martedì 13 marzo 2012

OLI 335: LAVORO - Fiom e loro alla patria

Settimana enigmistica, trova le differenze.
Sono passati dieci anni dalla prima manifestazione in difesa dell’articolo 18 e a Roma venerdì 9 marzo c’è lo stesso sole di allora, ma più parole d’ordine. In corteo striscioni colorati, operai e giovani precari, prodotti a basso costo del mercato del lavoro italiano stile nuovo millennio.
Come nel 2002 l’articolo 18 è, per chi manifesta, un diritto inalienabile e da estendere a chi tutele non ne ha.
Simili le parole. Diversa la sostanza.
In sciopero, oggi, unicamente la Fiom, lasciata sola da chi in quella lotta - appena dieci anni fa - aveva fortemente creduto e l’aveva vinta. E’ un fatto che il nuovo governo riesce a proporre riforme che a Berlusconi era concesso di sussurrare appena.
Al corteo si unisce Vendola, ma è l’unico politico da prima serata. Ci sta il tempo per una breve narrazione ai cronisti e, senza nemmeno raggiungere Piazza San Giovanni, sparisce in una strada laterale.
La Fiom riempie il viali con i suoi iscritti, li colora di rosso. Insieme a loro immigrati, lavoratori dello spettacolo, parenti delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio, studenti e pensionati.
Solitaria sventola una bandiera del Pd. Chi la tiene ha la fierezza del pensatore libero in partito incerto.
Settimana enigmistica, trova le differenze: i dieci anni trascorsi che nel disegno non si possono vedere, l’assenza di Cofferati, l’arrivo in Fiat di Marchionne - narrato dalla rabbia dei delegati Fiom - reintegrati proprio grazie all’articolo 18. La riforma delle pensioni, la continua crescita del precariato, un’incapacità costante di presidiare il lavoro da parte dei partiti e di una larga fetta del sindacato, quarantasei tipi di contratti precari diversi. Le dimissioni in bianco fatte firmare alle donne. La necessità di difendere la costituzione nei luoghi di lavoro. L’articolo 8, voluto da Berlusconi, in cui si consente alle aziende di derogare alla legge.
Trova le similitudini: il concetto, lo stesso di dieci anni fa, che cedendo diritti si crei occupazione. Che la minor tutela per tutti equivalga a minor danno per un maggior numero di lavoratori. Che grazie al sacrificio, quello dei soliti, si faccia il bene della nazione, una nazione che ha scelto di essere competitiva grazie alla bassa retribuzione, in cui non si investe in ricerca.
Un certo clima diffuso e pressante di oro alla patria.
O meglio di loro alla patria.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)


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