martedì 21 agosto 2012

CARTOLINE 2012 - URBANISTICA: IL MITOLOGICO MUNICIPIO SCOMPARSO

L’occupazione da parte dei giovani dei centri sociali di alcuni alloggi sfitti nel centro storico sta suscitando non poche polemiche tra chi manifesta solidarietà nei confronti degli occupanti e chi ne stigmatizza l’illegalità dell’azione. Tuttavia, ciò che sembra mancare è una seria riflessione su quello che, in fondo, rappresenta il nocciolo del problema: quante sono le case vuote in città?
A questo proposito, sono stati dati letteralmente i numeri: in un intervista a la Repubblica (25 luglio 2012) i giovani occupanti hanno parlato di 15 mila appartamenti sfitti, diventati poi 20 mila nella ripresa dell’articolo fatta da un sito locale legato a Rifondazione Comunista. Non si tratta di cifre indebitamente gonfiate: appena qualche mese prima (febbraio 2012) il segretario locale del SUNIA in un’intervista a Primocanale aveva quantificato l’ammontare dello sfitto in città a 25 mila abitazioni, mentre in un documento ufficiale del Comune, redatto nel quadro del Patto dei Sindaci, l’entità delle abitazioni non occupate era stimata in 28.088 unità.
Genova è una città strana, in cui frange (poco) eversive provenienti dai centri sociali si rifanno cifre assai meno preoccupanti di quelle snocciolate in tutta tranquillità dalla pubblica amministrazione; ma la cosa più curiosa è che, incrociando i dati provenienti dagli enti ufficialmente preposti alla quantificazione dei beni immobiliari e della popolazione urbana (l’Agenzia del Territorio e l’Ufficio Statistica comunale) il panorama dello sfitto cittadino appare ancora peggiore. In effetti, le Note Territoriali dell’OMI per il II semestre del 2009 valutavano lo stock immobiliare genovese in 325.069 unità immobiliari a destinazione residenziale, mentre la voce Aspetti Demografici della Descrizione Fondativa del PUC riporta la cifra di 280.095 abitazioni occupate da famiglie al 31 dicembre 2008: con una certa approssimazione si otterrebbe allora una stima di 44.974 case vuote, pari al 13,77% del totale. Sono dati di quasi quattro anni fa, ma l’andamento dei principali indicatori economici e demografici cittadini non lascia intendere che la situazione sia cambiata in modo sostanziale.
Per rendersi meglio conto di cosa significhino queste cifre, basti pensare che 45 mila abitazioni corrispondono più o meno alla consistenza dello stock immobiliare di uno qualsiasi dei municipi cittadini: co un’esagerazione basata però su dati concreti, si potrebbe dire che Genova ha nove municipi, ma solo otto di questi sono effettivamente abitati.
Vale la pena fermarsi un attimo a riflettere sul reale significato di queste cifre, dato che, se fossero vere, significherebbe che le case vuote a Genova sono più di una su dieci e che allora bisognerebbe cominciare a ripensare l’intero assetto urbanistico della città.
Fino al 2011, il regime fiscale vigente rendeva conveniente il possesso ma non la messa a reddito delle abitazioni: si è perciò assistito ad un dilagare di nuove costruzioni il cui unico scopo era quello di essere acquistate e rivendute, ma non quello di essere abitate. Ne derivava un controsenso per cui un bene sovrabbondante (le case) invece di veder diminuire il proprio valore, lo aumentava. II costi ambientali di questo scempio sono sotto gli occhi di tutti; pensiamo non solo alla cementificazione delle colline, ma anche alla profonda crisi dell’Azienda Municipalizzata Trasporti, costretta a ramificare capillarmente il proprio raggio d’azione senza che la città potesse vantare un numero di passeggeri tale da sostenere questa espansione: il risultato è che AMT deve oggi per contratto garantire l’erogazione di 477 milioni di posti annui a fronte dell’effettivo trasporto di 157 milioni di passeggeri, non c’è da meravigliarsi che i conti non tornano. E questo è solo uno dei numerosi esempi di come l’espansione incontrollata del tessuto urbano abbia portato all’ “implosione” delle infrastrutture collettive.
Con l’introduzione della nuova IMU e l’aumento della tassazione per gli immobili sfitti, il panorama è cambiato e il surplus delle unità abitative rischia di rivelarsi un boomerang per l’intero apparato economico: gli immobili sfitti finiranno per essere messi precipitosamente in vendita e questo porterà ad una drastica contrazione dei valori di mercato. Basta dare un’occhiata alla vicina Spagna per rendersi conto che quest’eventualità non porterà affatto ad un più facile accesso alla prima casa dei soggetti economicamente più deboli, ma che piuttosto sarà causa di una drastica diminuzione del valore del risparmio delle famiglie, spesso e volentieri investito nel mattone, per non parlare della crisi dell’intero sistema creditizio nazionale, ugualmente sovraesposto sul mercato immobiliare. Insomma, par di capire che gli irsuti punkkabbestia anarcoidi delle frange più estreme dei centri sociali sono ingenui ottimisti se pensano di poter danneggiare il sistema economico più di quanto non abbiano già fatto i solerti funzionari delle pubbliche amministrazioni assentendo inutili operazioni urbanistiche in nome di un fantomatico sviluppo di cui, a tutt’oggi, praticamente non v’è traccia.
Che fare? Innanzitutto sollecitare la pubblicazione di dati ufficiali più precisi sul tema, anche sulla scorta dei rilevamenti effettuate durante l’ultimo censimento; poi mettere una croce sopra gran parte degli interventi che tendono a disperdere piuttosto che a concentrare le risorse cittadine: nuovi centri commerciali o nuovi quartieri residenziali. Infine, quando è possibile, privilegiare il potenziamento piuttosto che la sostituzione delle infrastrutture, tanto in termini di assi di attraversamento quanto in quelli di polarità urbane. Considerazioni in fondo già largamente condivise e fatte proprie tanto dalla Descrizione Fondativa del PUC – e purtroppo messe in sottordine nelle sue parti attuative – quanto da gran parte dell’opinione pubblica. In caso contrario, il volume dello sfitto della nostra città potrebbe trasformarsi nella fatidica “pietra al collo” destinata a trascinare a fondo le speranze di un rilancio cittadino.
(Alessandro Ravera)

