venerdì 3 maggio 2013

OLI 375: AMBIENTE - Degrado del bosco e fine delle istituzioni collettive, gli effetti imprevisti della pianificazione ambientale

In risposta a AMBIENTE - Da Gerbonte al Monte Gottero, i boschi demaniali ai privati contro il degrado

1,86 periodico. Ecco la percentuale delle foreste demaniali. Apparentemente poco rilevante, almeno sotto il profilo della superficie. In realtà, "demaniale" è un termine specifico, un dettaglio (o se si vuole una parte) del più ampio settore pubblico, mentre "privato" appartiene a una categoria molto generale e a una contrapposizione che finisce per essere generica, quella con il "pubblico". E di "pubblico" ce n'è molto di più, un pubblico che afferisce a ogni livello dell'amministrazione, che attribuisce al bosco specifiche funzioni (come se non ne avesse), per esempio quelle di interesse militare, ma soprattutto di "privato".
L'intervento (OLI 374) mi sembra proporre tre riflessioni:
* come si distribuiscono e come sono gestite le altre foreste "non demaniali" – oltre il 98%? Esiste una larga quota di boschi di generale attribuzione pubblica, ma una larghissima maggioranza sono i boschi di proprietà genericamente privata. E su questi ultimi la manutenzione è in generale modesta, in qualche caso scandalosa. D'altronde tutti i boschi sono soggetti a un regime normativo molto restrittivo che sembra garantire un riconosciuto interesse pubblico per il bosco e che dovrebbe essere oggetto di qualche riflessione;
* di cosa si tratta? Boschi e foreste sono la stessa cosa sotto il profilo del "materiale" (legno), ma le seconde sono appunto beni unitari, come sembra affermare il Wwf; da questo punto di vista "demaniale" non è un attributo relazionale che descrive appunto il carattere della proprietà, ma un attributo sostanziale, uno statuto giuridico importato da Napoleone. Rimando alla voce "Forêt_domaniale" sulla versione francese di Wikipedia. Non sarebbe male una riflessione su questa "sostanza";
* la natura della proprietà e la sua regolazione. Questo terzo punto mi sembra centrale: il limitato interesse privato sul bosco e già citato interesse pubblico corrispondono anche a una larga diffusione di consorzi e altre forme di proprietà collettiva. Su questi soggetti si è più volte intervenuti con l'intenzione di promuoverne la privatizzazione, ma soprattutto le pretese iniziative di tutela della pianificazione regionale hanno accompagnato (se non causato) il degrado delle istituzioni collettive legate al bosco e al pascolo.
Ci sono luoghi in cui queste istituzioni e le regole che consentivano l'accesso al bene (e al suo consumo) erano la vera struttura della comunità locale. Il venir meno di queste istituzioni è stata – nel bene e nel male, più spesso nel male – la vera rivoluzione dell'approccio regionalista.
Forse nelle foreste demaniali si nasconde un problema ben più rilevante del 2% di cui stiamo parlando, le modalità con cui lo stato è intervenuto negli ultimi 40 anni in agricoltura, le caratteristiche della pianificazione nelle aree extraurbane. Ricominciare a parlarne è sempre un bene, soprattutto se fuori dalla retorica della "nuova agricoltura".
(Carlo Bertelli - foto da internet)

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