martedì 26 luglio 2011

LE CARTOLINE DI OLI


LE CARTOLINE DI OLI .1: EUROPA - Atene: edicola del giorno dopo




Atene, 22 luglio - L'edicola del giorno dopo, alcuni titoli
- Fallimento pianificato. Si sono salvati tutti
- Salasso usuraio del popolo per i prossimi trenta anni
- Il nuovo piano Marshall per la Grecia
(Paola Pierantoni)


martedì 19 luglio 2011

OLI 310 - SOMMARIO

VERSANTE LIGURE - BRAVO, CORRADO! (Enzo Costa e Aglaja)
GENOVA - AAA Cercasi Sindaco (Giovanna Profumo e Paola Pierantoni)
G8 - 2001/2011 Il ricordo ed il futuro (Angelo Guarnieri)
DECENNALE G8 – I migranti, il Forum, e l’idea geniale del sindacato (Paola Pierantoni)
ANNIVERSARI – Il G8 parallelo della Cgil (Paola Pierantoni)
CITTA' - Il Puc e l'urbanistica di mezza estate (Bianca Vergati)
CENTRO STORICO - La Maddalena dimenticata? (Eleana Marullo)
ENERGIA - Effetti collaterali del monopolio (Stefano De Pietro)
SOCIETA' - Pastafarianesimo, ironia anglosassone contro tutti i fanatismi (Ivo Ruello)
PAROLE DEGLI OCCHI – Dieci anni dopo (a cura di Giorgio Bergami)

OLI 310: VERSANTE LIGURE - BRAVO, CORRADO!

Spassosa, la trovata
di lui, addetto ai conti,
che il Titanic cita
quasi che se ne vanti
e il cui sodal si allieta
gaudente fra i gaudenti
in vanzinesca gita
(Ferilli, fra i presenti,
De Sica, e ciò che inquieta
son Boldi e Smaila assenti):
strappare la risata
con surreali accenti
ma con tic e parlata
da tipico Tremonti:
che gag esagerata,
quel genio di Guzzanti!



Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA

OLI 310: GENOVA - AAA Cercasi Sindaco

Ci dicono che non ci sono alternative.
E che le loro eventuali alternative sono le più ponderate.
Alcune volte restano senza parole.
E ci fanno aspettare decisioni prese in stanze segrete e nei loro circoli.
In alcuni casi chiedono le primarie. Spinte dalle correnti.
Ma quanti sono i potenziali Sindaci sconosciuti ai cittadini?
Quanti uomini e donne preparati e sensibili, ignorati dai partiti?
Ci piacerebbe che il dibattito politico relativo alle elezioni comunali del 2012 per la città di Genova si accendesse attorno a nomi nuovi, persone di cui fosse provata la competenza relativa al territorio, alle molte criticità di Genova, capaci di presentare un programma politico sensibile a mobilità, occupazione, ambiente, integrazione. Persone di cui, oltre ai dati anagrafici, siano chiari ed offerti al pubblico giudizio il percorso scolastico, le esperienze professionali, la conoscenza di lingue straniere e della macchina comunale. E le passioni. Persone, naturalmente, libere da pendenze penali.
Magari qualcuno tra chi ci legge potrebbe avere qualche interessante proposta da offrire al dibattito e alla speranza di tutti coloro che hanno una forte preoccupazione per il futuro della città, e di tutti quelli che la politica vorrebbero farla ma non possono, frenati dalle dinamiche di partito.
Le idee potrebbero impilarsi qui sotto, nei commenti a questa piccola sollecitazione.
(Giovanna Profumo e Paola Pierantoni)

OLI 310 : G8 - 2001/2011 Il ricordo ed il futuro

La memoria profonda del G8 2001 sta animando Genova in questo mese di luglio incerto, affaticato, raramente assolato; proiettato in un presente – futuro spesso caratterizzato dalla parola baratro, speculazione, reazioni angoscianti, fantasmi finanziari, prepotenza dei mercati. Come se poi dietro a tutto questo mondo oscuro e che si muove alle spalle non ci fossero persone in carne, ossa e con gioielli, banche, denaro al limite dell’evanescenza, potere, armi.
Il decennale del G8 ha l’ambizione di avere come spazio di riflessione e di azione il frammento linguistico a potenzialità atomica “Voi la crisi, noi la speranza”. Voi e noi, la crisi e la speranza: un voi che lavora per mantenere privilegi e ingiustizie e un principio “libertà”, che come dice Stephane Hessel (Indignatevi) è come “la volpe nel pollaio”: E un noi che continua a ricercare fili e motivazioni per un mondo migliore, non più possibile ma necessario, radici e futuro per uno stare insieme a condividere gioia e dolore, secondo quel che la vita è, solidarietà e fratellanza fra noi umani e la madre terra che ci nutre. E una libertà che o è di tutti o non è.
Il decennale del G8 ha già camminato molto dal 24 giugno, con una bella mostra, Cassandra, con dibattiti, riflessioni, manifestazioni culturali, teatro, musica, poesia. Buone parole sono circolate, dense di significato, ansiose di sapere e di ricostruire un profilo degno alla verità dei fatti. Nel centro della città e nelle periferie. E poco ha contato se i gruppi in ascolto, in riflessione e talvolta in conflitto, fossero numerosi o scarni. Alla fine saranno sempre tantissimi ad aver comunicato ad essersi confrontati con il ricordo e con il futuro, ad aver appreso dall’esperienza.
Grande merito va al piccolo – grande gruppo di persone, che senza retorica, nostalgie da reduci, rancore, ha trovato il coraggio civile e l’energia vitale per portare a termine un programma di tale portata. Un vero esempio di partecipazione attiva e sapiente. E merito va anche alle istituzioni democratiche di Genova che hanno saputo interagire, mettendosi a disposizione per la pienezza della democrazia che, Aristotele docet, deve essere cooperazione ed amicizia.
Ora ci sono le cinque giornate finali e cruciali del programma, con Piazza Alimonda il 20, la manifestazione da Sampierdarena a Caricamento e gran concerto di liberazione il 23, l’assemblea internazionale del 24 per chiudere il cammino, segnando nuovi sentieri per la speranza.
(Angelo Guarnieri)

OLI 310: DECENNALE G8 – I migranti, il Forum, e l’idea geniale del sindacato

Oggi, 19 luglio 2011, ultima riunione della redazione di Oli prima delle vacanze.
Impossibile per me non pensare all’anniversario che rappresenta questa data: dieci anni dalla manifestazione dei migranti del G8. La mia memoria corre però ai giorni che la precedettero, e che furono drammatici per tutto il gruppo di persone che dal 1995 aveva creato la rete cittadina del Forum Antirazzista di Genova. Drammatici in particolare per quelli di noi che lavoravano nel sindacato. Infatti, nonostante i nostri disperati appelli, Cgil Cisl Uil negarono l’adesione alla manifestazione. Non solo: ci diffidarono di utilizzare nel corteo la sigla Forum Antirazzista di Genova.
Così dopo più di quindici anni di lavoro comune una rete complessa che andava dalla Caritas alla Cgil, da Città Aperta alla Cisl, all’Arci e a moltissime altre associazioni fu spezzata: impossibile reggere l’impatto di quella censura, e andare oltre l’emozione di una giornata in cui ciascuno di noi, ridotto a singolo individuo senza storia e senza voce, aveva visto scorrere nella sua città la più straordinaria manifestazione sull’immigrazione che avesse mai vissuto.
Riprendo in mano le carte di allora e rileggo l’appello che chiedeva sostegno e adesione alla manifestazione dei migranti. Breve e chiarissimo. Diceva che sarebbe stato molto importante riuscire “A dare visibilità alle migliaia di san papier, ai profughi, ai rifugiati, in una grande manifestazione europea degli immigrati e delle loro associazioni per i diritti negati, per il rispetto delle culture di tutti, per la libera circolazione, per il diritto di asilo, per l’abolizione dei centri di permanenza temporanea e per la regolarizzazione dei clandestini, per il diritto di voto, per il diritto di resistere e lottare per una società di eguali con eguali diritti ed eguali doveri, liberi dal bisogno e dalla paura”. Seguiva una marea di sigle di associazioni e di nomi singoli. Tra questi Don Balletto e Don Gallo.
Il 13 luglio una comunicazione della Cisl Liguria, firmata da Andrea Sanguineti, rendeva noto che la Cisl non sarebbe stata presente né con i suoi attivisti, né con bandiere e striscioni in quanto quella annunciata era “una manifestazione organizzata e coordinata dai centri sociali … che prevede la partecipazione di movimenti strutturalmente violenti per cui riteniamo che vi siano oggettivi pericoli per i cittadini extracomunitari”.
In una comunicazione ufficiale della Cgil, sempre del 13 luglio, viene annunciata l'idea geniale su cui concordarono Cgil Cisl e Uil nazionali:  quella di invitare “un rappresentante” del Genoa Social Forum al convegno organizzato dal sindacato per il giorno prima, il 18 di luglio. Incambio "Cgil Cisl Uil manderanno un messaggio che verrà letto alla conclusione della manifestazione dei migranti”.
Alla luce di quel che avvenne quel giorno, di tutta la storia successiva, di quel che avviene oggi nel nostro paese e nel mondo c’è da disperarsi a rileggere questa dimostrazione di radicale incapacità di capire, di mancanza di generosità, di coraggio, di responsabilità verso le persone giovani che in quei giorni si esposero ai rischi della speranza.
(Paola Pierantoni)

