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martedì 21 febbraio 2012

OLI 332: LAVORO - Omsa, e l'eleganza delle operaie

Il 19 febbraio “Presa Diretta” su Rai3, aveva per titolo “Recessione”, ed era dedicata alle strategie aziendali di fuga dall’Italia, per realizzare maggiori profitti all’estero. Tra i casi quello della Golden Lady Company, proprietaria dell’Omsa di Faenza, che tutt’ora sbandiera l’italianità del marchio: “Omsa, marchio storico nel settore della calzetteria Italiana”, magnificando le proprie campagne pubblicitarie, che dallo storico "Omsa, che gambe!" ad oggi, sono sempre state “ispirate alla raffinatezza e all'eleganza”.
Da molto tempo però la vera eleganza è quella delle sue operaie, trasformate in attrici da Living Theatre per denunciare la loro condizione, così rappresentativa della devastazione che l’economia globale porta nei paesi che non hanno strategie economiche ed industriali da contrapporre. Dal 2010 sono in cassa integrazione senza prospettiva, perché l’azienda, tutt’altro che in crisi, si è “delocalizzata” in Serbia, dove gli stipendi vanno dai 200 ai 250 euro al mese, e le operaie vengono scelte tra le donne sole, separate, con figli a carico, e quindi nella impossibilità di sottrarsi al ricatto di un lavoro sottopagato, anche rispetto alla media di quel paese.
Noi le avevamo viste a Genova in occasione del convegno “Punto G, genere e globalizzazione” (vedi Oli 325), emozionandoci a quella rappresentazione, scandita dal ritmo di un fischietto, che terminava nella “esecuzione”, una per una, di quelle vite di lavoro. Sei mesi dopo, il 27 dicembre, come da previsioni, sono tutte poste “in mobilità” verso il nulla. Ora c’è una trattativa, e un primo risultato strappato dal sindacato: il proprietario della Golden Lady chiederà la prosecuzione della cassa integrazione “in deroga”, per “superare la procedure di mobilità” e dare una prospettiva ai “negoziati con alcuni investitori per l'acquisizione dello stabilimento di Faenza”. Prossimo incontro domani 22 febbraio: speriamo.
Intanto, nei giorni scorsi, aveva preso vita un vivace dibattito tra le donne della rete “blogfemministi” (vedi Oli 318 ) a proposito della campagna “Boicotta Omsa”, a sostegno delle lavoratrici. E' Lorella Zanardo (*) a sollevare dei dubbi: “La situazione è complessa e un boicottaggio portato avanti con successo può avere come risultato anche la volontà di spostare la produzione ancora più rapidamente ... il mercato è globale. E' giusto chiedere all'imprenditore di non licenziare ma non credo basterà”.
In alternativa propone il messaggio in “Ti compro se non licenzi”, mirato ad un patto con l’imprenditore: "se la produzione non viene spostata, ci impegniamo in una campagna di promozione del marchio”.
In rete corrono i pareri: “Tra gli imprenditori c'è anche brava gente, che non ce la fa materialmente più, con il costo del lavoro esistente in Italia, a mandare avanti un'azienda”; “Noi non possiamo sostituirci ai sindacati o alle stesse donne che stanno contrattando da anni per andare a interloquire con il padrone della fabbrica”; “Credo che la vera risposta sia un'organizzazione di lavoratori internazionale che si coordini e faccia richieste all'unisono”.
Le donne in rete cercano strategie, ma la realtà oppone una durezza che non favorisce le speranze. In quel territorio non è solo l’Omsa a chiudere, tutti i calzifici sono stati chiusi, delocalizzati. Persi più di 1000 posti di lavoro, e altro non c’è. Tutto intorno è un deserto. Da un lato la politica del governo serbo, che attira gli industriali italiani con incentivi che azzerano per tre anni il già bassissimo costo del lavoro, dall’altra l’assenza di qualunque politica industriale italiana.

(*) Sul sito di Lorella Zanardo la sua posizione sul caso Omsa, e il video della performance delle operaie Omsa
(Paola Pierantoni - foto dell'autrice)

martedì 20 dicembre 2011

OLI 325: NATALE - Gli auguri della redazione



Ci rivediamo nel 2012, AUGURI!


OLI 325 - SOMMARIO

NATALE - Gli auguri della redazione (La redazione)
VERSANTE LIGURE - PSICOBILANCIO (Enzo Costa e Aglaja)
AUGURI - Il nuovo canto (RAP) degli italiani (a cura di Paola Pierantoni)
RAZZISMO - I sette secondi di Youssou N'Dour (a cura di Stefano De Pietro)
SOCIETA’ – La marcia dei fratelli neri e bianchi (Ferdinando Bonora)
SOCIETA' - Porto d'armi, due pesi e due misure (Ivo Ruello)
IMMIGRAZIONE - Modificate la legge più censurata dalla Corte Costituzionale (Saleh Zaghloul)
ELEZIONI - Attenti a quei due (e non solo) (Bianca Vergati)
RELIGIONE - Crozza and company tra i dannati di Dante (Stefano De Pietro)
NATALE - Il grande freddo (Paola Pierantoni)
RACCONTO DI NATALE - La prova (Nino Miano)
NATALE - Auguri (nel tempo che passa) (Angelo Guarnieri)
PAROLE DEGLI OCCHI - Il Natale dei piccoli pasticceri viennesi (Ivo Ruello)
LETTERE - Genere e globalizzazione in due Dvd (Monica Lanfranco)

OLI 325: VERSANTE LIGURE - PSICOBILANCIO

Di Papi in crisi esser felici
ma meno del preventivato;
di ri-dover pagare l’Ici
gioir più dell’ipotizzato;
vedere inaspettate luci
e un buio non pronosticato:
il conto, fra delusi auspici
e qualche slancio esagerato,
modificato è in molte voci
ma in fondo a saldo invariato.



Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA
.

OLI 325: AUGURI - Il nuovo canto (RAP) degli italiani

Per il Natale dei centocinquanta anni vi offriamo il link al "Nuovo canto (RAP) degli italiani": l'inno d'Italia riscritto da ZeroPlastica e "rimusicato" da Filarmonica Sestrese, la prima banda che, il 10 dicembre 1847 (14 anni prima dell'Unità d'Italia), lo suonò per la prima volta ad Oregina.
Gli ingredienti: il Cep di Prà, il quartiere i cui nomi delle vie ricordano i nomi e le date della liberazione; la Filarmonica Sestrese, che suonò per la prima volta l'inno d'Italia; gli ZeroPlastica, autori musicali genovesi. Il progetto "Il Nuovo Canto RAP degli italiani" è una piccola operazione che vuole giocare a rinnovare l'inno e contribuire a promuoverne i significati e il senso. Del  "Nuovo Canto RAP degli italiani" è stata realizzata una prima esecuzione dal vivo, il 9 luglio 2011 al PalaCep (Pianacci).
Prodotto da: Consorzio Pianacci da un'idea di Enrico Testino & Carlo Besana
Regia, fotografia, montaggio di Simona Marziani
Operatore di ripresa, Marcello Massardo
Creative Commons autori: Federico Rosa, Lorenzo Pezzati, Matteo Bazzano
Etichetta Creative Commons: Nomadic Wax Recordings 2011
Testo di: Nio, Funky Lure


(a cura di Paola Pierantoni)

OLI 325: RAZZISMO - I sette secondi di Youssou N'Dour

Offriamo con piacere la canzone Seven seconds di Youssou N'Dour e Neneh Cherry come migliore augurio che con il nuovo anno possa trovare finalmente una soluzione il clima di razzismo che ha portato ai molti spiacevoli episodi nel mondo ed in Italia in particolare. Gli ultimi due casi di Torino e Firenze ci hanno riempito di amarezza per la gravità dei fatti e per la gratuità della violenza subita da persone inermi, pacifiche e che chiedono solo alla vita di poter migliorare di quel tanto la propria condizione lavorativa e personale.
"Quando un bambino viene al mondo non ha il concetto del colore della pelle nella quale dovrà vivere dentro", è il messaggio di Youssou e Neneh, che riassume l'incolpevolezza di nascere in una parte del mondo (felice) piuttosto che in un'altra (massacrata di guerre), e ci ricorda che il nostro piacere, prima ancora che il nostro dovere, è quello di aiutare chi ha più bisogno di noi e cercare di creare, con la forza delle idee e non delle armi, un mondo migliore per tutti.
(La redazione di Oli)

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Boul ma sene, boul ma guiss madi re nga fokni mane
Khamouma li neka thi sama souf ak thi guinaw
Beugouma kouma khol oaldine yaw li neka si yaw
mo ne si man, li ne si mane moye dilene diapale

Roughneck and rudeness,
We should be using, on the ones who practice wicked charms
For the sword and the stone
Bad to the bone
Battle is not over
Even when it's won
And when a child is born into this world
It has no concept
Of the tone the skin is living in

It's not a second
7 seconds away
Just as long as I stay
I'll be waiting
It's not a second
7 seconds away
Just as long as I stay
I'll be waiting (x3)

J'assume les raisons qui nous poussent de changer tout,
J'aimerais qu'on oublie leur couleur pour qu'ils esperent
Beaucoup de sentiments de race qui font qu'ils desesperent
Je veux les portes grandements ouvertes,
Des amis pour parler de leur peine, de leur joie
Pour qu'ils leur filent des infos qui ne divisent pas
Changer

And when a child is born into this world
It has no concept
Of the tone of the skin he's living in
And there's a million voices
And there's a million voices
To tell you what she should be thinking
So you better sober up for just a second

(Traduzione in italiano)

(a cura di Stefano De Pietro)

