giovedì 31 ottobre 2013

OLI 388: TEATROGIORNALE- L'uomo nero

[ Questo è un racconto di finzione liberamente ispirato a un fatto di cronaca così come è stato presentato dai mezzi di informazione]

Pompeo è a piedi nudi, i suoi passi risuonano sul pavimento in pietra. Fuori dalle finestre la luna crescente illumina un albero di fichi in giardino. Silenzio, Pompeo è davanti al talamo dei genitori ma è indeciso se chiamarli o ritornarsene su i suoi passi: e se il padre avesse pensato che è un debole, una pula che ha paura della sua ombra? E se l'avesse battuto col bastone? Con la cinghia? O se avessero deciso di mandarlo in villa, lontano da tutti?

Sbatte una porta, la civetta canta e poi si invola, Pompeo salta nel talamo.
-Per Castore! 
-Per Polluce! 

 Il padre impugna meccanicamente il randello che tiene sempre a portata di mano per ogni evenienza; la madre prende il figlio tra le braccia e lo nasconde tra le lenzuola.

 -Mamma, è vero che i cristiani mangiano i bambini? 
 Dice Pompeo tutto in un fiato, come se quella domanda gli stesse appesa alla lingua da tutta la notte. 

-Si tesoro, sono delle persone cattive che rifiutano di vivere come noi, in una casa per vivere dentro le catacombe: il loro Dio Gesù strappa i morti dalla pace per farli vagare senza quiete per il mondo. 
Il bimbo guarda il buio della stanza mentre il padre, riposto il randello, si sdraia nel letto. 

-E un giorno, questo Gesù gli ha detto: mangiatemi e andate per il mondo a mangiare i bambini in ricordo di me. Ogni settimana i cristiani scelgono un bambino cattivo, che non vuole studiare e che non rispetta i suoi genitori, aspettano che scappi dalle mani dello schiavo che lo deve accompagnare a scuola oppure che salti le lezioni del maestro per andarsene in giro... 

-Oppure che si metta a guardare le farfalle mentre va al tempio col padre... 
Aggiunge il pater familia con uno sbadiglio. 

-E lo rapiscono, lo portano in una tomba e lì lo uccidono, lo fanno a pezzi e poi se lo mangiano; raccolgono il sangue in una brocca e poi se lo bevono come se fosse vino. 

-Ma questo Gesù era un bambino?

La madre accarezza Pompeo.
-No caro, non era un bambino ma un uomo barbuto che diceva di essere lui un dio e che tutti gli altri Dei come Giove, Giunone, Apollo non esistevano.

Il padre prende il figlio per le orecchie e gli dice affettuosamente:
-Ma non è vero niente! I cristiani dicevano anche di essere buoni ad addomesticare le bestie feroci ma, l'altro giorno al Circo, hai visto come la tigre si è mangiata quei sobillatori, avvelenatori? Ah-ham! In un boccone!
Caio Maximum di professione esattore inizia a mimare la tigre che si mangia i cristiani finendo per fare il solletico al pancino del suo bambino. La madre Ottavia li guarda severa.

-Basta adesso, Pompeo ritornatene nel tuo letto e ricordati di stare sempre vicino a tua madre, a tuo padre o allo schiavo Eunoos quando cammini per la strada. Inoltre devi studiare e essere ubbidiente altrimenti i cristiani ti rapiscono e ti mangiano.
Pompeo abbraccia forte i suoi genitori e, con un lembo della tunica tra le labbra per farsi coraggio, esce dalla stanza.

[Questa breve scena potrebbe essere riscritta mettendo al posto della parola cristiani la parola ebrei, uomo nero, comunisti, zingari.]

Da ilcorriere.it:Il caso di Maria: una coppia rom bulgara «È nostra figlia, l’abbiamo affidata ai greci»

(Arianna Musso - Foto da internet)


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