bell’affare: soldi e immobili spariti e debiti rimasti.
(Bianca Vergati)

giovedì 14 novembre 2013

OLI 390: ECONOMIA - Itticoltura a Nervi

Un impianto di maricoltura a Nervi, questa è l'ultima novità delle amministrazioni pubbliche liguri: la Regione che va in deroga a sé stessa ed autorizza un impianto a un chilometro dalla costa proprio di fronte al Castello di Nervi, e il Comune che sta valutando di autorizzare l'attività a terra dell'impresa nel porticciolo e le necessarie pratiche per poter aprire un magazzino tecnico e raccogliere il pesce prodotto e portarlo via con dei camion.
Si inizierebbe con due vasche, per arrivare poi nel tempo a nove, occupando in totale uno specchio acqueo di duecentomila metri quadrati, in un posto che viene ricnonosciuto da tutti come l'ultimo baluardo della conservazione del paesaggio a Genova, per lo meno in riva al mare.
Contro questo progetto si stanno organizzando i comitati della zona, specialmente i pescatori che troverebbero in quei grandi contenitori galleggianti un intralcio alla propria pesca ed un elemento di disturbo nei confronti del pesce "libero", che si assieperebbe intorno alle reti sommerse a cercare cibo facile ed abbondante. Con il rischio che i pesci selvaggi, a contatto con un allevamento governato da antibiotici, possano ammararsi più facilmente.
Certo, si dice, il mercato è diverso, i pescatori non devono temere la concorrenza dell'impianto in quanto si tratta di prodotti differenti, uno allevato, l'altro pescato selvaggio e quindi che può godere di un ben altro valore sul mercato. Ed è anche vero che senza il pesce allevato, il costo del mercato ittico sarebbe proibitivo, quindi di fatto allevare è necessario.
Ma veder progettare un impianto ad un chilometro dalla costa a Nervi, dove la Regione stessa non prevedeva itticoltura, andando in deroga a sé stessa, nel posto con il miglior panorama di Genova e usando il porticciolo interrato come base logistica lascia il dubbio che qualcosa non funzioni nei meandri della burocrazia nostrana.
(Stefano De Pietro - immagine da Internet)

giovedì 24 ottobre 2013

OLI 387: COMUNE - L'incomprensibile futuro delle aree agricole

L’agricoltura, di per se stessa, è un attività imprenditoriale. Quindi l’agricoltura come attività sua propria non fa tutela del territorio
Arch. Silvia Capurro Direttore Direzione Urbanistica Comune di Genova