OLI 325: SOCIETA’ – La marcia dei fratelli neri e bianchi

Sabato 17 dicembre in tutta Italia si sono svolte manifestazioni per l'assassinio a Firenze dei senegalesi Mor Diop e Samb Modou e il ferimento di altre tre vittime. Opera certamente di uno squilibrato, la cui follia era però alimentata non solo dalla xenofobia e dal razzismo dilaganti in certi strati della popolazione, minoritari ma non per questo meno inquietanti, se si considerano per giunta gli indegni compiaciuti commenti pubblicati sul web, ma anche dalle posizioni ripetutamente espresse da forze politiche presenti in parlamento e nello scorso governo, ai quali si è inteso contrapporre una risposta ferma e di grande civiltà.
Anche a Genova sono sfilate centinaia e centinaia di persone, dalla Commenda fino a De Ferrari per ridiscendere infine a Caricamento, in un corteo organizzato dalla comunità senegalese, dalle reti antirazziste e dall'ARCI. La stragrande maggioranza era nera. Tra i bianchi si riconoscevano volti noti e meno noti nel popolo della sinistra, dalle diverse collocazioni politiche e impegnati a vari livelli, tra cui l'avvocato Alessandra Ballerini e l'assessore comunale Bruno Pastorino. Non solo, ma pure cittadini “comuni” che via via si univano all’imponente marcia, tra i quali  famiglie con i figli visibilmente partecipi anch’essi, soddisfatti di esserci per propria convinzione e non per compiacere i genitori.
Dal furgone in prima linea si alternavano musica e discorsi. La parola più ricorrente era “fratelli”: fratelli neri e fratelli bianchi, tutti uniti a ribadire la volontà di vivere insieme.

(Ferdinando Bonora)

OLI 325: IMMIGRAZIONE - Modificate la legge più censurata dalla Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 329, del 12 dicembre 2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge 388/2000 (legge finanziaria 2001), nella parte in cui chiede il possesso della carta di soggiorno per la concessione ai minori immigrati legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, della "indennità di frequenza" per i minori invalidi. Si tratta di una indennità concessa ai mutilati e invalidi civili minori di 18 anni "per il ricorso continuo o anche periodico a trattamenti riabilitativi o terapeutici a seguito della loro minorazione". Tale norma, secondo la suprema Corte, priva il minore immigrato disabile, anche regolarmente soggiornante, di diritti fondamentali (all'istruzione, alla salute e al lavoro) in violazione della Costituzione italiana e della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.
La legge 388/2000, del centro sinistra, è a questo punto, forse, il provvedimento normativo più censurato dalla Corte Costituzionale (un altro provvedimento che compete per avere questo titolo è il pacchetto sicurezza del centro destra). Numerose sono infatti le sentenze che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di questa legge nelle parti che richiedono il requisito della carta di soggiorno per l’accesso degli immigrati regolari alle provvidenze ed alle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale (esempio: assegno sociale, assegno di invalidità).
La Carta di soggiorno è rilasciata a chi possiede un determinato livello di reddito, e soggiorna regolarmente da almeno cinque anni. E’ stata istituita per semplificare il soggiorno di chi vive in Italia da lunghi anni e la suprema Corte ha più volte sentenziato che non deve essere usata per escludere gli immigrati dal diritto alle misure di assistenza sociale. Modificando le parti censurate della legge 388/2000 (comma 19 art.80), non solo si ristabilisce lo stato di diritto e si aiuta l’integrazione, ma si alleggeriscono i nostri tribunali, e la stessa Corte, di una grande mole di lavoro.
(Saleh Zaghloul - Disegno di Guido Rosato)

OLI 325: ELEZIONI - Attenti a quei due (e non solo)

- Una vergogna - sbottava sdegnato il costruttore Viziano per l’assenza delle istituzioni al concerto del Carlo Felice pro alluvionati il 10 dicembre, evento organizzato dal Conservatorio Paganini.
Avrebbe dovuto essere contento, invece, per la presenza dei candidati a sindaco Musso e Pinotti, due i cui posti lasciati liberi darebbero sollievo in Parlamento: il primo infatti già troppo ha svolazzato, irritando il Pdl nostrano. Alla seconda il partito sussurra "fatti più in là" per piazzare Stefano Fassina, portavoce economico del Pd, senza schiodare nemmeno "Melandri Giovanna", eletta in Liguria, che spicca come missing nella solidarietà per le alluvioni.
Intanto si ha notizia intrigante di un blog appena avviato, pare da un misterioso candidato/candidata sindaco e in cui si stanno raccogliendo le idee dei cittadini http://antennaprimaria.wordpress.com, accessibile per ora a circuito chiuso, in attesa di fine corsa alle primarie.
Invece i due presenzialisti in solitaria cercano consensi dentro e fuori i partiti, non lesinano commenti sui media, attivi alla noia, impallinando spesso la Marta, che cinguetta come loro su Twitter.
Appoggi in giro ne cercano e ne trovano, vedi Musso e Viziano in tandem sul Piano urbanistico che non s’aveva da approvare. E dire che fra parcheggi e palazzi il costruttore ha costruito il possibile e ancora è in lista per lavori qua e là, che ingrato. Si spiega persino l’inusuale intervento del senatore in Comune con un emendamento uscito dal cilindro per l’ex ospedale di Quarto "Un polo musicale per Genova, una casa della musica per una città che ha dato i natali al più grande violinista italiano, un centro congressi, un punto d’eccellenza turistico-alberghiero".
Vago e curioso il progetto. A voler essere maliziosi la rivoluzionaria proposta potrebbe spiegarsi così: il presidente del Conservatorio Paganini è il costruttore Viziano, che magari aspira ad essere presidente della casa della musica per Genova (e a concorrerne alla costruzione).
Alla conferenza stampa di Musso sul Puc alcuni ex di Pericu, Assedil e immancabile Viziano per Confedilizia: che desolazione, come se altro costruire portasse lavoro vero.
L’ex ospedale di Quarto, valutato 35 milioni di euro è il pezzo più pregiato del patrimonio da vendere per ripianare il deficit della Sanità regionale, ma la fascinosa assessora all’urbanistica Idv ne ha stoppato di fatto la rivalutazione (sul mercato), non presentando la legge che dà alla Regione la diretta competenza sulle destinazioni di siti e immobili, al posto dei comuni, provocando una crisi fra presidente Regione e Idv: con la scusa dei costi della politica e del bilancio si celano lotte di potere o amici del cuore che vorrebbero comprare in saldo? Il mattone non ha colore certo.
Dunque con questi chiari (foschi) di luna Genova andrà a destra o a sinistra? Di sicuro alla deriva già c’è, e grande, lo sconcerto fra gli elettori.
Strania vedere che nella tenzone delle Primarie, diano fuoco alle poveri pure grandi “saggi”, come l’ex sindaco Giuseppe Pericu e Stefano Zara, l’ex contendente di Marta Vincenzi; almeno da loro ci si sarebbe aspettata piena consapevolezza che da questa corsa alla poltrona ormai fuori controllo ci sta rimettendo soltanto la città.
Di altri candidati racconteremo nella prossima puntata.
(Bianca Vergati)

