martedì 20 settembre 2011

OLI 312: SOCIETA' - Copenhagen, dove gli altri ti sorridono

Rendersene conto è stato un brutto colpo: camminiamo a testa bassa. Guardiamo dove mettiamo i piedi, attenti a non inciampare nella pavimentazione dissestata o a non pestare cacche di cane e altre spiacevolezze. Camminiamo circondati dal nostro quotidiano, che conosciamo tanto bene da non doverlo più guardare. Decifriamo il mondo intorno a noi per indizi, in base ai rumori, a uno sguardo talmente laterale da diventare inesistente. A volte capita di alzare la testa e incontrare per caso lo sguardo di un altro. Quasi sempre uno sguardo vuoto, immemore, ignaro. A volte uno sguardo che intercetta il nostro con ostilità, quasi come guardarsi negli occhi esprimesse una minaccia nascosta. A volte uno sguardo che si distoglie in fretta, con imbarazzo e fastidio.
In vacanza, invece, visitando una delle capitali europee, guardarsi intorno con curiosità è normale. Ogni angolo può svelare una nuova prospettiva e poi si fa attenzione ai nomi delle strade per orientarsi, si guardano le vetrine, ci si ferma a bere qualcosa al tavolino di un locale e si osservano i passanti, si passeggia in un parco o lungo l’acqua, si viaggia sui mezzi pubblici e si deve scendere alla fermata giusta, si fa la coda per entrare nei musei o nei castelli. E, così facendo, si incontrano altri sguardi. A Copenhagen, quando questo succede, gli occhi dell’altro si illuminano di un sorriso. Le prime volte è sconcertante, ma ci si abitua in fretta e si ricambia. Ci si sorride. Un istante, ma c’è stato un incontro, un riconoscimento. E’ come se un peso cadesse dal respiro, un secondo gratuito di felicità.
(continua)
(Paola Repetto)

1 commento:

  1. Sono stata a Copenhagen 14 anni fa, e non ricordo di aver visto persone che mi sorridessero per strada, solo l'amico tedesco del mio amico, tedesco anche lui, che ci ospitava a casa sua per gli ultimi due giorni di vacanza (arrivavamo da Odense, un bellissimo viaggio in moto lungo un paesaggio sempre uguale, ma bello e tranquillo).
    E' vero, nella nostra città è quasi impossibile guardarsi intorno quando si cammina, ci vorrebbe più civiltà, più educazione, perché la pulizia dei netturbini non basta, se subito dopo qualche cafone butta per terra la solita cicca, o altro, e un cane fa i suoi bisogni senza che il padrone si preoccupi di pulire. Genova potrebbe essere tanto più bella, se i genovesi la amassero e la conoscessero di più.

    Paola

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