Il 23 ottobre, giornata che ha inaugurato la prima allerta meteo dell’autunno, a Palazzo Tursi si è riunita la V Commissione Consiliare Territorio per discutere di PUC, e presentare le linee guida con cui il Comune intende rispondere alla Valutazione Ambientale Strategica, attraverso la quale la Regione Liguria ha chiesto all'ente di modificare la normativa che concede un indice di edificazione ad uso residenziale svincolato da impegni di attività agricola produttiva (leggasi villette) evidenziando l’esigenza di limitare il consumo di suolo esclusivamente ad attività agricole professionali.
Ad assistere al dibattito un gruppo di preoccupati contadini e cittadini, in ascetico silenzio – la natura favorisce l’approccio zen anche delle questioni più spinose.
Forte la difficoltà di adattare il linguaggio tecnico a quello comune, perché qui si è parlato di legge regionale, emendamenti, iter delle commissioni, tavoli di concertazione e soprattutto è emerso che non c’è un parere condiviso dai soggetti politici presenti in sala rossa su PUC e VAS, anche nella stessa maggioranza.
Inizialmente è stato difficile persino chiarire se la Valutazione Ambientale Strategica della Regione Liguria fosse o non fosse vincolante per il PUC e se quelle fatte sino ad oggi fossero controdeduzioni del Comune o adeguamenti alla VAS.
Il Vicesindaco Bernini che non ama esser servo di nessuno, tanto meno della Regione ha precisato che oggetto della discussione erano le controdeduzioni ad osservazioni su un provvedimento della giunta regionale che, per fortuna, vista la delicatezza della situazione ligure - che prevede il vincolo dei comuni a seguire queste osservazioni - ha inserito, la Giunta Regionale stessa, la via d’uscita rispetto a conflitti che potrebbero esserci, cioè l’istituzione dei tavoli tecnici.
E da lì per Bernini bisogna partire, dalla dialettica che c’è in questi tavoli.
(Silvia Capurro e Stefano Bernini)
Supportati dalla competenza di dirigenti e funzionari dei vari settori del Comune i componenti politici della Commissione hanno potuto fare tesoro delle risorse dell’ente. Anche se la vischiosità del linguaggio tecnico è stato talvolta uno scoglio insormontabile.
Silvia Capurro ha chiarito che le aree al di là della linea verde sono state classificate, dal piano regolatore adottato, tutte come aree agricole, su tutte le aree agricole possono intervenire in primis gli operatori agricoli professionali, dopodiché ci sono i cosiddetti presidi ambientali dove possono operare anche operatori agricoli non professionali.
Ma chi controlla che il presidio ambientale venga fatto con la dovuta attenzione? Quali le sanzioni? Non esiste il rischio che costruita la villetta, in assenza di norme il territorio circostante venga abbandonato al suo destino tradendo il patto?
Inoltre appare evidente che questa strada inciderà sul costo delle terre a svantaggio di chi a Genova crede si possa investire e incentivare il chilometro zero e la produzione agricola.
Ma il 23 ottobre si è anche capito inoltre che sul territorio comunale le serre tradizionali, di fatto, non sono un’esigenza sentita dal settore produttivo. Non se ne prevede lo sviluppo e andrà promosso il recupero dei territori delle serre dismesse.
Nella patria del basilico succede anche questo
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)

mercoledì 24 aprile 2013

OLI 374: AMBIENTE - Da Gerbonte al Monte Gottero, i boschi demaniali ai privati contro il degrado

Dal Censimento generale dell'agricoltura 2011
La Regione Liguria avrà pronto, entro luglio, un bando per affidare la gestione dei boschi demaniali ad aziende agricole o cooperative. La superficie regionale coperta da boschi è di circa 375mila ettari, e quasi 7mila sono demaniali: si tratta delle foreste di Testa d’Alpe, Gerbonte e Monte Ceppo nella provincia di Imperia, Barbotina, Cadibona e Deiva in provincia di Savona, Tiglieto, Lerone, La Fame, Monte Penna, Monte Zatta, Le Lame in provincia di Genova, Monte Gottero in provincia di La Spezia. Le aziende private potranno quindi entrare nella gestione di queste aree, sfruttare il bosco ed il sottobosco, facendosi carico della manutenzione delle aree lasciate al degrado.
Le zone boschive liguri soffrono ormai i danni dell’abbandono, che ha interessato precocemente la regione, a partire da prima della seconda guerra mondiale. Gli effetti concreti sono il dissesto idrogeologico, gli incendi boschivi, lo sfaldamento del sistema dei versanti, attuato in passato attraverso i terrazzamenti e una gestione consapevole dei bacini idrografici.
Il Wwf ha reagito dichiarando inconciliabile ed anticostituzionale l’affidamento a privati di un territorio forestale di cui è necessario garantire “biodiversità, protezione dei beni naturali, difesa del suolo, fruizione controllata da parte della collettività” (Il Secolo XIX, 2/4/2013).
D’altra parte, l’assessore regionale all’agricoltura Barbagallo ha motivato la decisione affermando che “Il bosco il Liguria negli ultimi 100 anni è cresciuto del 60 per cento: non servono ulteriori foreste abbandonate, semmai bisogna riportare l’agricoltura nella nostra regione perché un terreno coltivato è un terreno preservato” (Il Secolo XIX, 21/3/2013).
Che il bosco in Italia sia in continua espansione (un bosco povero e degradato, frutto dell’abbandono) è cosa risaputa (vedi anche OLI 262 ). Il censimento generale dell'agricoltura 2011, che ha preso in esame i dati del decenni 2000 – 2010, evidenzia che il settore agrosilvopastorale in Liguria non se la passa affatto bene: è evidente (vedi immagine) come il numero di aziende del settore sia fortemente diminuito - e più che in altre regioni - nell’arco di tempo in esame, così come l’indice Sat (superficie aziendale totale, che comprende campi, boschi canali ecc…), che segna una diminuzione del 39,9 per cento: la più rilevante d’Italia.
Sono legittimi i timori del Wwf sugli abusi che potrebbero verificarsi con la gestione privata, tuttavia l’incuria e l’abbandono attuali non sono le premesse per un idilliaco ritorno alla “Natura” ma le cause del degrado ambientale e della perdita di biodiversità che affliggono la regione: la protezione dell'ambiente non può prescindere dalla conoscenza della sua storia.
(Eleana Marullo)