OLI 325: RELIGIONE - Crozza and company tra i dannati di Dante

Con tutta questa pubblicità che ci indirizza verso una vita di solletico consumistico e leggerezza, non siamo più abituati ad ascoltare le pesanti parole della Chiesa quando, in un clima da cinquecentesca inquisizione romana, decreta la dannazione eterna per qualcuno. Menomale che oggi i tribunali sono affidati ad un codice derivato dalla Rivoluzione francese, perché altrimenti per Crozza, il comico che ha inserito l'attuale Papa nel suo spettacolo su La7, sarebbero guai seri, se non addirittura il rogo.
La storia parte dal solito sito Pontifex, dove in due "puntate" successive il povero Crozza viene additato ad esempio di persona posseduta dal diavolo, per aver preso in giro il pontefice in più occasioni.
"Quando sarà vecchio e prima di salutare questa vita o sarà ammalato, si ricorderà che un giorno aveva insultato il Papa", queste le parole di Mons. Bertoldo, Vescovo di Foligno. Possibile solo augurare a Crozza di passare a miglior vita per colpa dell'alzheimer, così che la sua storia giovanile possa essere stata opportunamente dimenticata.
Al commento di mons. Bertoldo si aggiunge anche lo stesso giornalista Bruno Volpe, che rincara la dose "Di Crozza, ormai preda di impulsi satanici (perché come previsto dal Rituale Romano di Esorcismo, manifesta palese e prolungata avversione al Sacro), non ne possiamo più. Bisogna fermarlo con tutti i mezzi legali a nostra disposizione".
Anche Fiorello non è immune: s'immagina il buon Mike Bongiorno che lo guarda un po' contrariato dalla sua nuvoletta, reo d'aver offeso la cristianità pronunciando la parola "preservativo" in televisione. Ce n'è anche per la cacca della canzone di Benigni, come se la stessa non facesse parte della creazione: che sia stata appaltata all'inferno in un momento di stanchezza divina?
Sullo stesso sito seguono, in coda agli articoli citati, una serie di altri interventi più o meno allineati con la logica che tutto ciò che non pensa "uno e trino" deve essere inevitabilmente sbagliato. Invece, scorrendo e cercando, non si trova alcunché sulle famiglie di rom che hanno perso la casa a Torino e per l'assassinio dei ragazzi senegalesi a Firenze: certezza della loro beatitudine o menefreghismo ecclesiastico?
Forse menefreghsimo, perché proseguendo nella lista, con una logica economica che rasenta l'idiozia senile viene chiesto ai cittadini di non comprare nei negozi dei cinesi e dagli extracomunitari, specialmente se neri, perché sfruttano il lavoro dei loro operai (mentre le raffinate scarpe rosse papali, di alto artigianato, sono Made in Italy, mica storie)! Che sia Pontiféss, e non Pontifex il vero nome del sito?
Per chi volesse divertirsi un altro po', basta cercare per non restare delusi, risate garantite. Solo per dirne una, nella denuncia contro Fiorello e Jovanotti, leggiamo un outing in calce all'articolo: "in querela Jovanotti è indicato come Giovanotti (non funzionava la J sulla tastiera della macchina da scrivere, noi siamo antichi e medievali, abbiamo il computer a carbonella)".
Meno allegra la posizione di questa "banda di matti" sull'omosessualità: "In Nigeria, Paese che viene definito arretrato, la legge ha stabilito che le unioni gay sono sanzionate con 14 anni di prigione. Una decisione saggia, perché in quel Continente la promiscuità sessuale uccide e le relazioni gay anche". C'è proprio tanto bisogno di un papa nero!

 Lo sketch incriminato di Crozza
(Stefano De Pietro)

OLI 325: NATALE - Il grande freddo

Ho due amiche molto care, circa la stessa età, trenta anni l’una, trentatrè l’altra.
Tutte e due laureate, anche se in campi diversi, e con successiva formazione di masters e dottorati.
Una vive ad Atene, l’altra a Genova.