4 commenti:

  1. per migliorare la situazione facciamo subito partire il progetto pacinotti (fiumara 2) città di scemi

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  2. l'occupazione delle case non e' un tentativo di danneggiare il sistema economico ma una soluzione concreta ai singoli bisogni delle persone: ho bisogno di una casa ma non ho la possibilita' di mantenerla, le case sfitte sono migliaia, occupo una casa per risolvere la mia necessita' primaria di avere un tetto sulla testa. l'occultamento dei dati sulle abitazioni sfitte risponde invece alle necessita' del mercato immobiliare di aumentare o mantenere il costo dell'abitare svincolandolo pero' dalle leggi del mercato di domanda/offerta perche' in una citta' come genova dove le case vuote sono di piu' delle persone che ne hanno bisogno i costi dell'affitto o del metro quadro diminuirebberro invece di aumentare. Garantire il diritto alla casa cambia di molto la prospettiva delle persone: il ricatto rappresentato dal mutuo o dall'affitto gioca un ruolo predominante nell'accettare quei compromessi o sudditanze sul lavoro che con la benedizione di sindacati e aziende stanno portando allo smantellamento di ogni parvenza di diritto. Cominciare quindi a riappropriarsi della casa come di altri diritti primari significa innestare un circolo virtuoso che non puo' che avere conseguenze positive per tutti.

    i centri sociali ed altre forze politiche sane lo stanno facendo, giornalisti, politici istituzionali e blogger della domenica invece si masturbano con cifre e proiezioni rischiando di incorrere con qualche incauto commento nella giusta reazione di anarcoidi, comunisti e cittadini stufi.

    ema

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. @ema
      Forse eri ai presidi nella Val Polcevera per impedire ai funzionari del COCIV di effettuare gli espropri (io ero in Lungotorrente Verde), oppure c’eri anche tu stasera davanti alla casa occupata in Vico Untoria alla presentazione dell’opuscolo “I ricchi a Begato”, nonostante i 58 minuti di ritardo con cui è iniziata (me ne sono dovuto andare alla fine di "Iolandia")… insomma, spero proprio che quando parli di “giusta reazione” intendi una pacata riflessione sulla situazione urbanistica cittadina (tranquillo, non ti annoierò con troppe cifre masturbatorie) perché con ogni probabilità le nostre strade si incrociano più spesso di quanto non sembri.
      Alessandro Ravera
      PS Molte delle tue illustrazioni sono davvero belle, soprattutto quelle "genovesi"

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