martedì 24 gennaio 2012

OLI 328: PRIMARIE - Marta Vincenzi, la donna cannone e il teatro della politica

Ricorda Lenny Bruce, o il Truman Capote del film “A sangue freddo”.
E’ sul palco - solo uno spot bianco ad illuminare la figura – per un reading di un’ora e mezza su come ha guidato il Comune negli ultimi cinque anni.
La pièce è anticipata da un video - davvero modesto rispetto a lei - dedicato ad un auspicato senso civico ed etico dei genovesi, uno spottone elettorale che ha come refrain “qui a Genova, noi facciamo così”, citando Pericle.
Teatro Modena, mercoledì 18 gennaio ore 17.00: per Marta Vincenzi platea al completo, insieme ad una parte di palchi.
Nell’attesa dell’attrice, dagli altoparlanti, un rassicurante Lucio Battisti garantisce un tuffo nel passato preceduto da “La donna cannone” di De Gregori che - si è autorizzati a pensare - sarà stata messa in scaletta da un antagonista politico.
Marta Vincenzi leggerà per un’ora e oltre quella che appare più una memoria difensiva che un progetto amministrativo per il futuro. Leggerà per smontare, una ad una, le prove di accusa di un’area di partito che non ha esitato a metterla sul banco degli imputati.
Di fatto, la Prof. propone un ripasso che spazia dalla cultura ai sacrifici dei dipendenti comunali, per toccare le risorse dell’ente falcidiate da “cinque manovre in quattro anni, tutte durissime”. Ne emerge una giunta che ha dovuto opporre “una resistenza strenua per obbiettivi minimi continuamente messi in discussione”, un gruppo che “le ha prese tutte in faccia” con risorse, conti alla mano, passate dai duecento milioni del 2007, ai poco più di quaranta del 2012 “che possono diventare ottantatre o ottantacinque solo con l’incremento della tassazione”.
Traguardare il futuro era ed è il desiderio della Sindaco e farlo riappropriandosi di un’utopia urbanistica concretamente realizzabile. Da qui il nuovo Puc secondo Marta.
Consapevole che Genova è la città meno accessibile d’Italia, la Sindaco ricorda il nodo ferroviario già iniziato, un nuovo passante autostradale (senza chiamarlo Gronda) le infrastrutture cittadine, la strada di Scarpino “che è finita”, e tutto quello che è a progetto.
Marta accenna ai quattro milioni di visitatori e spettatori tra musei, acquario e Ducale, teatri e Porto Antico nel 2011, e il fatto che oggi “il Carlo Felice c’è” anche grazie allo sforzo e ai sacrifici dei lavoratori del teatro.
In costruzione, ancora, quattro asili nido e aumentati di seicento i posti disponibili.
Ridotti debito e costi dell’amministrazione di quello che nel 2007 “era uno dei comuni più indebitati d’Italia”.
Il teatro di Marta vede in scena una tigre disposta, per difendere il cucciolo della sua politica, a tirar fuori artigli e denti. E’ la parte migliore di lei. Quella in cui si vorrebbe credere, nonostante la stanchezza di chi in platea sonnecchia un po’, nonostante gli anni passati senza comunicare nulla al cittadino, nulla che non attenesse a Notte Bianca.
Certamente Marta è migliore di molti del suo partito. Più sincera e ostinata. Se non altro nel ricostruire una storia che, trasmessa nel tempo, avrebbero dato un senso al suo essere la Sindaco.
Ma il teatro di Marta è fedele ai tempi della politica.
Finita la campagna elettorale, purtroppo, abbandona il cartellone.
Peccato. Per cinque anni si recita a soggetto.
(Giovanna Profumo - foto dell'autrice)

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