OLI 310: ANNIVERSARI – Il G8 parallelo della Cgil

Epoca di anniversari. Dieci anni dal G8. Per me, all’epoca sindacalista Cgil, non sono solo le emozioni, i fatti, la vitalità e i drammi di quei tre giorni a tornare in superficie, ma i tormenti che li hanno preceduti e seguiti all’interno del sindacato. Ci ripenso perché sono emblematici di una difficoltà di rapporto tra grandi strutture organizzate e movimenti che blocca le possibilità di cambiamento, in allora come adesso.
A premessa alcuni fatti e date.
Un direttivo Cgil del 12 giugno 2001 fu il primo ed unico momento di discussione politica della Cgil genovese “in preparazione del G8”. La Cgil nazionale, e quella di Genova e della Liguria non aderirono all’appello del GSF. Nei tre giorni del G8 “l’apparato politico” della Cgil fu invitato a “presidiare” la sede nel timore di possibili attacchi. Chi andò alle iniziative fu considerato “in ferie”, decisione poi rientrata dopo le proteste degli interessati. Aderì invece qualche Camera del lavoro di altre città e la Fiom nazionale: sabato 21 luglio il pulmino della Fiom fu per molti una zattera nella tempesta. Il 24 luglio il direttivo della Cgil fu nuovamente convocato e decise a maggioranza di rinviare a settembre la discussione su quel che era avvenuto a Genova.
Attraverso qualche frammento dagli appunti di quei giorni tento un ritratto di questo G8 parallelo.
“… Nessuna discussione ha coinvolto, preparato in questi mesi passati i lavoratori e noi stessi ad affrontare i temi che faranno sì che tra un mese Genova sarà epicentro di cose piuttosto complicate … è come se in tutto questo periodo un torrente ci sia corso di lato mentre noi stavamo attenti a non farci bagnare … In tutti questi mesi non abbiamo stabilito un rapporto con questa discussione e con questi soggetti. Potevamo farlo o tentare di farlo? … Al direttivo è intervenuto un ragazzo che ha provato a spiegare qualcosa del GSF. E’ stato interrotto molte volte, l’equazione era: movimenti anti global e GSF = centri sociali casinisti e pericolosi da tenere alla larga. Ma una persona giovane non la si cassa così, si fa parlare e poi si contro argomenta.”
“… Per un mese almeno la città è stata piena di dibattiti, presentazione di libri, di riviste … i genovesi hanno risposto in gran numero, pochissimi i sindacalisti visti in giro: è illogico che i dirigenti sindacali non siano stati spinti a seguire i dibattiti, a rendersi conto di persona, e non tramite TV, di quel che avveniva, anche alle manifestazioni, che è sempre parecchio diverso dal sentirselo raccontare.”
“ … Noi siamo in ritardo e lontani. Ormai noi siamo lontani dal rapporto con i punti di sofferenza più acuta dell’epoca attuale, lontani dalle persone giovani non appiattite sulla apatia”
“… Rinviata a settembre la discussione sui fatti del G8. Mi rammarico di non avere avuto l’autonomia di pensiero ed emotiva per dire il mio no a questo congelamento che contrasta con tutto quello che penso e sento. Grande delusione nei confronti di me stessa. Come si può bloccare una cosa così evidentemente naturale come quella di confrontarsi su un evento così coinvolgente, così importante, appena avvenuto, ed anzi ancora in corso? In questi giorni ognuno di noi vive il suo trauma individualmente, qui in Cgil è tutto un andare e venire da una stanza all’altra, ma non siamo monaci in un convento!”
(Paola Pierantoni)

OLI 310: CITTA' - Il Puc e l'urbanistica di mezza estate

Sconti di fine stagione alla commissione urbanistica del comune, dove arriva tutto o quasi e non si decide niente, fra pretestuose polemiche che si concludono spesso al grido di “aula”, ovvero decisione in consiglio quando la sinistra voterà come da maggioranza e l'opposizione contro, in un tedioso dejà vu: qui il voto conterà e non si filosofeggia. E poi le ferie incalzano.
In nome di parole abusate come riqualificazione e preoccupazione per il lavoro che non c’è, si susseguono infaticabili funzionari con pratiche su aree ex industriali, centri commerciali, residenze, parcheggi.
Il nuovo Puc incombe e così c'è fretta d'approvare progetti che non rientrerebbero nelle suggestioni dell'agognato piano: per chi è seduto in Sala Rossa una palla di neve, ricordi di bambino.
Work in progress è stato definito, in realtà un caleidoscopio d'immagini diverse ogni volta, con modifiche al documento iniziale; variazioni - si ribadisce - "rigorosamente suggerite dal territorio", cioè dai nove Municipi che altrettanto rigorosamente consulteranno i cittadini dopo l'approvazione in consiglio comunale, in virtù di una partecipata partecipazione, peraltro non di legge, ma sempre annunciata.
Forse visitando la mostra sul Puc alla Loggia di piazza Banchi la gente saprà se vicino a casa passerà una nuova strada o ci saranno altri palazzi.
Intanto si esamina quello che nel Puc non c'è, ma conta.
Così all'ex Verrina di Prà per combattere il degrado – contro cui protestano a gran voce circa 120 cittadini - si faranno un grattacielo vista mare di 25 piani in cambio di un asilo per 50 alunni (due classi), un centro commerciale con tetto a verde piantumato: il campetto da tennis, peccato, non ce l'ha fatta, non sarà regolamentare e poi chi gioca a tennis ormai.
Le aree ferroviarie di Trasta, Fegino e Mura Zingari ospiteranno residenze, uffici, alberghi con modifiche di destinazione d'uso da subito, poichè gentilmente Ferrovie concederanno nuovi binari e fermate per metropolitana di superficie con trattative in atto dal 2000 circa.
Nel frattempo Esaote per andare agli Erzelli avrà garantito per la sede che dismetterà un indice di edificabilità di 2 per mq, mentre all'Expò di Milano si concede lo 0,57: si spera garantisca davvero l'occupazione, con il Municipio che parla di trenta milioni di oneri di urbanizzazione per il suo quartierino, ma non si occupa di come arriveranno in collina lavoratori, studenti di ingegneria e abitanti. Per un ascensore o una nuova fermata di treno s’interpellerà Roma, per ora strada allargata e una nuova fermata di treno bus ad hoc, investendo ecologicamente su gomma.
Agli incontri sul Puc si alterna pure l'architetto del Lido, che presenta la sua fresca fatica, il progetto dell'ospedale Galliera, per il quale la Regione darà un terzo di 180 milioni di euro, un altro terzo lo si ricaverà dalle dismissioni di immobili e l'ultimo terzo da un mutuo che si ripagherà con i risparmi logistici e quelli energetici. Si propone infatti una centrale di cogenerazione, che probabilmente avrà la potenza di quella in porto, visti i risparmi... Bocche cucite per il residenziale della curia, zero soldi per l’ospedale a Ponente con sede fantasma.
Circa la mobilità suggerimenti di Puc alla grande, con la tramvia in Val Bisagno, il cui costo è di 15 milioni a chilometro, due nuovi ponti e via il vecchio di Sant'Agata. Per ora ci sono soltanto 14 milioni, che serviranno per questioni idrogeologiche, ma ci si sta attrezzando. Per le autorimesse grandi progetti per dove farle, vedi lo stadio Carlini, vagheggiando la dismissione di quella della Foce, con Boccadasse ancora in “pre scavi”.
E i parcheggi dove li mettiamo? Popolazione invecchiata ma agguerrita pare, dato il numero di box proposti in tutta la città, tante pantere grige al volante o collezionisti di auto i nostri concittadini.
Si può scegliere: dai cinque piani di via Dino Col, in faccia al matitone, a stretto contatto con la galleria del treno e palazzi sovrastanti, ai box del muraglione del convento vincolato, nei pressi degli Emiliani a Nervi, passando per Quarto Castagna con riqualificazione di ex fabbrica (Till Fisher): case e box, e che importa se si massacrano ciottoli di creuza in contesto millenario.
Centomila euro a box in vicoli stretti a levante o a Castelletto, in via Preve. Indovina chi investe.
Come dice il vice sindaco: “Ci hanno messo i loro soldini, i costruttori, bisogna aiutarli se non vendono…” Perciò non prezzi più bassi per i cittadini, ma una bella variante perchè diventino pertinenziali i box a dieci chilometri da casa per pagare meno tasse. Danno erariale? Fuffe. A settembre i particolari sulle delibere passate a ferragosto.
(Bianca Vergati)

