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giovedì 20 giugno 2013

OLI 382: SOCIETA' - I martiri dell'ignoranza

La prima volta che ho sentito il racconto di Lanciné Camara, giovanissimo cittadino della Costa D’Avorio, sulla sua piccola amica albina, è stato durante un laboratorio teatrale a cui partecipiamo entrambi, il ‘Laboratorio Immigrati’ di Vico Papa: quindici persone impegnate ormai da un anno a mettere in scena la storia della immigrazione a Genova.
Una sera, nel corso di una delle improvvisazioni che fanno parte di questo lavoro, ciascuno dei partecipanti doveva raccontare un episodio della propria vita legato ad una forte emozione.
Lanciné, giovane immigrato della Costa D’Avorio, parlò di quando, andando a scuola, passava ogni mattina davanti alla casa di una ragazzina della stessa età.
La conosceva perché frequentavano la locale parrocchia cattolica, ma non erano compagni di scuola perché a lei, albina, non era permesso andarci: essere albini in molti paesi africani è uno stimma che ti esclude.
Si sorridevano e si guardavano al di là della recinzione del giardino, ma una mattina la sua piccola amica non c’era più. Lui non osava nemmeno chiedere cosa ne fosse stato, perché anche solo parlarne era cosa proibita. Poi seppe che era stata uccisa e fatta a pezzi dai suoi stessi parenti. Ci disse: “era il mio primo amore”.
Lanciné si è fatto testimone di questo dramma, ed è riuscito, anche se nostro concittadino solo da due anni, a promuovere un’iniziativa d’informazione e sensibilizzazione che si è svolta lo scorso venerdì 14 giugno nella ‘Sala Clerici’ della Biblioteca Berio.
Il titolo era “L’albinismo in Africa: un dramma sociale e culturale”.
Il pubblico, numeroso ed attento, è stato informato della dimensione dell’abinismo in Africa (un caso ogni 4000 abitanti, e fino ad uno su 1000 in Nigeria), degli aspetti medici particolarmente pesanti causati dalle alte temperature, dal sole, dalla carenza di cure e di prevenzione che espongono a sofferenze e danni gravi alla vista, alla pelle: moltissimi i casi di tumore. Si è parlato delle iniziative di sostegno, sensibilizzazione, aiuto che molte organizzazioni – tra queste la “Associazione Di Cooperanti Tulime ONLUS” (http://www.tulime.org/2011/10/13/progetto-albini/) - stanno svolgendo in diversi paesi africani.
Ma è stato Lanciné a dare col suo intervento la dimensione culturale, sociale, emotiva di questo dramma. “Gli albini non sono considerati persone! Una leggenda racconta che gli albini spariscono ma non muoiono mai, simbolizzano una maledizione degli dei. Le famiglie in cui nascono sono sommerse dalla vergogna e dalla paura, e in tanti casi arrivano all’infanticidio. Oppure sono considerati incarnazione di un potere magico, benefico o malefico … “.
L’ambiguità che rappresenta un essere come l’albino, alimenta pratiche occulte: spesso sono cacciati, uccisi, mutilati, vittime di crimini rituali. C’è un mercato dei loro organi, ritenuti magici. In una situazione di miseria, è un mercato che rende.
Che vada bene sono esclusi, soli, abbandonati. Dice Lanciné: “Alla luce del sole, quelli che restano nel buio diventano martiri dell’ignoranza degli altri, e la sorte che tocca a chi è in minoranza è uno specchio che ingrandisce i mali della società”.
Ogni società ha i suoi albini, e l’Europa e l'America ne sanno qualcosa.
L'incontro si è concluso con un messaggio di speranza, il video del grande compositore Salif Keita, albino, che canta: io sono un nero, la mia pelle è bianca, io sono un bianco e il mio sangue è nero, e io adoro questa differenza, questa differenza è bella. Ognuno, al suo turno, avrà il suo amore, e la vita sarà bella. 
(Paola Pierantoni - foto dell'autrice)



Pubblichiamo anche la bella poesia che Lacine Camara ha scritto e letto al convegno, qui nella traduzione di Marina Bonelli

Dio! Clemente e misericordioso, Dio!
Te ne prego, non abbandonare Mukidoma!

Sarò consegnato all'indegna prigione della diversità
dove l'orizzonte della mia esistenza non sarà che avversità.
Invano cercherò una luce per illuminare i loro occhi,
dove già la mia differenza giustificherà la mia inferiorità

Pregando per non avere un figlio che mi assomigli,
la loro pioggia di sputi seguirà la mia apparizione
e per maledire lo zerou-zerou che mi rappresenterebbe,
mi bagneranno con parole irridenti e denigranti.