Vite lontane, ma unite da un’esperienza comune: quest’anno non hanno mai acceso il riscaldamento. Non hanno i soldi per pagarselo, ma per fortuna (diciamo così) sia l’una che l’altra hanno il riscaldamento autonomo e possono “scegliere”.
In questi stessi giorni mi arriva, sempre da Atene, la brossure di un convegno che si è tenuto nell’ambito della manifestazione “Money Show”. L’argomento sono i metodi costruttivi che permettono il risparmio energetico. Nel testo leggo questa osservazione: “Nelle nostre moderne comunità i poveri non soffrono la fame, ma hanno freddo”. Il costo dell’energia per riscaldarsi “come lo hanno calcolato finora” è andato infatti oltre le loro possibilità economiche.
Mio padre mi parlava dei “geloni” (http://en.wikipedia.org/wiki/Chilblains ), esperienza comune dei ragazzi poveri nei primi anni del secolo scorso. Niente riscaldamento nelle scuole, pochissimo nelle case.
Ma quando un amico greco mi dice che “dovremo di nuovo imparare a vivere poveramente come i nostri nonni”, forse non dovrà mettere in conto i geloni.
Il riscaldamento globale ci protegge.
(Paola Pierantoni - foto dell'autrice)

OLI 325: RACCONTO DI NATALE - La prova

Genova, anno 2040

L'ambulanza aziendale del secondo turno arrivò puntuale come sempre. Infermieri e badanti si avvicinarono all'area di sosta dove l'autista, con professionale esperienza, aveva appena completato la manovra di parcheggio. Uno sbuffo d'aria accompagnò l'apertura del portellone centrale ed il personale paramedico, ordinatamente, salì sul mezzo ormai fermo.
“Come sta oggi, ingegner Ferretti?”, disse un'infermiera tastando il polso di un vecchio incartapecorito e scheletrico.
“Meglio grazie”.
“Ieri ci ha fatto proprio spaventare lo sa?”
Un giovanissimo in camice bianco aiutò un'attempata signora a mettersi in piedi.
“Le mie povere ossa!”
“Coraggio signora; con calma e ce la facciamo”.
“Ce la dobbiamo fare. Mi mancano ancora tre anni”.
In fondo all'ambulanza un altro infermiere misurava la pressione di un anziano obeso costretto su una sedia a rotelle.
“90/140. E' sempre alta dottor Venturi. Sta facendo la cura?”
“Sì, certo”.
“Ma mangia anche un po' meno?”
Terminati i controlli di rito, gli impiegati claudicanti, una decina in tutto, si avviarono verso i cancelli dell'azienda controllati a vista dal personale addetto. Giunti nei pressi della timbratrice, già tutti pronti con il badge in mano, il gruppo si arrestò e si fece silenzio. Un uomo di mezza età, alto, ben vestito, con occhi piccoli e neri, stava entrando da un ingresso secondario. Aveva un braccio appeso al collo ed un vistoso cerotto sulla fronte, postumi evidenti di un incidente piuttosto grave che tuttavia non gli valsero alcuna compassione.
“E' lui!”, si sentì mormorare da più parti.
“Quel maledetto!”, aggiunsero voci più aspre ed indignate.
Il mormorio, diventò un vociare diffuso e quindi si trasformò in aperta contestazione.
“Bastardo! Assassino! Merda!”
Intervennero subito alcuni uomini della sicurezza che spinsero l'uomo verso un ascensore dove si dileguò. Non era previsto che venisse in contatto con i dipendenti; non era previsto ma era accaduto. Qualcosa non aveva funzionato nei meccanismi di controllo. Ormai, però, era troppo tardi per rimediare.
Giunto al primo dei tre piani geriatrici, il dottor Venturi, liberatosi dall'assedio degli infermieri, diede fondo alle sue modeste energie ed attraversò tutto corridoio urlando dalla sua sedia a rotelle.
“E' qui! L'ispettore è qui!”
>>> >>>>>>>>>>>>>>    (leggi il racconto completo)
(Nino Miano)

OLI 325: NATALE - Auguri (nel tempo che passa)

Ci muoviamo con il fiato sospeso.
Conserviamo un filo di voce.
Le parole spesso si perdono nell'aria.
Ma mantengono anima e coraggio
per affrontare l'orco più feroce.

Non è ancora discesa la neve,
ebbra di candore e di calda pace.
Le foglie marciscono sui sentieri.
Fecondano la terra alle rinascite.
E segnano i nostri passi nel buio,
con il suono allegro del loro disfarsi.

Chi può si aggrappa all'albero di Natale.
Chi non può al rosso e all'oro dei ricordi.
Un bambino tornerà, è sempre la prima volta,
a proporci l'uguaglianza della nudità.
Tre re giungeranno a cavallo di una cometa,
portando la magia dei doni, vestiti di umiltà.

Poi le ore piccole faranno spazio alla luce.
Il fresco profumo delle fresie sfiderà i sensi.
E più in là, con il sole alto, il papavero
illuminerà di rosso prati e colline.
Per il piacere degli occhi. Per svegliarci al mondo.
(Angelo Guarnieri)