OLI 310: CENTRO STORICO - La Maddalena dimenticata?

Nel 2009 un bando di riqualificazione cercava di risollevare le sorti di via della Maddalena, a Genova. A fine 2010 un articolo di Repubblica rilevava che il bando era andato deserto: i pochi commercianti che resistevano denunciavano le condizioni di degrado a cui è abbandonata la strada, scarsa illuminazione, assenza delle forze dell’ordine, spaccio ( http://genova.repubblica.it/cronaca/2011/03/14/news/negozi_in_fuga_dai_vicoli_l_ultima_lacrima_della_maddalena-13577517/ ).
A febbraio 2011 l’assessore alla sicurezza Scidone, durante una passeggiata organizzata dal regista Sergio Maifredi, affermava, constatando il deprimente susseguirsi di serrate “E dire che abbiamo messo in campo varie iniziative, a partire dall’incubatore d’imprese. Servono tanti negozi normali, supermercati, fruttivendoli dove possano rifornirsi le famiglie” (Corriere Mercantile 10/2/2011).
In effetti in questi giorni, camminando per via della Maddalena, sembra essere apparso qualche nuovo negozio, un paio di sartorie che richiamano l’antico nome “contrada di sartoria”, proprio perché quartiere specializzato in questa attività.
Eppure il degrado è palpabile e commercianti ed artigiani, da soli, non possono opporsi ad esso.
Nel 2005 un articolo di Marco Preve (http://www.casadellalegalita.org/index.php?option=com_content&task=view&id=3950&Itemid=28 ) analizzava le cause del degrado, che minacciava, in quegli anni, di inghiottire nuovamente una strada recentemente recuperata, grazie all’apertura di locali e negozi. Certamente in questi giorni bui per la Maddalena vale la pena riprenderne i punti principali. I cosidetti “padroni dei carruggi” hanno responsabilità non da poco nelle derive che affliggono il centro storico: Preve fa il nome di Salvatore Canfarotta “Sono suoi, o comunque della sua famiglia, molti degli appartamenti della zona tra via della Maddalena e via Garibaldi dove, come raccontato nei giorni scorsi da Repubblica, si consuma l'assalto sempre più massiccio della prostituzione al cuore istituzionale e nobile di Genova. Fosse solo questione di cosce e decoro, ma si dice che con gli affitti, specie quelli in nero, c'è da guadagnare parecchio. Tanto che il prefetto ha deciso di fare un censimento delle proprietà e di incrociare i dati con quelli del Fisco. Alcuni di questi presunti padroni dei caruggi, sono noti da sempre. Salvatore Canfarotta è uno di loro. Una decina di anni fa, un'inchiesta lo coinvolse con il padre e la loro agenzia immobiliare. Erano accusati di sfruttamento della prostituzione sempre per la questione degli alloggi affittati a prostitute. «Ci hanno condannato solo per favoreggiamento e ci hanno dovuto restituire le case che ci avevano sequestrato - spiega Canfarotta sulla porta della sua attività in via Canneto il Curto - ma la cosa assurda è che tutto si basava sulle dichiarazioni di straniere, la loro parola contro la nostra, senza nessuna prova”.
Tra gli altri nomi citati dal giornalista di Repubblica, Salvatore Zappone (sempre per la zona della Maddalena) e Vito Rosacuta per la zona di Prè (vd OLI 309).
La conclusione dell’articolo di Preve mette a fuoco quale sia una priorità per fermare il degrado del centro storico: “la trasparenza degli affitti, così come l'effettiva abitabilità di alcuni bassi trasformati con sorprendente rapidità in alloggi (un ramo dei controlli che sarà affidato alla Polizia municipale), possono diventare i punti forti di una strategia in grado di contenere il fenomeno della prostituzione, incentivare il recupero urbanistico e al tempo stesso allontanare chi cerca di arricchirsi in barba al Fisco”.
Sarebbe interessante sapere quale sia stato l'esito di questi controlli.
(Eleana Marullo)

OLI 310: ENERGIA - Effetti collaterali del monopolio

Cassazione, se si scioglie il gelato non è colpa dell'Enel.
(Foto dal blog persbaglio.ilcannocchiale.it)
Si potrebbe pensare che gli effetti negativi del monopolio dello Stato sull'energia elettrica si fermino al fatto di non essere liberi di installare un pannello fotovoltaico senza dover obbligatoriamente vendere l'energia alla rete elettrica nazionale. Da oggi invece una sentenza della Cassazione aggiunge un tassello alle vessazioni che il sistema monopolistico italiano infligge ai propri cittadini, ossia che Enel non è più responsabile delle interruzioni di energia derivanti da una mancanza di fornitura da parte della rete elettrica nazionale, al tempo dei fatti GRTN (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale).
La storia si articola negli anni, con un ristorante che, a seguito di un'interruzione notturna dell'energia elettrica, aveva perduto le scorte refrigerate e congelate, motivo per il quale si era rivolto alle vie legali per chiedere il risarcimento ad Enel. Ma Enel si opponeva, manifestando la propria estraneità alle cause di interruzione, che invece andavano ricercate nella mancanza di fornitura da parte di GRTN (che allora era la società di stato che amministrava la distribuzione monopolistica dell'energia elettrica). Le prime due sentenze, richiamandosi alla responsabilità del venditore rispetto alla qualità del prodotto venduto, avevano dato ragione al ristorante. La sentenza di Cassazione ribalta invece completamente le prime due, chiamando in causa una sostanziale differenza, ossia che Enel non ha la possibilità di rifornirsi da un altro produttore, avendo la rete elettrica nazionale caratteristica di monopolio, per cui Enel è obbligata nella scelta del suo fornitore. Quindi, non può essere responsabile di una scelta che gli viene imposta per legge.
Si potrebbe obiettare ai giudici di Cassazione che GRTN non aveva però un rapporto commerciale diretto con l'utente finale, per cui non si capisce chi dovrebbe ripagare il danno. Viene di fatto annullato ad Enel il suo rischio d'impresa. In questo ragionamento, la ricaduta sul cittadino delle "beghe" tra Enel e il suo fornitore non viene tenuta in minima considerazione, a riprova che ormai le istituzioni viaggiano su binari celesti, ignari dei reali bisogni dei cittadini.
Quindi adesso al ristorante non resta che rifare causa ad un'azienda che non esiste più, dovendo innanzi tutto individuare quale tra le centomila che si sono create ai tempi del decreto Bersani sulla liberalizzazione avrà ereditato la responsabilità di tale disservizio di GRTN. E poi attendere altri dieci anni come minimo per un'altra ballerina sentenza di Cassazione, se nel frattempo non avrà preferito emigrare nella spiaggia di un paese sudamericano.
http://www.dirittoeprocesso.com/index.php?option=com_content&view=article&id=3255:black-out-elettrico-perche-lenel-non-e-responsabile-cassazione-sez-iii-18-gennaio-2011-n-1090&catid=58:risarcimento&Itemid=91
(Stefano De Pietro)