giovedì 7 marzo 2013

OLI 368: LIGURIA - Derivati, le regole della politica e quelle dei cittadini

Foto da internet
La minaccia “derivati” ha fatto sentire i suoi effetti – dal passato - anche sul Comune di Genova. La miccia è stata accesa da Il Giornale, che ne ha ricavato un’inchiesta pubblicata a partire dall’8 febbraio con l’articolo d’esordio “Il Monte dei Paschi anche a Palazzo Tursi: 118 milioni di derivati” (8/2/2013). Lo si ricorda per i lettori inesperti di ingegneria finanziaria: il derivato è uno strumento, un contratto, un accordo il quale lega il suo valore a quello di un’attività. Nel caso dei derivati acquistati dal Comune di Genova, ci si basa sull’oscillazione dei tassi di interesse dei mutui. Ritornando al caso di Genova, Il Giornale ha sollecitato l’intervento dell’assessore al Bilancio Miceli che ha dichiarato “Si tratta di due contratti, il primo stipulato nel 2002 con Unicredit per un valore di 7.272.000 euro, il secondo stipulato con Bnl nel 2001 per 13.066.882 euro con scadenza 2020” (“Derivati, la Corte vuol fare i conti col Comune”, Il Giornale 9/2/13). Sull’onda dell’inchiesta, la Lega ha proposto un’interrogazione comunale, non ammessa per ora a discussione (Il Giornale 13/2/2013). Il modo di riportare le notizie segue l’orientamento ideologico della testata, tanto che Il Giornale in un primo momento minimizza il fatto che i derivati risalgano alla giunta Pericu, rimarcando le responsabilità a riguardo dell’attuale amministrazione, mentre in altri articoli gioca sul fatto che i derivati non siano stati annullati immediatamente dal Comune, ma – contemporaneamente - una sentenza del Tar Toscana solleva questioni che sono d’ostacolo alla possibilità per le P.A. di liberarsene (“Swap impossibili da annullare”, Il Sole 24 Ore 23/2/2013). Il Secolo XIX si occupa della questione e riporta la dichiarazione di Miceli, secondo cui “si tratta, come si è detto, di due contratti senza rischi occulti o non prevedibili, che hanno sole finalità di tutela da forti oscillazioni dei tassi, per cui si valuta che in questo momento non sia conveniente rescindere questi contratti per il pagamento delle penali” (Il Secolo XIX 1/3/2013). Rimane invece silenziosa sull’argomento la Repubblica - Lavoro. L’alone di mistero che sembra comunque continuare a circondare la faccenda (a quanto ammontano le penali che impediscono di rescindere da un contratto in cui il comune, comunque, è in perdita?) riporta alla mente vicende di simili derive e simili misteri: i derivati non sono una novità per la Liguria: nel 2011 la giunta Vincenzi aveva chiuso un contratto con BNP Paribas, che costava 24 milioni di euro soltanto di interessi e che era stato siglato poco prima del suo insediamento, ancora sotto la giunta Pericu. Nel 2007 invece era stata la Regione a finire nei pasticci: un ex impiegato della banca giapponese Nomura a Londra aveva denunciato enormi ricavi ottenuti da un prestito della Regione Liguria nel 2006, (Il Secolo XIX, 6 aprile 2007, vedi anche OLI 160). Anche in quel caso, l’accordo era circondato dal massimo segreto e riserbo: il governatore Burlando dichiarava di dover seguire le “regole”. Ma non si riferiva a quelle che tutelano il diritto dei cittadini di sapere e di pretendere trasparenza, bensì a quelle contenute nei contratti ed imposte dalle banche. Ritornando al presente, al momento il sito del comune non riporta alcuna indicazione riguardo alla stipula dei contratti derivati: la trasparenza rimane uno dei punti più dolenti delle iniziative finanziarie ad alto e medio rischio intraprese dalle pubbliche amministrazioni.
(Eleana Marullo - foto da internet)

