martedì 22 marzo 2011

OLI 294: DDL Testamento biologico: il rischio di una brutta fine

Wilma aveva ottantatre anni. Aveva insegnato latino e greco tutta la vita. Fino a quando l’Alzheimer non le aveva invaso il cervello, andava in chiesa tutte le domeniche e pregava tutte le sere. Per Natale la costruzione del presepe le occupava un’intera giornata. Era capace di creare montagne altissime, posizionar fondali, distribuire muschio, abilissima a nascondere i fili delle luci.
Wilma cucinava e sapeva spiegare l’Iliade e l’Odissea verso dopo verso. Tre viaggi nella sua vita: Grecia, Roma e Parigi. Poi le vacanze in montagna. Sempre lo stesso periodo. Sempre lo stesso posto. E’ morta in una casa di riposo dopo due giorni di agonia. Il suo volto pareva affogare e riemergere dal mare di una morte cinica ed esitante nel prendersela. Solo l’intervento dell’infermiere di turno, allontanati i congiunti dalla stanza, l’ha aiutata nel trapasso. “Ma le ha dato qualcosa?”, ha chiesto una parente, vedendo il volto che improvvisamente non affogava più. “No. Non ho fatto proprio nulla”, “Ma non vede? E’ morta”, ha insistito la donna. “No. Non è ancora morta. Ma ci siamo vicini. Ancora due minuti”, ha risposto l’infermiere tastandole frettolosamente il collo.
Arthur di anni ne aveva 87. Allettato da due, in casa. Presidi, brodini, panni. Aspettava la morte come un’ospite, allontanando parenti ed amici che andavano in visita. Una vita piena. Così colma di relazioni e interessi che era impossibile per lui accettarne la nuova versione. Arthur non aveva più parole o spunti. Deciso a non essere più, preferiva attendere senza essere disturbato.
Quando gli è stata diagnosticata una grave infezione i medici hanno avvisato i parenti: “Non c’è nulla da fare. Potete portarlo in ospedale, vivrà due settimane con dolore. Potete lasciarlo qui, in casa, morirà prima. Ma morirà meglio.”
Se n’è andato, la sofferenza alleviata dalla morfina. Gli occhi chiusi. Lontana da lui l’agonia di Wilma.
Nel mondo in cui avevano vissuto Wilma e Arthur la morte era tabù, una faccenda privata, relativa al fato e alla volontà di dio. La commentavano con frasi spezzate davanti alla lenta agonia di un amico e di un parente.
Entrambi volevano che, venuto il loro momento, qualcuno se ne occupasse nel migliore di modi. In famiglia. Tra amici. Con discrezione.
Wilma e Arthur non immaginavano di poter diventare liberi, per legge, oltre che della loro vita, anche della loro morte.
In Italia, motivo di preoccupazione è che sulla scelta del singolo di morire dignitosamente qualcuno in parlamento metta le mani, in nome di un dio che è davvero una questione privata.
La raccolta firme promossa dalla Fp-Cgil e Fp-Cgil Medici contro il ddl all’esame alla Camera dei Deputati è una buona notizia per chi si vuole bene e non ha nessuna intenzione di fare una brutta fine.
(Giovanna Profumo)

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