OLI 310: SOCIETA' - Pastafarianesimo, ironia anglosassone contro tutti i fanatismi




Fra le notizie curiose sul sito de La Repubblica, vale la pena segnalare il cittadino austriaco che, dopo tre anni, ha ottenuto di poter utilizzare sulla propria patente di guida una foto con uno scolapasta in testa (*): non si tratta di una stranezza eccentrica, bensì Niko Alm, così si chiama il ragazzo, ha voluto dimostrare con questo gesto che uno scolapasta può essere un copricapo “religioso”, con pari dignità rispetto ai copricapo di altre religioni. Inoltre, come chi scrive ha scoperto leggendo questa notizia, non è una sua personale alzata d’ingegni, ma l’applicazione del “pastafarianesimo”, religione parodistica, creata da Bobby Henderson nel 2005 per protesta contro l’insegnamento nelle scuole statunitensi del creazionismo come alternativa all’evoluzionismo. Nel pastafarianesimo, il progettista del disegno intelligente è il Flying Spaghetti Monster (Mostro Volante di Spaghetti), visibile in molti filmati su youtube, ad esempio:


La voce di wikipedia dedicata al movimento (**) merita una lettura: al di là del puro divertimento nel vedere trasposte, in modo esilarante ma sempre puntuale, le posizioni delle religioni tradizionali, gli otto comandamenti costituiscono una breve summa di libero pensiero, a partire dall’incipit comune “Io preferirei davvero che tu evitassi”.
Gli obiettivi della satira sono gli asini bigotti, chi giudica dalle apparenze, chi offende il prossimo, chi spreca denaro in templi milionari; davvero una bella lettura, contro qualunque intolleranza, per il dubbio contro le certezze.
Dulcis in fundo, Amen è sostituito nel pastafarianesimo da Ramen, nome dei noodles, spaghetti giapponesi precotti molto popolari fra gli studenti dei college.
Ramen, Ramen, Ramen.
(*) http://www.repubblica.it/persone/2011/07/13/foto/con_lo_scolapasta_sulla_patente_vince_contro_la_motorizzazione-19084783/1/?ref=HRESS-6
(**) http://it.wikipedia.org/wiki/Pastafarianesimo


(Ivo Ruello)

OLI 310: PAROLE DEGLI OCCHI – Dieci anni dopo


Ricorre il decennale del G8 tenutosi a Genova nel luglio 2001, con un intenso programma di iniziative per ricordare la gravità di quei giorni cupi culminati nell’uccisione di Carlo Giuliani, nella macelleria della scuola Diaz e nelle torture (*) alla caserma di Bolzaneto – con conseguenti depistaggi e mistificazioni da parte di organi dello Stato – ma che videro anche importanti occasioni di dibattito e di elaborazione di idee per “un diverso mondo possibile, nonostante tutto e tutti”. Momenti indimenticabili per chi vi partecipò e su cui occorre continuare a riflettere, senza smettere di lottare per un differente modo di concepire i modelli di società, di ambiente, di economia, di rapporti sociali e politici in questo nostro Paese sempre più devastato culturalmente, oltreché socialmente ed economicamente:
Da qualche tempo, alla base del neoclassico Palazzo Serra tra Piazza Santa Sabina e Via delle Fontane, sede della facoltà di Lingue e Letterature straniere, campeggia un variopinto murale che s’apre con la citazione di uno slogan delle lotte operaie dello scorso inverno, qui dedicato a Carlo Giuliani, per proseguire con una fantasmagoria di forme e di colori il cui valore estetico innesca l’ennesimo conflitto tra arte di strada e monumentali preesistenze ambientali.


Foto di Giorgio Bergami ©

(*) reato non contemplato dal Codice Penale italiano

AVVISO - Pausa estiva

Oli si prende un po' di pausa per riprendere a settembre più tosto che mai.
Buona estate ai nostri lettori!


martedì 12 luglio 2011

OLI 309 - SOMMARIO

VERSANTE LIGURE - ANGELI NO (Enzo Costa e Aglaja)
VIA PRE' - Legalità in bianco e nero (Paola Pierantoni)
ISRAELE - Esportare immigrati in Australia (Saleh Zaghloul)
SOCIETA' – New economy, tra "Compra oro" e Monte di Pietà (Ivo Ruello)
CITTA' - Sondaggi segreti e private conversazioni (Paola Pierantoni)
SETTIMANA DEI DIRITTI - Viviana Matrangola racconta Renata Forte, sua madre (Giovanna Profumo)
PAROLE DEGLI OCCHI – Pranzo turistico (a cura di Giorgio Bergami)
LETTERE – A proposito di safari urbani (Carlotta Bombrini)

OLI 309: VERSANTE LIGURE - ANGELI NO

Dir “cretino” di un compare
che va a epiteti molesti;
nella Reggia soggiornare
di un adepto a rischio arresti;
in decreti trafficare
per schivar verdetti giusti:
prime mosse, ma già chiare
del Partito degli Onesti.


Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA

OLI 309: ISRAELE - Esportare immigrati in Australia


Il Corriere della Sera del primo luglio, nell’articolo “Esportare clandestini: l’idea di Israele”, parla della proposta del governo israeliano a quello australiano di esportare in Australia gli immigrati africani che vivono in Israele in cambio di cooperazione tecnico–scientifica con Israele e la possibilità così per l’Australia di evitare l’obbligo umanitario di accogliere i profughi asiatici dall’afghanistan o da Timor Est. “Il governo Netanyahu - scrive il Corriere - eviterebbe (questo il vero scopo della proposta) un aumento dei musulmani nella popolazione d’uno Stato che preferisce ebraico”.
Il carattere ebraico dello stato di Israele: uno degli ultimi pretesti che gli israeliani hanno inventato per bloccare le trattative di pace con i palestinesi ed impedire la nascita dello stato palestinese. Secondo i negoziatori israeliani non basta che i palestinesi riconoscano Israele (cosa che hanno già fatto dagli accordi di Oslo del 1993), ma occorre che i palestinesi riconoscano il carattere ebraico dello stato di Israele. I palestinesi temono che questo possa dare forza ai piani di pulizia etnica e di deportazione della “minoranza” di palestinesi che hanno la cittadinanza israeliana dal 1948. Stato confessionale dove la confusione tra nazione e religione viene accettata come qualcosa di normale, esattamente come vengono tollerate le aggressioni,  le occupazioni di territori altrui (dei palestinesi  e dei siriani dal 1967), le bombe atomiche di questo stato che si dice ebraico.
In un altro articolo (http://mideast.foreignpolicy.com/posts/2011/07/05/the_million_missing_israelis) dell’americano Foreign Policy, del 5 luglio, si parla invece della forte emigrazione degli Israeliani per gli Stati Uniti ed altri paesi europei che coinvolge circa 800 mila - un milione di persone equivalenti al 13% della piccola popolazione israeliana. Si tratta, secondo il Foreign Policy, della parte più giovane, istruita, democratica e laica dei cittadini israeliani. Le ragioni citate dalla ricerca sono le migliori condizioni di vita, l'occupazione, le opportunità professionali, e l'istruzione superiore, così come il pessimismo sulle prospettive di pace con i palestinesi. Coerentemente con questi motivi, gli intervistati hanno frequentemente detto: “La questione non è per quale motivo l’abbiamo fatto, ma perché ci abbiamo messo così tanto tempo prima di farlo". In questo caso la preoccupazione del governo israeliano è quella, opposta, di fermare l’emigrazione di ebrei da Israele: oltre a mettere in pericolo la purezza ebraica dello stato, la partenza degli ebrei israeliani contribuisce a minare l'ideologia sionista; se un gran numero di ebrei israeliani sceglie di emigrare, perché gli ebrei che sono ben integrati e accetti in altri paesi dovrebbero immigrare in Israele? Questo accade mentre persone illuminate di tante parti del mondo sono convinte che in Palestina sia necessario un unico stato laico, veramente democratico ed interculturale, dove palestinesi e israeliani, ebrei, musulmani e cristiani possano convivere in pace con pari diritti e opportunità
(Saleh Zaghloul)