OLI 325: PAROLE DEGLI OCCHI - Il Natale dei piccoli pasticceri viennesi

Foto di Ivo Ruello ©

OLI 325: LETTERE - Genere e globalizzazione in due DVD

Cara Oli,

Vi scrivo perché avevate seguito con attenzione (Oli 307, Oli 307, Oli 308, Oli 314) l’evento “Punto G 2011 - Genere Genova Globalizzazione” che il 25 e il 26 giugno 2011 aveva aperto a Genova il decennale del G8.
Ora è stata pubblicata a cura di Marea tutta la documentazione delle due giornate di dibattito: due Dvd che contengono immagini, interviste, registrazioni, materiali audio, video, documenti che restituiscono l’elaborazione femminista italiana e internazionale sull’impatto della globalizzazione nella vita delle donne. Chi è interessato a vedere un’anteprima dei Dvd e a sapere come prenotarli può andare sul sito di Marea. Vi ringrazio per l’attenzione.
(Monica Lanfranco)

sabato 1 maggio 2010

OLI 325: RACCONTO DI NATALE - La prova

La prova

Genova, anno 2040

L'ambulanza aziendale del secondo turno arrivò puntuale come sempre. Infermieri e badanti si avvicinarono all'area di sosta dove l'autista, con professionale esperienza, aveva appena completato la manovra di parcheggio. Uno sbuffo d'aria accompagnò l'apertura del portellone centrale ed il personale paramedico, ordinatamente, salì sul mezzo ormai fermo.
“Come sta oggi, ingegner Ferretti?”, disse un'infermiera tastando il polso di un vecchio incartapecorito e scheletrico.
“Meglio grazie”.
“Ieri ci ha fatto proprio spaventare lo sa?”
Un giovanissimo in camice bianco aiutò un'attempata signora a mettersi in piedi.
“Le mie povere ossa!”
“Coraggio signora; con calma e ce la facciamo”.
“Ce la dobbiamo fare. Mi mancano ancora tre anni”.
In fondo all'ambulanza un altro infermiere misurava la pressione di un anziano obeso costretto su una sedia a rotelle.
“90/140. E' sempre alta dottor Venturi. Sta facendo la cura?”
“Sì, certo”.
“Ma mangia anche un po' meno?”
Terminati i controlli di rito, gli impiegati claudicanti, una decina in tutto, si avviarono verso i cancelli dell'azienda controllati a vista dal personale addetto. Giunti nei pressi della timbratrice, già tutti pronti con il badge in mano, il gruppo si arrestò e si fece silenzio. Un uomo di mezza età, alto, ben vestito, con occhi piccoli e neri, stava entrando da un ingresso secondario. Aveva un braccio appeso al collo ed un vistoso cerotto sulla fronte, postumi evidenti di un incidente piuttosto grave che tuttavia non gli valsero alcuna compassione.
“E' lui!”, si sentì mormorare da più parti.
“Quel maledetto!”, aggiunsero voci più aspre ed indignate.
Il mormorio, diventò un vociare diffuso e quindi si trasformò in aperta contestazione.
“Bastardo! Assassino! Merda!”
Intervennero subito alcuni uomini della sicurezza che spinsero l'uomo verso un ascensore dove si dileguò. Non era previsto che venisse in contatto con i dipendenti; non era previsto ma era accaduto. Qualcosa non aveva funzionato nei meccanismi di controllo. Ormai, però, era troppo tardi per rimediare.
Giunto al primo dei tre piani geriatrici, il dottor Venturi, liberatosi dall'assedio degli infermieri, diede fondo alle sue modeste energie ed attraversò tutto corridoio urlando dalla sua sedia a rotelle.
“E' qui! L'ispettore è qui!”
La notizia si diffuse per tutta l'azienda. L'ingegner Vincenzi si strappò l'ago della flebo e si alzò dalla sua scrivania per discutere della situazione con i colleghi dell'altra campata. Gli infermieri di piano, quella mattina, ebbero il loro bel da fare per inseguire fra corridoi ed uffici tutti i dipendenti a cui dovevano cambiare il pannolone. I primi effetti collaterali non si fecero attendere. Chiazze di urina ed odori nauseabondi sommersero l'azienda e dovettero intervenire gli inservienti per ripristinare un minimo di decoro.
Intanto la protesta cresceva. La signora Anna, contabile del terzo piano, era letteralmente furiosa.
“Che fuole ancofa quel baffardo?”, disse battendo i pugni sul cuscino ortopedico.
“Cosa dici? Non ti sento”, rispose il ragioniere De Carli regolando il guadagno della sua protesi acustica.
“Che vuole ancora quel bastardo?”, ripeté la signora Anna dopo aver messo a posto la dentiera.
De Carli, come suo solito, sospirò al cielo e poi allargò le braccia.
“Cosa vuole lo sappiamo. Bisogna solo capire a chi toccherà questa volta”.
“Sarà qualcuno del nostro piano?”
“Non credo; qui siamo tutti abbastanza giovani”.
“Ma tu quanti anni di contributi hai?”
“38, me ne mancano altri 12”.
“Ma solo 7 per arrivare al minimo; ce la puoi fare”.
“Non lo so. Ho iniziato a lavorare tardi. Adesso ho 65 anni e, devo dire, sono un po' stanco”
Al primo piano, dove lavoravano i dipendenti più anziani, la situazione era addirittura tragica. In ogni campata c'era gente che piangeva e si lamentava. La geometra Marini, in preda alla disperazione, iniziò a strapparsi i pochi capelli che le erano rimasti. Ci vollero due infermieri ed un tranquillante per calmarla.
Poi iniziò la cantilena dei luoghi comuni.
“E' colpa del governo!”