OLI 368: ELEZIONI - L'inverno del nostro sconcerto

Sono davvero sconcertata e tristissima per i risultati elettorali e per quello che sta succedendo adesso nella società politica e civile. 
(Frammento di una mail a commento delle recenti elezioni)

Se si imbocca la sopraelevata da Sampierdarena, la Lanterna, prima visibile al visitatore, è stata oscurata da una quinta di due torri, astutamente battezzate Torri Faro. Non si tratta di edilizia popolare e poco importa in quale PUC fossero inserite. Al progetto ha certamente dato approvazione il Comune di Genova storicamente amministrato da giunte di sinistra.
A Cornigliano, le aree bonificate – oggetto di una recente inchiesta – e promesse alla cittadinanza con tanto di distribuzione di bulloni provenienti dall’area siderurgica nel maggio 2007, sono tuttora occupate dai container di Spinelli.
Sui lavori per la messa in sicurezza del Bisagno ha posato gli occhi il Tar, che accolti due ricorsi, ha annullato il bando.
Villa Raggio, in Via Pisa, era sede di ambulatori ASL. Donata alla collettività per un utilizzo a fini sanitari è stata venduta dalla Regione Liguria per fare cassa. Inutile il ricorso al Tar della famiglia Raggio. La dimora, suddivisa in lotti, oggi ospita appartamenti prestigiosi dotati di parco con piscina. Non risulta che una parte sia stata destinata alla cittadinanza.
Mentre a Cogoleto l’enorme area dell' ex-manicomio a Pratozanino era oggetto di cartolarizzazione, esattamente come Villa Raggio, i pazienti psichiatrici venivano comodamente ospitati in container per ben quattro inverni
Cosa aggiungere sul buco di quaranta milioni dell’Istituto Brignole, sulla definitiva sepoltura all’Ist, e sugli investimenti fatti all’ospedale Evangelico Internazionale?
Sono solo alcuni dei successi inanellati negli anni dalla politica locale e regionale, piccoli cammei che hanno contribuito, insieme al resto, alla scientifica polverizzazione di risorse collettive. Si tratta di scelte fatte in nome dei bilanci, del contenimento della spesa, da chi si dichiarava di sinistra. Dove la creatività distruttiva toccava il suo culmine si è arrivati a far credere al cittadino come necessaria la costruzione di un parcheggio al posto di una creuza storica.
Quanti comitati gridavano il loro sconcerto in città e nel paese totalmente inascoltati da chi la politica la faceva di professione?
Trasparenza, onestà e competenza: erano le parole chiave. Qualcuno ha aperto un cassetto e le ha tirate fuori.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)