OLI 309: SOCIETA' – New economy, tra "Compra oro" e Monte di Pietà

Sulle pagine genovesi di La Repubblica del 6 luglio sono apparsi alcuni articoli sul boom dei “compra-oro”: in questo momento di crescente difficoltà economica, molte famiglie, spesso anziani, trovano nella vendita dei gioielli di famiglia il modo più veloce di affrontare una spesa imprevista, o semplicemente di arrivare alla fine del mese. I “compra-oro” nascono e muoiono in pochi mesi, i negozi sono sparsi un po’ in tutta la città: l’oggetto venduto viene valutato sul momento, il prezzo, non contrattabile, si aggira a circa la metà della quotazione dell’oro (16-18 euro contro 33), il giro d’affari di un piccolo negozio è valutato sui cinquemila euro mensili, ma altri raggiungono cifre ben più elevate. I vari articoli affrontano altri aspetti, quali la comparsa di compratori che offrono valutazioni a domicilio, ed in tal caso il passo verso la truffa è a portata di mano.
Un commento al problema è dato dall’intervista a Don Marco Granara (rettore del Santuario della Guardia e presidente della Fondazione Antiusura) che, se da un lato invita ad una prevenzione del fenomeno attraverso una maggior coscienza critica su consumi necessari e superflui, dall’altro lato punta il dito contro la classe politica, spesso pronta ad autorizzare l’apertura di nuovi casinò, sicuramente redditizi per le finanze erariali, ma portatori di fenomeni di dipendenza.
La panoramica si conclude con un trafiletto riguardante il Monte di Pietà, gestito dalla Carige, sito nel palazzo di fronte al teatro Carlo Felice: qui, recita l’articolo, “un grammo d’oro lo pagano 6-7 euro, circa un terzo della quotazione ufficiale”: trascorsi 4-6 mesi dalla scadenza, gli oggetti non riscattati vengono venduti all’asta.
Naturalmente tale servizio non è confrontabile con quanto offerto dai negozi “compra-oro”: infatti, mentre al Monte di Pietà gli oggetti sono riscattabili, i “compra-oro”, per il bene venduto, offrono un corrispettivo in denaro e la transazione è conclusa ed irreversibile.
A livello legislativo, l’ordinamento dei Monti di Pegno è regolato dalla Legge 10 maggio 1938, n. 745 (*), parzialmente modificata dal Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385) ed ancora dal Decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342: sulla stima rimane comunque valido l’art.12 della legge del 1938, che recita: “Il giudizio di stima è fatto da un perito, il quale deve garantire all'ente mutuante in caso di vendita all'asta della cosa costituita in pegno, l'integrale ricupero dell'importo del prestito e dei relativi interessi ed accessori”.
Da qui la diversità di valutazione tra i “compra-oro” ed il Monte di Pietà, istituzione antica che ha svolto un indubbio ruolo sociale.
Che continui a svolgerlo ancora oggi, mentre sono così carenti forme di microcredito e di sostegno al reddito meno penose e umilianti, lascia però un senso di disagio.
A maggior ragione sarebbe interessante avere un’evidenza pubblica delle rese finali delle vendite all’asta, di come vengono svolte, dei guadagni dei compratori che frequentano abitualmente questo mercato della miseria.
(*) http://www.isaonline.it/s/gestione/show-main-frame.inc.php?url=/mag/Legge745-1938.html
(Ivo Ruello)

OLI 309: CITTA' - Sondaggi segreti e private conversazioni

Riproduzione di un disegno di G. Cavellini
Leggendo sui giornali i risultati del sondaggio segreto del PD il mio primo e spontaneo pensiero è stato: soldi gettati via per scoprire l’acqua calda, e cioè che in una città decisamente orientata a sinistra Marta Vincenzi rischia seriamente di non farcela. Ma, probabilmente, i soldi sono stati spesi per dare a questa sensazione diffusa una base “scientifica”, e quindi politicamente utilizzabile.
Per quel che mi riguarda questa sensazione ha preso forma e si è mano a mano consolidata in questi mesi a seguito del susseguirsi di private e sparse conversazioni con amiche ed amici.
Certamente non ho costruito la mia rete di rapporti sulla base di un campione statisticamente significativo, e quindi mi si può dire che di quel che pensano gli amici miei …
Fatto sta che il microcosmo umano che mi circonda è formato da una cerchia di conoscenze e amicizie abbastanza larga, prevalentemente femminile, formatasi a seguito di attività e interessi di vario tipo. Nessun attivista di partito salvo la recente affiliazione di un amico al Movimento 5 stelle, nei più anziani pregresse esperienze nel PCI o nel Manifesto, età variabili dai ventotto anni ai più di settanta, origini nazionali articolate. Gente attenta e informata, che nelle precedenti tornate elettorali ha distribuito il suo voto tra centro sinistra e sinistra, nelle varie accezioni.
Dopo questa specificazione vengo al punto: molti mi confidano che voteranno Marta Vincenzi con fatica, o che non la voteranno affatto. Alternativa Pinotti? Per carità! Peggio che andar di notte.
Riporto fedelmente il più recente di questi scambi, intercorso in una riunione di lavoro in cui non tutti i cinque partecipanti si conoscevano tra loro, anche se si poteva dare per scontato un certo terreno comune:
Speriamo che questo progetto vada in porto prima delle prossime amministrative …
… Paura, eh?
… è per la Vincenzi, vero?
Sento tirare una brutta aria.
Ma sapete che tutti, ma proprio tutti quelli con cui parlo mi dicono la stessa cosa?
Se si presenta Musso siamo fritti
Soprattutto se si presenta con una lista civica
Ma che alternative ci sono?
La Pinotti …
Per la carità del Signore!
Dalla padella alla brace!
Non me ne parlate!
Eh già … dovrebbero cercare qualcuno che ora non c’è …
Ma devono sbrigarsi …

I motivi? Per la Vincenzi ricorre un forte fastidio per una auto-referenzialità che la rende incapace di ascolto e di comunicazione con la città, con conseguenti passi falsi.
Per la Pinotti, in misura ancor più estesa e radicale, una valutazione di irrimediabile inadeguatezza.
Sul Secolo XIX del 7 luglio un articolo riferisce che le due donne politiche, sullo stesso aereo, non si sono rivolte la parola. Invece farebbero meglio a parlarsi, e a cercare insieme come costruire le condizioni per una alternativa che vada oltre i loro due nomi, oltre l’appartenenza di partito, ma sempre donna. Sarebbe bello, una vera lezione.
Chi cerca trova, ma deve uscire dalla gabbia del narcisismo.
(Paola Pierantoni)

OLI 309: SETTIMANA DEI DIRITTI - Viviana Matrangola racconta Renata Forte, sua madre

“Non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili.” Viviana Matrangola ricorda ai presenti una frase del giudice ragazzino, Rosario Livatino, assassinato dalla mafia nel 1990.
Viviana parla sul sagrato della Chiesa delle Vigne a Genova. E’il 10 luglio, domenica pomeriggio. La piazza è piena. E lei racconta di sua madre Renata Fonte, assessore alla cultura del comune di Nardò, in provincia di Lecce, uccisa il 31 marzo 1984 perché aveva a cuore un parco che non voleva venisse lottizzato. Viviana viene dopo l’intervento di don Andrea Gallo e di Pietro Grasso, la storia di sua madre è la storia dei giusti che si sono opposti. “Mia madre diceva no mentre gli altri dicevano sì” e Viviana spiega che, per molti anni, dell’assassinio di sua mamma non si è quasi parlato. La voce di Viviana è spezzata dall’emozione del ricordo, un ricordo vissuto in solitudine con la sua famiglia per diversi anni. Adesso lei è responsabile internazionale di Libera Memoria, associata alla rete Libera di Don Luigi Ciotti.
A questa donna è difficile dare un’età. Ha una bellezza fresca, pare giovanissima. Ma aveva già dieci anni quando sua madre è stata ammazzata dopo aver partecipato ad un consiglio comunale. Ha energia e determinazione e il suo intervento pone l’accento sul fatto che a parole ognuno è in grado di sostenere un’idea, ma sono i fatti che marcano la differenza.
La sensazione, sentendola parlare, è che Viviana non sia orfana.
(Giovanna Profumo- galleria fotografica di Giovanna Profumo)