“E' colpa dei sindacati!”
“Lo spread … il debito … la casta … la corruzione … l'evasione ...”
“Tutti i perché non aiuteranno il povero Accardo a vivere con una pensione di 750 euro al mese”.
Ogni voce tacque, anche quelle più esagitate. Il ricordo di Giorgio Accardo era ancora vivo nel cuore di tutti i colleghi. Solo pochi mesi prima, l'ispettore aveva attivato nei suoi confronti la procedura di pensionamento coatto ed il poveretto era stato costretto a lasciare l'azienda dopo 44 anni di lavoro con la pensione minima.
“Era un brav'uomo!”
“Ma la legge parla chiaro: puoi lavorare quanto vuoi ma devi essere in grado, in ogni momento, di superare la prova, altrimenti ...”
“... a casa con il minimo!”
La prova. L'ispettore doveva essere lì per questo. A chi sarebbe toccata stavolta?
Cominciarono a circolare i primi nomi. Il papabile doveva essere qualcuno del primo, era ovvio. I dipendenti più vecchi e malmessi erano tutti stipati lì in attesa del traguardo dei 45 anni minimi … o di una prova. Alla fine di ogni semestre c'erano i cosiddetti passaggi di piano. Al diminuire dell'efficienza lavorativa, infatti, ogni impiegato veniva “declassato” fino a raggiungere il piano geriatrico per eccellenza: il primo.
“Sarà Onofri?”
“Perché non Vairo?”
Alla fine fu chiaro a tutti che non poteva che trattarsi dell'ingegner Iachini.
Previsto in arrivo con l'ambulanza aziendale del decimo ed ultimo turno, l'ingegner Alberto Iachini aveva resistito per oltre 10 anni a qualsiasi tentativo di pensionamento. Non avendo maturato i 45 anni di contributi minimi e con una moglie malata a carico, i 750 euro di pensione per lui sarebbero stati poco più che un obolo.
I vertici aziendali ci avevano provato in tutti i modi a sbarazzarsi di lui, con le buone ed anche con le cattive a detta di qualcuno. Quando si era ammalato di Parkinson sembrava che ormai i giochi fossero fatti, ma Iachini, con una forza di volontà che nemmeno lui pensava di possedere, aveva continuato a presentarsi regolarmente al lavoro utilizzando il servizio di ambulanza aziendale.
Per far fronte a gente indomita come lui, qualche legislatore lungimirante si era inventato quella che ormai tutti conoscevano come “la prova”. Non potendo abolire la norma che dava ad ogni lavoratore il diritto di lavorare ad oltranza, per tutelare il rendimento aziendale ne era stata emanata un'altra che prevedeva la possibilità per i dirigenti di testare l'efficienza di ogni loro dipendente. La prova appunto. Si trattava di una cosa molto semplice … se vista con gli occhi di un trentenne.
“E' Iachini, è chiaro”, continuavano a ripetere i colleghi di tutti i piani.
“E' Iachini, è Iachini”, confermavano gli infermieri più informati.
Mai un dipendente fu più atteso nella storia di quell'azienda. L'ambulanza del decimo turno sarebbe arrivata alle 9 e 30 come ogni giorno e c'era già della gente affacciata alla finestra che aspettava di vederla comparire dietro l'angolo prima del viale.
“Arrifa!”, disse infine la signora Anna.
“Arriva!”, ripeté dopo il solito trattamento.
L'ingegner Vincenzi era stato riattaccato alla flebo ma, pur di non perdersi l'evento del giorno, se ne andava in giro tenendo sollevato il flacone con l'altro braccio alla ricerca di una finestra che non fosse già occupata da qualche collega.
L'ambulanza parcheggiò nel piazzale antistante all'azienda ed i dipendenti, quando iniziarono a scendere dal mezzo e videro tutti quei volti che li osservavano silenziosi, capirono subito che quella non sarebbe stata una giornata normale. Le scene di disperazione tornarono a ripetersi e gli infermieri dovettero procedere con i calmanti.
Anche Iachini capì cosa stava per accadere e, per quel sesto senso che gli anziani acquisiscono nel corso degli anni, non tardò a capire che sarebbe stato proprio lui il protagonista di quegli eventi. D'altra parte lo sguardo del dottore che lo adagiò sulla sedia a rotelle era più che esplicativo, così come l'occhiata furtiva del guardiano presso il cancello. Semi paralizzato dalla malattia, ebbe appena la forza di sollevare una mano per salutarlo. Come avrebbe potuto superare … la prova?
Un piccolo esercito muto di colleghi, consulenti e personale paramedico lo vide raggiungere l'ascensore, poi attraversare il lungo corridoio che conduceva alla sua campata, quindi messo di fronte alla sua scrivania dall'infermiere che, per la prima volta dopo tanti anni, se ne andò via senza quasi salutarlo; tanta era la vergogna che provava per ciò che stava accadendo.
L'ispettore si materializzò proprio in quel frangente. Con l'aiuto di alcuni guardiani si fece strada fra la folla silenziosa che occupava la campata di Iachini e si mise alle spalle dell'ingegnere.
“Buongiorno”, disse con una voce priva di qualsiasi inflessione.
“Buongiorno”, biascicò appena Iachini.
“Come sta oggi?”
“Mi sento proprio un leone”, mormorò ancora il vecchio dipendente provocando un minimo di ilarità fra i presenti.
“Bene, mi fa piacere. Le dispiace se rimango qui mentre digita la sua login e la sua password per accedere al terminale?”