giovedì 21 febbraio 2013

OLI 366: SICUREZZA - ASL 3, prevenzione in pericolo

Mercoledì 13 febbraio, davanti alla prefettura di Genova si è tenuto un presidio dei dipendenti della ASL 3 incaricati di garantire la sicurezza e la prevenzione degli incidenti sul lavoro. Il volantino della RSU denuncia che blocco delle assunzioni, assenza di investimenti, accorpamento di presidi sul territorio, metteranno in serio pericolo i livelli minimi di prevenzione e sorveglianza sui luoghi di lavoro - piccole aziende, grandi fabbriche, porto e cantieri. In mancanza di personale diventa impossibile visitare le aziende. L'allarme si trasforma in grido quando si riflette sui controlli che devono e dovranno essere effettuati sui cantieri del nodo ferroviario o del terzo valico - con duemila lavoratori in campo e ben quattro miliardi di investimento, dei quali, lamentano i lavoratori della ASL 3, non si conosce la percentuale prevista per la prevenzione e la tutela della sicurezza. Al Capo Gabinetto del Prefetto di Genova è stata fatta presente l'urgenza della situazione e sollecitata la convocazione di un tavolo con Regione Liguria e ASL3 per affrontare rapidamente la situazione.
Nessun può chiamarsi fuori da questo problema - è scritto sul volantino - Ognuno, a partire dalle Istituzioni, deve assumersi le proprie responsabilità.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)

martedì 11 dicembre 2012

OLI 360: AMBIENTE - Posti barca, posti asilo e buchi nell'acqua

Allora Signora, lo vuole comprare un bel posto barca a Chiavari? – il sorriso accattivante è quello del venditore di lungo corso
No grazie. Non sono interessata. Ma mi tolga una curiosità: quanto ha pagato la sua azienda per gli oneri di urbanizzazione?
Ma che razza di domanda è questa? – il sorriso sfiorisce, al suo posto un franco disappunto.

Fiera di Genova, Salone delle Identità Territoriali, 24 novembre, diversi stand per promuovere qualsiasi cosa: dalla donna imprenditrice, all’essenza alla lavanda, al canestrello, fino all’acciuga di Camogli, e perché no? Anche il posto barca. Un evento tra mercatino del Tirolo, fiera gastronomica, Ted Conference: in cerca di identità, appunto.
L’agente di posti barca risponde vago alla domanda accennando a milioni di euro a favore del Comune di Chiavari. Il progetto – brochure alla mano – dovrebbe fare incassare all’ente pubblico una bella cifra: 149 posti barca e 147 posti auto. Quindi sarebbe interessante sapere con precisione il beneficio effettivo per chi non ha un natante da parcheggiare, giusto per persuaderlo che il porticciolo vale la candela.
E se un posto barca corrispondesse a un posticino in un asilo nido?
O a un posto a letto in residenza protetta per un anziano?
In Liguria ce ne sono pochi – mi dice un’amica che va in barca – in Francia è pieno.
Ride dei circa 350 posti barca in costruzione a Ventimiglia, poco lontani da Villa Hanbury e dal confine.
Il cantiere, visto dall’alto pare un cratere sul mare, destinato a soddisfare le voglie di approdo anche dei pirati.
Tre anziani seguono imperturbabili l’avanzamento lavori.
Forse hanno capito che il buco nell’acqua esiste.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)