OLI 309: PAROLE DEGLI OCCHI – Pranzo turistico


Foto di Giorgio Bergami ©

I sempre più numerosi turisti che giungono a Genova, attratti dal fascino di una città inaspettatamente ricca di suggestioni e di testimonianze d’arte e di storia, non sempre hanno la possibilità o la voglia di spendere altri soldi in costosi ristoranti, specie quando si è in tanti in famiglia.
Da qualche tempo le panchine tra le aiuole di Spianata Castelletto, rinomato belvedere, si animano all’ora di pranzo di forestieri che si concedono una pausa nel verde, mangiando tutti insieme quanto portato da casa o acquistato nei vicini negozi di alimentari.

OLI 309: LETTERE – A proposito di safari urbani

Come si sottolinea nell’articolo Safari in città di Ivo Ruello e Ferdinando Bonora (Oli 308), non è semplice commentare l’episodio della famigliola di cinghiali (o porcastri?). Ma provo a proporvi un po’ di riflessioni sparse.
Il concetto di “equilibrio ecologico” è in sé un concetto dinamico, che con il variare dei fattori (clima, popolazione umana e non, ecc.) varia anch’esso. È forse utile riportare la voce dell’Enciclopedia Treccani:
Ecologia umana - Nata come disciplina biologica l’e., da quando ha cominciato a occuparsi dell’ambiente dell’uomo, è divenuta una scienza trasversale, che interessa anche le discipline sociali e che ha contatti con la geografia. Questa, infatti, è stata a lungo interpretata come studio delle relazioni (varie, mutevoli e complesse) tra l’ambiente e le società. In realtà, la geografia non è tanto lo studio delle relazioni dell’umanità con l’ambiente quanto la scienza dell’organizzazione umana dello spazio; ma nell’organizzare il suo spazio l’uomo, se per un lato subisce certe influenze ambientali, dall’altro modifica profondamente e incessantemente l’ambiente (e anche lo sconvolge e lo degrada), rimettendo continuamente in discussione il suo rapporto con l’ambiente stesso.
Da questa definizione si capisce che parlare di “nostro alterato equilibrio ecologico” non ha molto senso.
Come non ha senso umanizzare gli animali, dividendoli in buoni e in quelli di cui non si deve parlare, atteggiamento al quale sono dediti purtroppo molti dei cosiddetti animalisti. A ben vedere, anche dei “buoni” bisogna parlare prendendo in considerazione solo alcuni aspetti. Una mia amica ha posto una mangiatoia per uccellini sul balconcino di casa, che dà sul giardino. Quello che non mangiano i supernutriti uccellini, attira la notte famigliole di ratti di campagna. Lei ne è deliziata e in fondo orgogliosa. Ma guai se i suddetti roditori si arrampicano sul tetto o entrano in casa!
Amabili vecchine vagano per la città dispensando sacchi di cibo a piccioni, gabbiani e topi.
I cani sono graziosi surrogati di figli, e lo stesso i gatti. Se sono randagi vanno sterilizzati. Ma non si tiene conto dei branchi che si aggirano fuori città e che fanno danni anche a chi alleva animali, oltre che alla fauna selvatica. Questa, peraltro, si arrangia benissimo da sola e non disdegna di entrare nelle sacre Città dell’Uomo per nutrirsi di ciò che trova, o di ciò che i sopracitati animalisti danno loro come se fossero i loro animali di casa. E questo non riguarda solo i cinghiali, ma anche volpi, ricci, donnole, faine, ecc. che poi rimangono vittime dell’Uomo, sotto forma di automobilisti, guardie municipali, ecc. Peraltro gli “animalisti” non si scandalizzano delle derattizzazioni e delle disinfestazioni che periodicamente si fanno in tutte le città, se non in funzione del pericolo che queste comportano per i loro propri beniamini, cani o gatti che siano.
L’uomo deve regolare la natura? E se sì, come? Proteggendo certe specie e distruggendone altre? E se no, come? Noi per primi, da millenni (e non da pochi decenni, come si blatera in giro) stiamo stravolgendo l’ambiente che ci circonda: abbiamo trasformato i grandi boschi che coprivano l’Italia in campi prima, e in distese costruite poi. E continuiamo, basta guardarci intorno, anche noi in Liguria! Si dice che questo porterà alla fine dell’Umanità, della vita sulla Terra!
Ma dove è il problema? La Terra può fare tranquillamente a meno degli uomini, come di qualsiasi altra specie: cambierà semplicemente l’“ecologia”. Noi non ci saremo, ma ci saranno altre specie capaci di sopravvivere e prosperare, fino a che non saranno soppiantate da altre più adatte ai mutamenti che interverranno, e così via.
(Carlotta Bombrini)

martedì 5 luglio 2011

OLI 308: SOMMARIO

VERSANTE LIGURE - RACCOLTA INDIFFERENZIATA (Enzo Costa e Aglaja)
INFORMAZIONE - Che succede in quelle sale? (Paola Pierantoni)
AMBIENTE – Safari in città (Ivo Ruello e Ferdinando Bonora)
IMMIGRAZIONE - PD e Cgil ripartono dai giovani figli degli immigrati (Saleh Zaghloul)
SPETTACOLO - The boomerang copyright (Stefano De Pietro)
NUOVI TALENTI: Ester Armanino, giovane scrittrice genovese (Giovanna Profumo)
EVENTI - Genova città dei diritti
PAROLE DEGLI OCCHI - Tutta mia la città (Foto di Paola Pierantoni)
LETTERE - Esistono ancora giornalisti? (Silvia Parodi)

OLI 308: VERSANTE LIGURE - RACCOLTA INDIFFERENZIATA

Pernacchie, altri rumori,
del dito medio farsa
razzistici deliri
cibarsi anche di un’orsa:
rifiuti di pensieri
ed acre trash, risorsa
che spesso e volentieri
un certo Nord ci sversa.


Versi di ENZO COSTA
Vignetta di AGLAJA

OLI 308: INFORMAZIONE - Che succede in quelle sale?

Aula Magna San Salvatore - Punto G 2011 Genere e globalizzazione

C’è una caratteristica della informazione cittadina per cui spesso, anzi, quasi sempre, gli eventi di pensiero e approfondimento (dibattiti, convegni) vengono annunciati, ma non raccontati una volta che sono avvenuti.
Come se riguardassero esclusivamente le persone in sala, e non mettesse conto di trasmetterne almeno qualche suggestione a chi – per mille motivi – non ha occasione di frequentare certe sedi, di essere presente a certi appuntamenti.
Quando la cosa ha un certo rilievo, prima che tutto avvenga, o il giorno stesso a margine, viene intervistato chi ha organizzato l’evento, e se capita la presenza di una persona “famosa” può magari scapparci un’altra intervista, ma più in là non si va.
Il tutto, quando va bene, viene annunciato e raccontato da chi è parte in causa.
Manca comunque, e sistematicamente, l’occhio critico di un giornalista che si sieda in quella sala, e cerchi di percepire e di trasmettere quel che vi avviene. Che sta succedendo lì? Chi c’è in sala? Che ruolo gioca in città chi ha organizzato l’evento? Che rapporto si crea tra pubblico e organizzatori? Cosa raccontano della città le persone che si sono riunite in quella occasione? Cosa c’è da cogliere di veramente importante nelle parole che vengono scambiate, in quelle che vengono taciute, nella atmosfera del luogo?
Certamente è impossibile – anche con le migliori intenzioni – pensare di adottare questo metodo per tutto quel che avviene in città.
Ma il fatto è che non succede mai, e questo mai determina la natura e la qualità di quel che riesce ad emergere alla superficie della informazione.
Chi organizza, nei giorni successivi, raccoglie rassegne stampa, e nel caso che all’evento sia stato comunque dedicato “spazio” può anche compiacersene. Ma ben che vada si tratta di uno spazio asettico, neutro, che non alimenta domande e che addormenta i conflitti.
Recente occasione per queste riflessioni sono state le notizie di stampa sul meeting internazionale del 25 e 26 giugno “Punto G – Genere e globalizzazione”, che nulla hanno trasmesso su alcuni, determinanti, punti di contraddizione che hanno impegnato, e anche diviso, le donne in sala. Ne cito alcuni:
Violenze al G8: ne è stata colpevole solo l’azione repressiva della polizia, o è necessaria una assunzione di responsabilità anche da parte del movimento no global?
Precarietà: come può il sindacato “avere la percezione profonda di questa condizione” senza garantire una rappresentanza dei precari nei luoghi di lavoro? E’ possibile muoversi in questa direzione?
Relativismo culturale, multiculturalismo, e rispetto della “libertà di scelta”: sono atteggiamenti culturali progressisti, o sono in contrasto con i diritti fondamentali delle donne che ora si trovano a dover combattere su un doppio fronte?

