mercoledì 2 giugno 2010

OLI 263: CULTURA - Un altro maestro è andato via

Ad un anno di distanza se ne sono andati uno di seguito all'altro due grandi maestri che hanno insegnato a Genova. Maggio ha portato via nel 2009 Claudio Costantini, dopo un anno ha chiesto nuovamente pegno con Edoardo Sanguineti. Una strana coincidenza che si affianca a quella dell'avvicendarsi dei loro ritiri dall'Università, Sanguineti nel 2000, Costantini nel 2001. Si sono lasciati alle spalle un mondo che stava cambiando e il declino dell'università italiana.
I fondi sono sempre più scarsi, i criteri metrici con i quali vengono assegnati ciechi delle contestuali particolarità ed eccellenze, pur volendo rispondere alla "meritocrazia". Su questa progressiva depauperizzazione, o forse oculata scelta di non investire nella cultura e nella ricerca come nostro futuro, si innesta anche l'italianità, magagna dalla quale l'università stessa non è esente. È però un'italianità strumentale, diffusa in maniera infestante nella sfera degli statali, contro la quale si sta combattendo la crociata del terzo millennio (*). In realtà l'ultimo capitolo di un tentativo di disgregazione sociale imbastito, volontariamente o no, un po' da tutti i fronti di rappresentanza. Basti pensare alla contraddittoria accoglienza del movimento dei precari e ricercatori a contratto in ambito universitario.
Costantini e Sanguineti non appartenevano ad una casta. Praticavano la loro professione quotidianamente con criterio di trasmissibilità, non gelosi dei loro segreti. Quanti tra i docenti di letteratura italiana abbandonavano l'antologia per un programma che vedeva Dante accanto a Tiziano Scarpa e Alberto Arbasino, e facevan metter mano ad un libro, lavorarne un capitolo e metter le note da bravo curatore? Quanti tra i tanti maestri di storia scendevano dalla cattedra, partivano dal significato delle parole, la contaminazione tra le discipline, facendo maturare le domande e gli strumenti per la ricerca, dirottando la veemenza post adolescenziale?
Chissà se la direzione aziendalista e il timido fund raising con cui le università tentano di tappare la falla piacerebbero loro. La pezza tiene per un po', ma il buco tende ad allargarsi, le differenze ad acuirsi. Il rischio è la deriva di tanti isolotti.


(Ariel)

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