La prova.
Oggi non ci sarebbe stato nessuno per aiutarlo ad entrare nel sistema.
La mano destra dell'ingegnere si mosse lentamente utilizzando le lunghe dita bianche per arrampicarsi sul proprio corpo, come un ragno canuto che guadagna la sua meta verso una preda ancora lontana ma ben visibile. Quando la scheletrica propaggine giunse all'altezza della scrivania, si lasciò andare come un peso morto. Chi in seguito ebbe l'onore di raccontare questa storia, giurò di aver sentito lo scrocchiare di quelle vecchie falangi sul duro legno.
Un mormorio di approvazione vibrò nell'ufficio per spegnersi subito dopo alla mossa successiva di quella mano indomita che ora avanzava piano nell'immensa pianura grigia. La tastiera laser proiettava sulla scrivania un'insieme bluastro e ben definito di lettere, numeri e segni d'interpunzione. L'indice si alzò proprio in corrispondenza della linea orizzontale che delimitava il tasto “spazio” e piombò sulla “i”.
Il “click” di sistema confermò la presa in carico del carattere da parte del sistema operativo e sullo schermo, alla sinistra del cursore lampeggiante, apparve la lettera digitata. Un altro mormorio di approvazione sottolineò la nuova impresa, ma non era che all'inizio. “iachinia”, la login, era ben lunga da scrivere. Mancavano ancora 7 lettere senza contare la password.
“Click”, ancora.
“a”, scandirono i colleghi più vicini.
“Click”
“c”, scandirono anche quelli più lontani.
Al sesto “click”, “n” rimase sospeso a mezz'aria. L'ingegnere per sbaglio aveva digitato il tasto “m”. Il momento era drammatico. Il tasto “backspace” per cancellare il carattere errato si trovava lassù in alto, troppo in alto per arrivarci senza alzare il polso, almeno così sembrava. Iachini, però, non aveva alcuna intenzione di mollare. Prese tanto fiato quanto i suoi deboli polmoni gli consentirono di fare e con l'indice che sembrava quello di un contatore Geiger affondò sul tasto. Non c'era solo il rischio di premerne uno sbagliato, ma anche di cancellare un carattere corretto. L'indice, tuttavia, si sollevò in tempo ed un “Ooooh” liberatorio si diffuse nella campata.
Iachini, galvanizzato da quel piccolo successo, proseguì lentamente ma con precisione nella digitazione della login. Quando, dopo la pressione del “Return”, il cursore lampeggiò nell'area di input della password, qualcuno accennò ad un applauso ma fu subito bloccato dallo sguardo algido degli altri colleghi. Non era ancora finita e l'ingegnere aveva bisogno di concentrazione. La policy aziendale prevedeva che la password fosse almeno di 8 caratteri di cui almeno due dovevano essere delle cifre. L'impresa sembrava sovrumana per uno nelle condizioni di Iachini. Come avrebbe potuto digitare due cifre, in una posizione così scomoda, dopo lo sforzo fatto per raggiungere il “backspace”?
L'ingegnere, però, ostentava una certa sicurezza, qualcuno giurò di averlo perfino visto sorridere. Con estrema calma mise la mano alla sinistra della tastiera e allungando il mignolo digitò otto volte “1”. Fu l'apoteosi. I colleghi vollero sottolineare l'ultima pressione del tasto “Return” con un sonoro “Ooooolè!” che si trasformò in un applauso scrosciante quando il computer, con un brevissimo “bip”, confermò l'accesso al sistema.
Sembrava tutto finito ma qualcosa di improvviso quanto inspiegabile catalizzò l'attenzione dei presenti che ammutolirono all'istante. Con evidente difficoltà ma altrettanta determinazione, l'ingegnere girò la mano ponendone il dorso sulla scrivania. Nei suoi occhi adesso si leggeva una rabbia atavica covata negli anni, ora per ora, minuto per minuto. Doveva essere il preludio ad un gesto forte, significativo, esemplare, ma cosa poteva fare un povero vecchio costretto su una sedia a rotelle?
Iachini distese la mano il più possibile e poi lasciò che il dito medio venisse su. Non fu facile, ma per un brevissimo periodo, pochi secondi in tutto, riprese il controllo completo del suo corpo e vinse il tremore della malattia. Quel dito bianco e scheletrico rimase immobile e ben visibile a tutti, simbolo di libertà e di riscatto sociale.
I colleghi erano in delirio. L'ispettore cercò di divincolarsi con l'aiuto dei guardiani ma non fu abbastanza lesto nel guadagnare l'uscita. Bastò una semplice esclamazione della signora Anna per scatenare il putiferio.
“Addoffo!”
Calci e pugni iniziarono a volare da ogni direzione e quando l'ispettore raggiunse la scala antincendio sul suo volto era apparso un altro profondo graffio e con la gamba destra zoppicava vistosamente.
Da allora, nessuno importunò più l'ingegnere. Iachini raggiunse i fatidici 45 anni minimi di contributi e visse il resto della sua vita su una sedia a rotelle con una pensione poco più che dignitosa.
La morale di questa piccola storia è semplice. Se vogliamo prenderci la soddisfazione di alzare quel dito sotto il naso di prepotenti, corrotti e privilegiati, facciamolo prima che sia troppo tardi.
(Nino Miano)