(Paola Pierantoni)

OLI 308: AMBIENTE – Safari in città

In due articoli, usciti lo scorso 2 luglio su Il Secolo XIX (“Allarme cinghiali, strade chiuse e caccia grossa a Castelletto”) ed il Corriere Mercantile (“Cinghiali a spasso in centro città, presi e abbattuti”), è narrata la triste vicenda di una famiglia di otto cinghiali in Corso Carbonara. Dell’episodio si è occupata anche la sezione genovese del sito di Repubblica (http://genova.repubblica.it/cronaca/2011/07/02/news/cinghiali-18509601/).
La storia è scarna, i cinghiali girano in zona cittadina, tra auto, bus, moto e pedoni, vicino alla scuola media Don Milani, nella giungla raramente falciata di quelle che erano un tempo aiuole curate: segnalati, vengono costretti in una piccola zona e quindi abbattuti, otto animali, una femmina sui 70 kg e sette piccoli sui 25 kg; ad agire sono gli agenti della Polizia Provinciale coadiuvati da Polizia Municipale.
La cruenta conclusione sembra però lasciare aperta qualche polemica: era proprio necessario uccidere tutti gli animali? Anche i piccoli? Dal resoconto emerge come la Prefettura avesse dato indicazione di catturare gli animali, per decidere solo in seguito il da farsi, mentre gli eventi hanno poi preso la mano (“ha caricato e siamo stati costretti a fare fuoco”), per arrivare alle dichiarazioni dell’assessore provinciale Piero Fossati. L’assessore, mentre ricorda l’esistenza di due leggi regionali che obbligano ad uccidere gli animali sul luogo della cattura invece di trasferirli altrove (per evitare il diffondersi di epidemie, nel caso gli esemplari fossero malati), invita i genovesi a non dare cibo ai cinghiali in città; ma, evidentemente, sente il peso dell’uccisione degli animali (“non sono contento di queste scene”), infatti “la voce si fa seria quando spiega che catturati vuol dire abbattuti”.
Nella vicenda si affrontano due esigenze, la sicurezza di un ambiente cittadino e la salvaguardia degli animali: se da un lato i cinghiali non sono certamente mansuete bestiole, d’altro lato una femmina adulta, ma comunque di piccola taglia, e sette piccoli in cerca di cibo non dovrebbero essere poi così difficili da gestire, da un corpo (la Polizia Provinciale) che ha proprio questo tra le proprie mansioni (http://it.wikipedia.org/wiki/Polizia_provinciale).
La notizia ha suscitato in molti sconcerto e rabbia, ma c’è anche chi ha mostrato comprensione per una scelta di sicuro impopolare, ma che forse era l’unica praticabile nel nostro alterato equilibrio ecologico.
Vale la pena di scorrere i numerosi commenti – 31 per l’esattezza, a tutt’oggi – in calce al citato articolo on line di Repubblica. Ben 21 sono quelli che esprimono indignazione per la soluzione adottata, con toni più o meno aspri, e solo 5 l’accettano come ineluttabile. I rimanenti 5 sono interventi di Eraldo Minetti, il Commissario Superiore della Polizia Provinciale di Genova che ha gestito l’operazione e che cerca di renderne conto, con ragionevolezza e non senza amarezza.
In ogni caso non se ne esce bene. Non occorreva certo questo episodio per evidenziare che nel sistema in cui viviamo qualcosa si è rotto da tempo, ma può essere un’occasione in più per riflettere. Come nella Danimarca di Amleto, “something is rotten…”, c’è qualcosa di marcio, di corrotto. Stavolta nel rapporto tra l’uomo e il resto della natura, un tempo assai più sano di oggi. Non solo in certe soluzioni sbrigative per risolvere problemi complessi, ma anche nell’approccio di tanti animalisti che con le loro azioni in buona fede spesso arrecano in realtà danni agli oggetti delle loro attenzioni, fornendo cibo fuori luogo e con altri comportamenti.
Correndo il rischio di sembrare sentimentali o idealisti, non si riesce comunque a trattenere un moto di tristezza cercando “cinghiale” con Google, al veder apparire molte proposte gastronomiche (“in umido, brasato, in salmì…”), né a togliersi dalla mente un’immagine evocata da uno degli articoli, “i cuccioli dietro la mamma, a seguire un pezzo di pane”.
(Ivo Ruello e Ferdinando Bonora)

OLI 308: IMMIGRAZIONE - PD e Cgil ripartono dai giovani figli degli immigrati

In questo mese si svolgono due feste dedicate ai giovani figli degli immigrati: la prima è organizzata dal Partito Democratico (Cesena, dal 1 al 17 luglio), la seconda è la festa dei giovani della CGIL, compresi i giovani immigrati, (Coltano, in provincia di Pisa, dal 14 al 17 luglio).
La CGIL inoltre ha annunciato la settimana scorso l'avvio,  insieme ad altre diciannove organizzazioni, di una campagna per la raccolta di firme per due proposte di legge di iniziativa popolare su cittadinanza (che riguarda soprattutto i giovani immigrati) e diritto di voto.
Molti di questi giovani sono nati in Italia e si sentono italiani ma si scontrano quotidianamente con una dura realtà che li esclude e li costringe, ad esempio, alla faticosa e costosa odissea del rinnovo del permesso di soggiorno. Finita la scuola, tutto sommato isola felice dell’integrazione, grazie solo all'intelligenza, alla sensibilità e alla generosità di  insegnanti e dirigenti scolastici, si trovano impossibilitati ad accedere allo studio universitario essendo per lo più figli di operai di basso reddito (colf e operai edili). Essendo inoltre esclusi, in generale, persino dai più bassi livelli di lavoro nel pubblico impiego, molti di loro sono costretti a fare i lavori dei propri genitori.
In Italia non ci sono politiche, progetti e fondi per l’integrazione, quest’ultima è lasciata alla buona volontà delle persone, delle associazioni e del sindacato. Tra qualche anno, quando la presenza di questi giovani sarà di massa, l’integrazione sarà ancora più difficile. L'esperienza di altri paesi, ad esempio la Francia, ci dice che diversamente dai loro genitori, essi risentono fortemente l'esclusione e c'è un alto rischio di reazioni non del tutto pacifiche. Bene fanno dunque PD e Cgil a ragionare sull’immigrazione ripartendo dalle problematiche delle nuove generazioni, dal momento che sono in gioco il futuro della pace sociale e la qualità democratica del nostro paese. Oltre alla necessità di battersi per una riforma che consenta la cittadinanza automatica per i nati in Italia e per chi è da molti anni in Italia, occorre pensare a politiche capaci di garantire il diritto allo studio universitario e post-universitario ai figli dei migranti, anche tramite fondi privati costituiti a tale scopo. La mobilità sociale degli immigrati è condizione necessaria per l’integrazione e la convivenza pacifica.        
(Saleh Zaghloul)