martedì 20 novembre 2012

OLI 357: MOBILITA' - Un tocco di Zenzero per il trasporto pubblico

Premetto che io sono una cittadina
La Signora bionda si precisa così, e non è la sola. Con un gessetto e una lavagna forse disegnerebbe un fosso: dentro la politica, fuori i cittadini come lei.
L'8 novembre, al Circolo Zenzero , si è discusso di mobilità genovese, tema difficile da masticare, ma con un assessore, tre consiglieri comunali, sindacato, WWF, e un revisore dei conti, la storia del trasporto pubblico e di AMT assume contorni più definiti pur nella tradizionale contraddizione. Una situazione – spiega Andrea Gamba, FILT-CGIL - generata dai tagli governativi che, insieme alla scelta di privatizzare, hanno prodotto l’estrema sofferenza dell’azienda con la creazione della bad company Ami per svuotare del debito AMT e la vendita del 41% della parte sana per 23 milioni di euro a Transdev che stipulò un contratto per importare consulenze tecniche da Parigi: costo per AMT 20 milioni di euro. Ma a Genova vennero solo studenti. Prima della privatizzazione, ha detto Gamba, AMT forniva un servizio di 31 milioni di chilometri con un costo di 1 euro a biglietto. A fine percorso, nel 2011, AMT perde 7 milioni di euro con un servizio di circa 28 milioni di chilometri e tariffe a 1,50 euro, al quale aggiungere il prezzo pagato dai dipendenti, da quali è più facile recuperare risorse.
Sotto la lente finiscono amministrazioni comunali precedenti e Regione Liguria che non ha svolto quello che era il suo ruolo di regia così come la legge le attribuisce, che ha affrontato il problema in modo non lucido, non chiaro. Perché il servizio di trasporto – ha spiegato l’assessore Anna Maria Dagnino – va gestito e pianificato dalle regioni.
Vincenzo Cenzuales ,WWF spiega che la Liguria è una delle regioni che investe di meno nel trasporto pubblico, i soldi li spende per costruire strade: 25 milioni per un pezzetino di tunnel della Fontanabuona, 250 milioni a Spezia, 250 milioni a Savona e 75 milioni di euro per altre strade. E’ la stessa Regione che avrebbe dato due milioni e otto per il parcheggio dell’Acquasola chiamandolo di interscambio, ricorda Cenzuales. Che, però, propone una serie di soluzioni possibili: corridoio di qualità per dimezzare i tempi di percorrenza e risparmiare soldi, piano del traffico, onda verde – semafori sincronizzati sui tempi degli autobus - corsie gialle, marciapiedi, il tutto arricchito dai proventi delle blu area che dovrebbero servire esclusivamente per finanziare il trasporto pubblico.
Clizia Nicolella, Lista Doria, punta, da medico, sulla salute, togliere traffico privato significa prevenire malattie. Paolo Putti, M5S, invece porta i presenti ad Aubagne, cittadina francese dove il trasporto pubblico è gratuito grazie ad una tassazione per le imprese che hanno più di 10 dipendenti. L’Europa chiede all’Italia di incentivare la mobilità pubblica entro il 2020, pena il pagamento di forti sanzioni, quindi per il M5S il traffico privato va fortemente limitato, tassando i parcheggi dei centri commerciali, multando in base al reddito i cittadini.
In luglio AMT aveva un bilancio che viaggiava a meno 35 milioni di euro e la rottura di ogni rapporto sindacale – spiega Dagnino - quindi prima di immaginare politiche diverse bisognava avere un’azienda viva e la nuova giunta l’aveva morta. La prima contraddizione del sistema è che in Italia non si è deciso se il trasporto pubblico è un servizio sociale oppure no, ma viene affidato a società per azioni che seguono la logica del codice civile. E’ su questa base che AMT rischiava liquidazione e il fallimento.
Pare un giostra che riporta i presenti sempre allo stesso punto di partenza. Ma allo Zenzero c’è chi chiede di fare scelte impopolari sulla mobilità, per il futuro e la salute dei figli, per i pedoni. La Signora Bionda chiede il perché della dissennata scelta di fare le strisce gialle in via Barrili, la ragazza propone di esporre il biglietto all’autista o di farlo direttamente davanti a lui, c’è chi cita Gallino e chiede che la politica rompa la spirale dei tagli. Ma il tempo non basta. A breve, in agenda, un altro incontro.
(Giovanna Profumo - Foto dell'autrice)