Mi accuseranno di aver commesso un grave crimine, 
quello di essere nato con la pelle troppo bianca!
Allora la mia anima sarà chiusa in una prigione,
dove la pena sarà immensa come l'universo.

Resterò dunque perso nella mia solitudine.
Una brezza malinconica profumerà la mia vecchiaia.
Le mie labbra resteranno serrate, la mascella digrignante,
racchiudendo una energia di dolore e gemiti.

Non avrò lenti, non avrò occhiali
che mi diano il santo piacere di vedere bene.
E il sole stesso si armerà dei suoi raggi,
per spezzare il mio corpo e infiammare la mia pelle.

Poiché un corpo di albino è una merce appetibile.
Senza dubbio, sarò abbattuto, smembrato, e venduto!
Certamente proprio dalle mani dei miei vicini.
Probabilmente proprio per volontà dei meii genitori!

Così sarò sacrificato agli dei! 
I feticci avrebbero grandi poteri celesti
gli stregoni saprebbero fabbricare i migliori talismani.
Ecco chi saprebbe guarire da ogni disgrazia!
Ecco chi potrebbe riempire di pesci le piroghe,
ecco chi potrebbe concedere tutti i poteri.

Dio, clemente e misericordioso, Dio!
Ti prego, non abbandonarmi!
Non abbandonare Mukidoma,
almeno là, anima in pace, 
troverò un pò di serenità.
(Lanciné Camara)






martedì 19 giugno 2012

OLI 348: CULTURA - Berio, femminismo in biblioteca

Alla Berio, il 13 giugno, è stata presentata la nascita di una biblioteca femminista, che ha avuto origine dalla donazione dei “Libri di quegli anni” da parte del gruppo Generazioni di donne ad Archimovi. “Quegli anni” è un’espressione sinteticamente efficace per indicare gli anni dal 1975 ai primi anni ’80, periodo in cui nacque il “Coordinamento donne” nelle fabbriche e nel sindacato e maturarono le esperienze delle 150 ore. Le esperienze che seguirono fecero nascere incontri e relazioni tra donne che agirono insieme, perseguendo ideali comuni all’interno del rapporto donne-lavoro, donne-politica. A distanza di qualche decennio, i documenti prodotti sono stati recuperati e resi fruibili attraverso il recupero dell’Archivio Donne FLM, mentre il riallacciarsi di contatti ha prodotto la nascita del gruppo Generazioni di Donne: proprio in questo ambito, di riflessione e contatto tra donne di età e percorsi differenti, è maturata l’esigenza di raccogliere e rendere disponibili le letture che avevano contraddistinto, ma anche anticipato, preparato e seguito “quegli anni”; il periodo di tempo toccato dalle pubblicazioni quindi, in alcuni casi si dilata fino a toccare gli inizi del 2000, in altri affonda le radici alla metà del Novecento.
I libri donati sono circa trecento (l'elenco è disponibile sul sito di Generazioni di donne), testimonianza di percorsi collettivi ma anche individuali. I temi toccati vanno dal rapporto donna e lavoro, alle lotte nelle fabbriche e nel sindacato, alla sessualità, alla devianza, ai diari di donne, ad approfondimenti in campi specialistici, come la psicoanalisi, la storia, il diritto. Alcuni libri vengono citati più volte dalle relatrici invitate a presentare la nascita della biblioteca (Livia Botta di Generazioni di donne, Ferdinanda Vigliani di Pensiero Femminile, Paola De Ferrari di Archimovi): titoli come “L’acqua in gabbia” o “Noi e il nostro corpo” oppure “Sputare su Hegel” o autrici come Muraro e Irigaray ritornano spesso, puntellando come capisaldi la struttura della biblioteca che poi si diversifica, fino a trattare argomenti come la storia della caccia alle streghe, lo yoga o la condizione della donna nell’Islam. I libri hanno quindi lasciato scaffali e cantine per confluire alla sede di Archimovi, nella biblioteca Berio, a disposizione di chi vorrà consultarli, rileggerli o rifletterci su, ma anche per creare uno spazio di riflessione e di pensiero che prima non c’era: dal personale al politico, anche oggi, come “in quegli anni”.
(Eleana Marullo, foto di Ivo Ruello)