OLI 308: SPETTACOLO - The boomerang copyright

A sinistra: la nota sul sito di Antonio Ornano - a destra: la pagina di Youtube con il video bloccato
Antonio Ornano (*) è un comico noto al grande pubblico per il divertente personaggio del professore naturalista "sadico", che ha allietato le sere di tanti italiani su Zelig e in altre apparizioni televisive. Il sito web (che è poi solo un rimando a quello del suo agente), pone in evidenza una nota intransigente sull'uso delle immagini, con un richiamo alla possibilità di azioni legali per i trasgressori del suo copyright.
Navigando poi sul sito del suo agente (**) si scopre che nel curriculum di Ornano sono linkati due video di Youtube, il secondo dei quali bloccato per "violazione del copyright" da parte di RTI (ossia Zelig, ***).
Questa è la pietanza, il contorno la sua laurea un giurisprudenza che certo non gioca a favore di una ipotetica ignoranza sull'argomento. Insomma, un boomerang che condanna il nostro professore sadico nello stesso modo delle vittime animali nei suoi spettacoli e che ci fa rispondere, con simpatia: "se dopo una laurea ancora non hai capito una cippa di niente... e alloooooora muori, preda!".
* www.antonioornano.it
** http://www.giuliomoroni.com/artista_antonio_ornano.asp
*** http://www.youtube.com/watch?v=u7bnyopsHOQ
(Stefano De Pietro)

OLI 308 - NUOVI TALENTI: Ester Armanino, giovane scrittrice genovese

Dopo averlo finito è facile provare un senso di gratitudine.
Perché Storia naturale di una famiglia di Ester Armanino (ed. Einaudi - Euro 16,50) è un ottimo romanzo, pieno di tutto quello che si vorrebbe trovare in un libro. Sono vicende comuni a molte famiglie, viste con gli occhi di una bambina che cresce e diventa grande. Sguardo preciso quello di Bianca, capace di cogliere l’essenza assurda dei rituali, il giudizio delle persone, lo sgretolarsi lento del rapporto dei suoi genitori:
“Nelle altre famiglie si paralava di noi. A pranzo, a cena, dal parrucchiere, in chiesa. Eravamo una casa scoperchiata da un terremoto e tutti potevano sbirciare dentro, tra le macerie.
Le altre famiglie si avventavano sui resti della nostra per provarne compassione disappunto, eccitazione, cattivo esempio, battute, lezioni di vita, ammonimenti, cose così. Ricordavano come eravamo prima, nelle loro case, alle loro cene. La coppia affiatata e i marmocchi nutriti d’amore.”
Ma i personaggi di Ester Armanino stanno nella vita e nella vita cambiano. Senza occuparsi di quella degli altri. Annientati dal dolore, fanno fronte ognuno a proprio modo. Compongono e scompongono la propria esistenza. In Storia naturale di una famiglia c’è una tale quantità di amore da rimanerne sorpresi. Ambientato a Genova, offre della città piccole, chiare inquadrature. E c’è in Ester Armanino una capacità di scrittura che non ha nulla da invidiare ad Elena Ferrante, Tiziano Scarpa o Michela Murgia. L’autrice è genovese ed ha solo ventotto anni. Nella quarta di copertina c’è scritto che “è architetto”.
(Giovanna Profumo)

OLI 308: EVENTI - Genova città dei diritti

Dal 7 al 14 luglio avrà luogo a Genova la quarta edizione della Settimana internazionale dei diritti. L’evento, che segna il decennale dai fatti del G8, quest’anno sarà dedicato ai Giusti, coloro che “sanno scegliere da che parte stare” e “sono disposti a pagare un prezzo per difendere i diritti altrui”.
Incontri, dibattiti, libri e film solleciteranno le coscienze riguardo a temi come il genocidio in Rwanda, le lotte per la libertà nel Nord Africa, le carceri, la mafia, il terrorismo, l’Olocausto, le foibe e molto altro ancora.
Il programma completo delle iniziative è disponibile seguendo il link:
genovacittadeidiritti.it.

OLI 308: PAROLE DEGLI OCCHI - Tutta mia la città


All'una di notte, in Via del Campo si gioca a dama

Foto di Paola Pierantoni



OLI 308: LETTERE - Esistono ancora giornalisti?

Nauseata dalla politica e dalla disinformazione asservita ai padroni, di destra o di sinistra, economici o politici, riporto alcuni esempi vissuti ultimamente:
1- informazione sui referendum dell’acqua.
Faccio parte di un comitato, da anni lavoriamo raggiungendo le persone solo attraverso le nostre forze e il volontariato, trasversali ai partiti, organizzati, trasparenti come l’acqua. Un movimento che ha risvegliato gli italiani, coinvolto i giovani, fatto impegnare molti cittadini in prima persona. Solo questo dovrebbe essere un evento da prima pagina! Eppure in questi anni nessuno dei grandi media ci ha considerato, non hanno cercato i fatti, i protagonisti, ma hanno ubbidito ai padroni di turno che chiedevano di depotenziare il movimento e far risaltare altre forze. Mi indigna questo non volere raccontare la realtà, questa incapacità di andare a fondo, questa inevitabile ignoranza che poi traspare negli articoli infarciti di errori e omissioni.
2- conferenza stampa di presentazione del decennale del G8 a Genova e mostra fotografica.
Si è parlato al 99% del programma, con eventi su lavoro, beni comuni, ambiente, povertà, ecc.. e solo all’1% si è accennato al ricordo della repressione del 2001. E’ stato ribadito con forza che il decennale non vuole essere il ricordo degli scontri, ma un nuovo ritrovarsi a discutere cose concrete, diritti umani, partecipazione. La mostra contiene centinaia di foto da tutto il mondo sui temi suddetti e solo qualcuna degli scontri del 2001. I pochi giornalisti presenti hanno fatto qualche ripresa e dopo pochi minuti se ne sono andati. Risultato: i servizi sulle TV locali o sui giornali mostravano SOLO le 3 foto degli scontri, rievocavano solo quelli, paventavano timori sulla sicurezza. Questo non è raccontare la realtà.
3- scontri NO TAV in Val Susa.
Il fatto: 70.000 persone manifestano pacificamente e 100 imbecilli tirano pietre. La sera apro il sito di Repubblica e i titoli naturalmente parlano solo degli scontri. Le foto danno la misura dell’indegnità di questa informazione: ci sono molte gallerie fotografiche dedicate al lancio di pietre, la singola pietra fotografata in alta risoluzione in tutto il suo tragitto con decine di scatti, da bravi ed esperti fotografi. Poi da un link nascostissimo ecco le foto della manifestazione pacifica: poche immagini di pessima qualità scattate probabilmente dal telefonino di qualche manifestante. Questo è l’emblema della disinformazione: tutti i migliori fotografi a coprire i 100 violenti, nessuno a coprire i 70.000 pacifici. Questa sproporzione è vergognosa. Probabilmente figlia di direttive dall’alto, perché tutti i giornali fanno gli interessi di qualcuno, che sia il capo del governo o sia il partito di opposizione sostenitore della TAV e della privatizzazione dell’acqua…
Io, cittadina qualunque, farei due appelli.
Il primo ai giornalisti, perché ritrovino dignità e professionalità, perché il loro lavoro sia raccontare la realtà, non distorcerla o ometterla. Dove è finita l’etica professionale?
Negli Stati Uniti molti giornali stanno chiudendo, dicono che è un dramma per l’informazione. Ma per come stanno le cose in Italia, io quasi mi auguro che anche i nostri chiudano, perché così come sono fanno solo danni alla verità. Vorrei vedere professionisti che studiano le cose, vanno sul posto e ci passano del tempo per capire.
Il secondo ai cittadini: non credetegli più! Oggi grazie a internet è possibile informarsi direttamente alle fonti, testimoni scrivono e fanno girare l’informazione. Sfruttiamola. Oppure andiamo noi in prima persona, quando possibile, a vedere, e raccontiamolo.
Naturalmente ci sarà anche qualche giornalista che lotta contro tutto questo, o qualcuno che crede che le critiche non siano per lui. Può darsi, ma io lo esorto in ogni caso a fare di più perché la sua voce onesta si faccia spazio tra le altre.
Silvia Parodi – cittadina di Genova